Attilio Momigliano: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Attilio Momigliano==
*[[Giosuè Carducci|Carducci]] è l'ultima tempra d'uomo che abbia avuto la nostra poesia, l'ultimo poeta che nel mondo non abbia veduto soltanto se stesso, ma anche il prossimo. È un uomo quadrato, più ricco di fantasia che [[Giovanni Pascoli|Pascoli]] e [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]] e più complesso di entrambi nel suo svolgimento poetico. (da ''Le tendenze della lirica italiana dal Carducci ad oggi'', in ''La Nuova Italia'', dicembre 1934; ristampato nel volume ''Introduzione ai poeti'', Roma, 1946, pp. 213-236.<ref>Citato in ''I classici italiani nella storia della critica'', opera diretta da [[Walter Binni]], vol. II, ''da [[Giambattista Vico|Vico]] a [[Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]]'', La Nuova Italia, Firenze, 1974, p. 591.</ref>)
*{{NDR|''Il Milione'' è}} il libro più grandioso del Duecento: leggendolo vi si sente l'uomo felice di aver vissuto una vita così straordinaria: un senso di potente fecondità, di incommensurabile ricchezza, di gigantesca attività sale da queste pagine; e [[Marco Polo]], il protagonista instancabile e imperterrito, sembra un personaggio degno d'esser messo vicino all'Ulisse dantesco. (da ''Storia della letteratura italiana''<ref name=Ant>citatoCitato in ''Antologia della critica'', p. 16, ''Letteratura Italiana'', Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1965.</ref>)
*L'unico vero e grande storico dei primi secoli della nostra letteratura è [[Dino Compagni]], contemporaneo di [[Dante Alighieri|Dante]] e simile a lui per forza della tempra morale ed artistica. (da ''Storia della letteratura italiana''<ref name=Ant/>)
*{{NDR|Riferendosi alla frase «Il coraggio, uno non se lo può dare»}} Questa confessione è un così fedele e compiuto ritratto di [[Alessandro Manzoni|Don Abbondio]], circoscrive così bene l'angustia invincibile del suo spirito, svela una tale penosa coscienza della sua natura e una tale rassegnazione a non saperla mai varcare, che in questo momento il nostro giudizio tace. (citato in Tommaso Giartosio, ''Perché non possiamo non dirci'', Feltrinelli, 2004, p. 182)
*[[Charles Augustin de Sainte-Beuve|Sainte-Beuve]] diceva che «le [[critico|critique]] n'est qu'un homme qui sait lire et qui apprend à lire aux autres<ref>Il critico è solo un uomo che sa leggere e che insegna a leggere agli altri.</ref>»; [[Francesco De Sanctis|De Sanctis]] pensava che le teorie astratte danno una falsa sicurezza e indeboliscono il gusto: anche perciò... preferisco parlare di esperienza critica piuttosto che di storia. Non ho lezioni da dare, ma ricordi da richiamare alla mia memoria, perché il lettore veda se in essi non trovi le tracce delle prove da lui tentate o superate per trarre dalle pagine mute dei capolavori le tracce della poesia che, come quella dei sogni, canta forte nel cuore e non fa rumore. (da ''Antologia della letteratura italiana'', Milano, Principato<ref>In De Marchi e Palanza, ''Protagonisti della civiltà letteraria nella critica, Antologia della critica Letteraria dalle Origini ai nostri giorni'', Casa Editrice Federico & Ardia, Napoli, 1974, p. 780.</ref>)
*Quanto ha di scenico e di fastoso l'[[Barocco|età della Controriforma]], è quanto rimane di quella sovranità [rinascimentale dell'uomo sull'universo]: una pompa a cui non risponde più lo slancio fiducioso dell'anima. Dietro quel fasto c'è un senso di vuoto e d'angoscia. Questa è la giustificazione storica della costante oscillazione della ''Liberata'' tra lo scenico e l'elegiaco. (da ''I motivi del poema del [[Torquato Tasso|Tasso]]'', pp. 95, 100, in ''Introduzione ai poeti'', Roma, 1946.<ref>Citato in ''I classici italiani nella storia della critica'', opera diretta da [[Walter Binni]], vol. I, ''da [[Dante Alighieri|Dante]] a [[Giovan Battista Marino|Marino]]'', La Nuova Italia, Firenze, 1974, p. 594.</ref>)
 
==Note==