Indro Montanelli: differenze tra le versioni
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{{int|''La Storia d'Italia di Indro Montanelli''| a cura di Mario Cervi, interviste di Alain Elkann, ''Cecchi Gori'', 1999}}
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*È difficile sapere che cosa fu [[Palmiro Togliatti|Togliatti]], perché Togliatti non ha lasciato memoriali, non ha lasciato diario, che cosa pensasse Togliatti non lo ha mai saputo nessuno, credo nemmeno la sua compagna [[Nilde Iotti]]. Si può dire che è stato un esecutore fedele degli ordini di [[Stalin]]. Lo è stato sempre, e per questo godeva la fiducia di Stalin. [...] {{NDR|"Era un grande diplomatico?"}} Era un diplomatico per sé, soprattutto, perché un uomo sopravvissuto a venticinque o trent'anni anni di Mosca, senza finire in galera, processato, o contro il muro, beh, questo è uno dei grandi personaggi. Sono pochi. {{NDR|"Non era uno statista, per esempio?"}} Non poteva essere uno statista perché i comunisti non hanno lo Stato nel sangue, i comunisti hanno il Partito. Stalin non è mai stato Capo dello Stato, e nemmeno capo del governo, era capo del Partito. Il potere nei regimi comunisti non sta né nello Stato né nel governo, sta nel Partito. (da ''Dalla proclamazione della Repubblica al Trattato di pace'')
*Questa [[Costituzione della Repubblica italiana|Costituzione]] porta male gli anni da quando aveva un giorno. (da ''Dall'assemblea costituente alla vigilia delle elezioni del 1948'')
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*Quando gli studenti di Pechino credettero di potergli {{NDR|al governo cinese}} prendere la mano scendendo in [[Protesta di piazza Tienanmen|Piazza Tienanmen]] i cinesi non esitarono a mitragliarli e, per quanto un massacro non possa che essere esecrato, io dico questo: i cinesi erano obbligati a farlo. Se non lo facevano la Cina si dissolveva, ritornava quella di [[Chiang Kai-shek]]: ritornava quella dei signori della guerra, cioè il Paese si disfaceva. Il Paese che bene o male [[Mao Tse-tung]] aveva unificato e a cui aveva dato un'anima di Nazione si sarebbe disfatto. (da ''Giovanni Paolo II e la fine dell'URSS'')
*Per istinto, e per come avevo visto e conosciuto [[Licio Gelli|Gelli]], io sono convinto che {{NDR|[[P2|la Loggia P2]]}} era una cricca di affaristi e basta {{NDR|e non un pericoloso centro politico e criminale}}. Era una cricca di affaristi condotta da un uomo che, evidentemente, come intrallazzatore doveva essere geniale. Era un pataccaro, indiscutibilmente era un pataccaro, ma che a tutto pensava fuorché a un ''golpe''. Non ci pensava nemmeno. Lui procurava affari e soprattutto fomentava carriere. Lui aveva capito qual è la struttura del potere in Italia, sempre, non soltanto allora, sempre: è una struttura mafiosa. Bisogna far parte di una cricca, di una conventicola in cui ognuno aiuta l'altro, e questo era la P2. [...] Che interesse poteva avere Gelli a rovesciare un sistema che gli consentiva di influire sino a quel punto? Quale interesse poteva avere? E poi, Gelli era un farabolano ma non doveva essere del tutto sprovveduto: doveva sapere che l'Italia non è terra da ''golpe''. [...] Non ho mai creduto al golpismo di Gelli. (da ''Il caso Sindona e la P2'')
*Il caso [[Mario Chiesa|Chiesa]] era un caso modestissimo. Fece da detonatore perché il momento era maturo per arrivare a ''Tangentopoli'', che era dovuto a una cosa molto più complessa, che era questa: che ci fosse la corruzione in Italia si è sempre saputo, la classe dominante promanava questo puzzo di fogna che tutti sentivano, il famoso "turarsi il naso". Soltanto che fin quando l'alternativa di questa classe politica allora al potere era un Partito Comunista, che era un fac-simile di quello sovietico
