Marco Tardelli: differenze tra le versioni

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==''Tutto o niente - La mia storia''==
*In Argentina, i [[Campionato mondiale di calcio 1978|Mondiali]] {{NDR|del 1978}} dovevano immortalare l'immagine di un popolo felice e ordinato e di un'organizzazione efficiente. Insomma, erano uno spot per la dittatura militare di Jorge Rafael Videla. Da calciatore ho girato il mondo in lungo e in largo, ma avevo poco tempo per comprenderlo davvero. Noi vivevamo in una bolla, in una gabbia dorata ben separata dalla realtà. Io, in quel periodo, pensavo solo al calcio, al Mondiale. Poi, un giorno, mentre andavo all'allenamento, ho incrociato lo sguardo di un uomo con un bambino sulle spalle, forse erano padre e figlio: la folla intorno a loro si sbracciava per salutarci, per avere un autografo. Loro, invece, erano fermi, composti. Non ho mai dimenticato la tristezza di quegli occhi. È stata quella l'unica volta che in Argentina ho percepito il dolore della gente. (cap. ''Urlare'', p. 10)
*Durante le vacanze scolastiche avevo iniziato a lavorare con i miei fratelli come cameriere nei ristoranti degli alberghi. Ero un disastro, anche se m'impegnavo. [...] I miei primi Mondiali li ho visti a spizzichi e bocconi dal televisiore nel retro dell'hotel Duomo. Avevo 16 anni ed era il 1970. La partita [[Partita del secolo|Italia-Germania]] l'ho guardata lì. Tra un'ordinazione e l'altra correvo a vederla. Per essere onesto, quella notte del 17 giungogiugno ho fatto di tutto per lavorare il meno possibile: ero ipnotizzato davanti allo schermo. [...] Che emozione i supplementari! [...] Più che una partita, sembrava di guardare un film. Un susseguirsi di emozioni ingestibile tra un'ordinazione e l'altra! [...] Dopo quell'Italia-Germania 4 a 3, ho avuto la certezza matematica che a me proprio non piaceva fare il cameriere. Volevo giocare a calcio, sentivo che la mia vita doveva essere altrove. (cap. ''Sognare'', pp. 31-32)
*Nell'estate del 1976 ci furono dei cambiamenti importanti {{NDR|alla Juventus}}. [...] Durante il ritiro a Villar Perosa dovevo discutere il mio contratto con il presidente [[Giampiero Boniperti|Boniperti]]. Non erano trattative, ma incontri di boxe senza esclusione di colpi. E capitava di litigare. Non facevo in tempo a sedermi sulla scrivania che lui mi porgeva il contratto in bianco, privo di cifre, dicendomi: «Firma il contratto, poi metto io la cifra. Non ti preoccupare». [...] Quell'estate, quando mi avvicinai alla scrivania del presidente, vidi una grande cornice ma, lì per lì, non feci caso alla fotografia che conteneva; solo una volta seduto notai che Boniperti non teneva in bella mostra una foto qualsiasi. Era raffigurata la squadra del [[Associazione Calcistica Perugia Calcio|Perugia]], che, battendoci {{NDR|nell'ultima partita del precedente campionato}}, aveva consegnato il titolo di campione d'Italia al [[Torino Football Club|Torino]]. Prima ancora che aprissi bocca, lui mi disse: «Cosa fai qua? Hai perso il campionato con questa squadra di sconosciuti. Non avrai mica il coraggio di chiedere un aumento?». Mi venne da ridere, il presidente le escogitava davvero tutte per risparmiare, e come sempre firmai in bianco. (cap. ''Imparare'', pp. 64-65)