Attilio Momigliano: differenze tra le versioni

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Inserisco una cirazione.
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*{{NDR|Riferendosi alla frase «Il coraggio, uno non se lo può dare»}} Questa confessione è un così fedele e compiuto ritratto di [[Alessandro Manzoni|Don Abbondio]], circoscrive così bene l'angustia invincibile del suo spirito, svela una tale penosa coscienza della sua natura e una tale rassegnazione a non saperla mai varcare, che in questo momento il nostro giudizio tace. (citato in Tommaso Giartosio, ''Perché non possiamo non dirci'', Feltrinelli, 2004, p. 182)
*[[Charles Augustin de Sainte-Beuve|Sainte-Beuve]] diceva che «le [[critico|critique]] n'est qu'un homme qui sait lire et qui apprend à lire aux autres<ref>Il critico è solo un uomo che sa leggere e che insegna a leggere agli altri.</ref>»; [[Francesco De Sanctis|De Sanctis]] pensava che le teorie astratte danno una falsa sicurezza e indeboliscono il gusto: anche perciò... preferisco parlare di esperienza critica piuttosto che di storia. Non ho lezioni da dare, ma ricordi da richiamare alla mia memoria, perché il lettore veda se in essi non trovi le tracce delle prove da lui tentate o superate per trarre dalle pagine mute dei capolavori le tracce della poesia che, come quella dei sogni, canta forte nel cuore e non fa rumore. (da ''Antologia della letteratura italiana'', Milano, Principato<ref>In De Marchi e Palanza, ''Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni'', Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 780.</ref>)
*[[Eugenio Montale|Montale]] scrive con un verso senz'aria, fitto di parole disseccate, che sfocia talvolta in una larga battuta desolata; cerca il senso della sua vita in paesaggi grami e disarmonici; e con la sua poesia rende l'immagine di un volto chiuso in un'impassibilità duramente volontaria.<ref>Citato in Maria Acrosso, ''La critica letteraria'', stampa 1970<sup>3</sup>, p. 742.</ref>
*Quanto ha di scenico e di fastoso l'[[Barocco|età della Controriforma]], è quanto rimane di quella sovranità [rinascimentale dell'uomo sull'universo]: una pompa a cui non risponde più lo slancio fiducioso dell'anima. Dietro quel fasto c'è un senso di vuoto e d'angoscia. Questa è la giustificazione storica della costante oscillazione della ''Liberata'' tra lo scenico e l'elegiaco. (da ''I motivi del poema del [[Torquato Tasso|Tasso]]'', pp. 95, 100, in ''Introduzione ai poeti'', Roma, 1946<ref>Citato in ''I classici italiani nella storia della critica'', opera diretta da [[Walter Binni]], vol. I, ''da [[Dante Alighieri|Dante]] a [[Giovan Battista Marino|Marino]]'', La Nuova Italia, Firenze, 1974, p. 594.</ref>)