Platone: differenze tra le versioni

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*Dopo di ciò, la mia vita e quella di Dionigi si svolgevano più o meno così: io lì a guardar fuori, come un uccello che aspetta solo di spiccare il volo, lui lì a tentarle tutte per tenermi tranquillo, senza però nulla voler restituire delle cose di Dione. Agli occhi di tutta la Sicilia, però, ci professavamo amici.
*Sarò di certo con voi se, provando bisogno di reciproca amicizia, cercherete di fare qualcosa di buono; ma finché siete a desiderare il male, chiamate in aiuto qualcun altro.
*Io, cittadino ateniese, amico di Dione, suo alleato, mi recai dal tiranno per cambiare in amicizia un rapporto di ostilità; combattei contro i calunniatori, ma ne fui sconfitto. Tuttavia, per quanto Dionigi con onori e ricchezze cercasse di tirarmi dalla sua parte per usarmi come prova a favore della legittimità dell'esilio di Dione, in questo fallì miseramente. (333d<ref>Traduzione italiana di Maria Grazia Ciani in ''Platone. Lettere'', Fondazione Lorenzo Valla 2002, p. 103.</ref>)
*Ho paura d'essere stato proprio io, inconsapevolmente e senza accorgermene, a porre i presupposti per la caduta della tirannide, quelle volte che mi incontrai con Dione, allora giovane, e gli dimostrai per via di ragionamento ciò che mi pareva essere il meglio per l'uomo, esortandolo a realizzarlo. (327a)
* {{NDR|[[Dione]] in merito alla morte di [[Dionisio I di Siracusa|Dionisio I]] e all'intronazioneintronizzazione di [[Dionisio II di Siracusa|Dionisio II]]}} Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone. (328a) <ref>Trad. italianaTraduzione in Bonacasa, Braccesi, De Miro, ''La Sicilia dei due Dionisî'', «L'erma» di Bretschneider, 2002, [https://books.google.it/books?id=YZVFgUgid0QC&pg=PA11 p. 11].</ref>)
*{{NDR|[[Dionisio I di Siracusa]]}} Dopo aver conquistato molte e grandi città della [[Sicilia]] messe a sacco dai barbari, non fu in grado, dopo averle colonizzate, di insediare in ciascuna di esse governi fidati di suoi compagni, né di altri [...] e risultò sette volte più inefficace di [[Dario II|Dario]], il quale, facendo affidamento non su fratelli o creature sue, ma solo su persone che avevano partecipato alla sottomissione del Medo eunuco, fece una divisione in sette parti, ciascuna più grande della Sicilia [...] con le leggi che promulgò, infatti, ha fatto sì che l'impero persiano si conservasse fino ad oggi. E inoltre anche gli Ateniesi colonizzarono essi stessi molte città greche che avevano subito l'invasione dei barbari, ma le conquistarono già abitate, e tuttavia mantennero l'impero per settant'anni, per essersi assicurati degli amici in ciascuna delle città. Dionisio invece, che aveva riunito in un solo stato tutta quanta la Sicilia, non fidandosi nella sua saggezza di nessuno, a stento riuscì a salvare se stesso. (331e-332c<ref>Traduzione in ''Platone. Tutte le opere'', con un saggio di Francesco Adorno, a cura di Enrico V. Maltese, 2013.</ref>)
*Io, cittadino ateniese, amico di Dione, suo alleato, mi recai dal tiranno per cambiare in amicizia un rapporto di ostilità; combattei contro i calunniatori, ma ne fui sconfitto. Tuttavia, per quanto Dionigi con onori e ricchezze cercasse di tirarmi dalla sua parte per usarmi come prova a favore della legittimità dell'esilio di Dione, in questo fallì miseramente. (333d<ref>Traduzione italiana di Maria Grazia Ciani in ''Platone. Lettere'', Fondazione Lorenzo Valla 2002, p. 103.</ref>)
* {{NDR|[[Dione]] in merito alla morte di [[Dionisio I di Siracusa|Dionisio I]] e all'intronazione di [[Dionisio II di Siracusa|Dionisio II]]}} Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone. (328a) <ref>Trad. italiana in Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 11.</ref>
 
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