* Che {{NDR|la [[corruzione]]}} sia inestirpabile, di questo sono sicuro perché dura da 2000 anni. La corruzione non è soltanto nella politica: è nella società italiana! Noi italiani abbiamo sempre corrotto tutti! Tutti coloro che sono venuti in Italia a fare i padroni li abbiamo corrotti [...] Noi dobbiamo metterci in testa che la lotta alla
*[[Berlusconi]] ha un sacco di qualità. C'è da dire, ha una grande immaginazione, una grande fantasia; ha un coraggio leonino nel buttarsi nelle imprese; sa trascinare molto bene; è un comunicatore eccezionale, sa accendere i suoi seguaci di entusiasmi eccetera eccetera, mi ricordo che una volta gli dissi: "Io sono sicuro che se tu ti mettessi a fabbricare dei vasi da notte, faresti venire la voglia di fare pipì a tutta l'Italia." (da ''Verso il bipolarismo'')
*{{NDR|Berlusconi}} è un uomo d'attacco: se avesse fatto la carriera militare lui non sarebbe diventato né un [[Gerd von Rundstedt|Rundstedt]] né un [[Erich von Manstein|Manstein]], che furono i grandi strateghi tedeschi dell'ultima guerra. Lui sarebbe diventato un [[Rommel]] o un [[Patton]]. Cioè dire: è un generale di slancio e di rottura che, appunto, sullo slancio può compiere qualsiasi cosa. Se lo metti poi a difendere le posizioni conquistate con lo slancio, eh no, lì non ci sta. [...] Non sarebbe uomo di Curia e non è un uomo di pazienza, non è un uomo da guerra di posizione e di logoramento
*{{NDR|Berlusconi}} arrivò a Palazzo Chigi credendo, e facendo credere, che uno Stato si poteva condurre con gli stessi criteri di un'azienda privata. Io su questo avevo avuto serie discussioni con lui – non litigi, non ho mai litigato con Berlusconi – gli avevo detto: "Guarda che lo Stato non è un'azienda privata". Lui credeva di potersi comportare a Palazzo Chigi, e con la macchina dello Stato, come si comportava con la sua organizzazione, dove la gente frullava e, se non frullava, lui la cacciava via, com'è giusto che faccia un imprenditore. Ma lui non poteva applicare questi metodi e sistemi allo Stato. Quando si trovò di fronte alla muraglia grigia, sorda e ottusa della burocrazia italiana, che è la peggiore, ma anche la più resistente del mondo, lui rimase senz'armi: non poteva licenziare neanche un usciere. Nel gioco parlamentare lui naufraga perché non è abituato a queste cose. La politica – non dico che sia solo un mestiere – ma è anche un mestiere. Questo mestiere lui non lo aveva. (da ''Verso il bipolarismo'')
*Che gli italiani siano capaci di emanare leggi di riforma, ci credo senz'altro. L'Italia è la più grande produttrice di regole, ognuna delle quali è una riforma, è la riforma di un'altra regola. Gli stessi esperti pare che abbiano perso il conteggio delle leggi, dei regolamenti che vigono in Italia: c'è qualcuno che parla di 200.000, altri di 250.000. Ora, quando si pensa che la [[Germania]] ha in tutto 5.000 leggi, la [[Francia]] pare 7.000, l'[[Inghilterra]] nessuna, quasi nessuna – ha dei principi, così stabiliti – a cosa ha portato tutta questa proliferazione? [...] Ognuna di queste leggi poi offre il modo di evaderle. Questa è la grande abilità dei legislatori italiani. [...] Riforme: hai voglia se ne faremo, continuiamo a farne, è la nostra vocazione, questa. Quanto poi all'attuazione, allora è un altro discorso: le leggi in Italia non vengono osservate, anche perché sono formulate in modo che si possano non osservare. Ed è questo che spiega l'abbondanza, la prodigalità delle nostre classi politiche, delle nostre classi dirigenti, nello sfornarne di continuo. (da ''Dal Governo Dini all'Ulivo'')
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