Jean Baudrillard: differenze tra le versioni

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*Se abbiamo potuto prendere, come più bella allegoria della simulazione, la favola di [[Jorge Luis Borges|Borges]] in cui i cartografi dell'Impero disegnano una carta così dettagliata che finisce per coprire con la massima precisione il territorio [...] ebbene, per noi questa favola è sorpassata, ha ormai soltanto il fascino discreto dei simulacri del secondo ordine. [...] Il territorio non precede più la carta, né le sopravvive. Ormai è la carta che precede il territorio – {{maiuscoletto|precessione dei simulacri}} – che lo genera; e, se si dovesse riprendere la favola, oggi sono piuttosto i brandelli del territorio che imputridiscono lentamente sull'estensione della carta. Qui e là sono vestigia del reale che sussistono, e non della carta, nei deserti che non sono più quelli dell'Impero, ma il nostro. ''Il deserto del reale stesso''.<ref>Nel film ''[[Matrix]]'' (1999) è presente un riferimento a questo libro e in particolare a questa frase. {{cfr}} «Benvenuto nella tua desertica nuova realtà.»</ref> (''La processione dei simulacri'', pp. 45-46)
*Tutta la fede e la buona fede occidentale si sono impegnate in questa scommessa della rappresentazione: che un segno possa rimandare alla profondità del senso, che un segno possa ''scambiarsi'' con del senso, e che qualcosa funga da garanzia a questo scambio – [[Dio]], naturalmente. Ma se Dio stesso può essere simulato, e cioè ridursi ai segni che ne fanno fede? Allora tutto il sistema perde la sua legge di gravitazione, a sua volta non è più che un gigantesco [[simulacro]] – non irreale, ma simulacro, vale a dire che non si scambia più con il reale, ma si scambia in sé, in un circuito ininterrotto a cui non appartengono affatto né la «referenza» né la circonferenza. (''La processione dei simulacri'', p. 51)
*[[Disneyland]] è un modello perfetto di tutti gli ordini dei simulacri messi insieme alla rinfusa. È in primo luogo un gioco di illusioni e fantasmi [...]. (''La processione dei simulacri'', p. 59)
*[...] a [[Disneyland]], si traccia il disegno classico dell'America, persino nella morfologia degli individui e della folla. Qui tutti i valori sono esaltati attraverso la miniatura e il fumetto. Imbalsamati e pacificati. (''La processione dei simulacri'', p. 60)
*[[Disneyland]] è lì per nascondere che il paese «reale», tutta l'America «reale» non sono altro che Disneyland (un po' come le prigioni sono lì per nascondere che è il sociale intero, nella sua onnipresenza banale, a essere carcerario). Disneyland è posta come immaginario al fine di far credere che il resto è reale, mentre tutta [[Los Angeles]] e l'America che la circonda già non sono più reali, ma appartengono all'ordine dell'iperreale e della simulazione. (''La processione dei simulacri'', p. 60)
*L'immaginario di [[Disneyland]] non è né vero, né falso, è una macchina di dissuasione messa in scena per rigenerare in controcampo la finzione del reale. Da qui la debolezza di questo immaginario, la sua degenerazione infantile. Un mondo che si vuole infantile per far credere che gli adulti sono altrove, nel «reale» e per nascondere che la vera infantilità è dovunque, ed è quella degli adulti stessi che vengono qui a fare i bambini per illudersi sulla loro infantilità reale. (''La processione dei simulacri'', pp. 60-61)
*[...] [[Scandalo Watergate|Watergate]] è riuscito soprattutto a imporre l'idea che Watergate era uno scandalo – in questo senso, è stata un'operazione d'intossicazione prodigiosa. Una buona e nuova dose di morale politica iniettata su scala mondiale. (''La processione dei simulacri'', p. 61)