Gabriello Chiabrera: differenze tra le versioni

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*Dal solo Chiabrera fu l'Italia regalata di tre nuove corone poetiche ; mercechè veramente nelle sue mani nacque e grandeggiò prima la canzone pindarica, poi la canzone anacreontica e infine il sermone oraziano ; né mal s' apporrebbe colui che attribuisse al Chiabrera eziandio la rinnovazione del Ditirambo. ([[Terenzio Mamiani]])
*{{NDR|Dal cinquecento al secolo XVII}} [...] Fiorirono in tale intervallo tre ingegni eminenti che forse mantennero alla lirica nostra una spiccata maggioranza su quella d'altre nazioni. Ognuno, io penso, à nominato ad una con me il Chiabrera, il [[Vincenzo da Filicaja|Filicaja]] ed il [[Alessandro Guidi|Guidi]]. ([[Terenzio Mamiani]])
*Fu ardito caldo veemente urtantesi nelle cose, ardito nelle voci [...] nelle locuzioni nelle costruzioni, nel trarre dal greco e latino le forme così dei sentimenti [...] come delle parole. ([[DomenicoGiacomo PetriniLeopardi]])
*In lui tutto il gusto dell'età sua: nelle canzoni, mitologia ''avant toute chose'': ma anche [[Bibbia]], come voleva [[Torquato Tasso|Tasso]] e come aveva fatto [[Fernando de Herrera|Herrera]] per Lepanto e come farà [[Vincenzo da Filicaja|Filicaia]] per [[Vienna]]; la vita contemporanea, levata al livello dell'antico ha un'esaltazione eroica in cui l'umano perde ogni original forma di vita e si difà nel mito. ([[Domenico Petrini]])
*Nonostante tutti i precetti pindarici confessati, volutamente e ingenuamente confessati nell<nowiki>'</nowiki>''Autobiografia'' e nel ''Vecchietti'', nel ''Geri'', nell<nowiki>'</nowiki>''Orzalesi'', nel ''Bamberini'', i suoi dialoghi dell'arte poetica, in Chiabrera il richiamo del mito è sempre momento dell'elogio: un trapasso di motivi per cui si esaltano, dicendole di eroi lontani, le virtù dell'eroe d'oggi.<br /> Un critico che di Chiabrera s'è occupato a lungo, Mannucci, ha creduto di poter trovare confessata la fondamentale falsità di questa lirica in talune parole dell<nowiki>'</nowiki>''Autobiografia'': «Di [[Pindaro]] si meravigliò, e prese ardimento di comporre alcune cose a sua somiglianza».<br/>Ma è che qui siamo proprio al centro di una poetica umanistica, per cui l'arte è soprattutto fatta di studio e di volontà: non sarebbe difficile riconoscere lo stesso spirito nella ''Deffence et illustration de la langue française'' di [[Joachim du Bellay|{{sic|Du}} Bellay]]: e facile addirittura richiamare [[Dante Alighieri|Dante]] con la sua distinzione, cui teneva ad oltranza, di coloro che verseggiano «casu» e coloro che scrivono «arte». ([[Domenico Petrini]])