Sándor Petőfi: differenze tra le versioni

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*Non riesco a concepire, come mai possano esservi alcuni, anche tra gente non comune, che non sanno o non credono come la [[semplicità]] sia la prima regola e superiore a tutte le altre, giacché se in qualcuno manca la semplicità, gli manca tutto. (da ''Lettere di viaggio''<ref>Citato in in [[Paolo Ruzicska]], ''Storia della letteratura ungherese'', Nuova Accademia Editrice, Milano, 1963, cap L, p. 610.</ref>)
 
===Citato in ''Poemetti e poesie scelte''===
*''«Il dubbio è voce infernale | che grida al cielo: | – Non c'è un Dio lassù | che pensi al genere umano? – || E certamente | chi dice questo | merita che da lui | ritragga le mani il buon Dio. || Perché c'è un Padre del genere umano, | un fedele, provvido Padre, | e chiunque da Lui non si scosti | può bene vederlo. || Ma non siamo impazienti! | Egli ha tanti figliuoli. | Non pretendiamo che ponga | noi, dinanzi a tutti! || Questa è la legge: «Attendi il tuo turno» | e non aspetterai invano. | Come il sole attorno alla terra, così | gira la sua bontà. || Nessuno ne resta privo. | Se Egli non viene oggi, giunge domani | e finché l'uomo non è felice | non può morire. || E la felicità non giunge mai troppo tardi, | e questa è magica cosa; | se solo una goccia ve ne cadesse dentro | addolcirebbe un mare». || A lungo ancora parlò il giovane | e il vecchio ognor più attento, ascoltava. | Così la sua anima assorbì quei discorsi | come il piccolo succhia il latte materno. || E quando quello cessò di parlare | il vecchio chiese meravigliato: | «Dove imparasti tu queste cose? | Chi sei, giovanotto, qual è il tuo nome?». || Già il giovane si era annoiato | d'aver sfoggiata tanta gravità, | e allegramente, e biricchino | diede codesta risposta: || «Dove ho imparato tali cose? | Me le disse una nottola | quando, in una notte di tempesta, | dormii con essa nel cavo di un albero. || Chi sono? Un vagabondo | senza paese e senza casa; | un qualche uccello di passo | mi fu forse antenato. || Me ne vado in giro pel mondo; | oggi qua, domani là, | e mi levo il cappello | dinanzi a chi lo desidera. || Quanto più soffro il freddo e la fame | tanto più io godo | poiché migliore sarà il futuro | se più brutto è il presente. || E come mi chiamo? Confesso | che il mio nome l'ho quasi scordato, | ma so dirti che ora nel mondo | mi chiamano Stefano il folle».'' (da ''Stefano il folle'', pp. 145-146)
*''Non sono cattolico''<ref>Petőfi era protestante.</ref>'' | eppure ho fatto i miei [[digiuno|digiuni]], e grandi. | È bene che l'uomo abbia denti di ossa, | fu questo savio decreto degli dei, | poiché se i miei fossero stati di ferro | la ruggine li avrebbe corrosi.'' (da ''Un mio inverno a Debreczen'', pp. 172-173)
*''Io amo come l'uomo | forse non ha mai amato. | Io amo di un santo amore, | ma la mia cara non è fanciulla terrena. || Io amo una dea, | una proscritta dea: | la [[libertà]].'' (da ''Io amo'', p. 184)