Vincenzo Consolo: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Vincenzo Consolo==
*A [[Palermo]] la rossa, a Palermo la bambina. Rossa, Palermo, come immaginiamo fosse Tiro o Sidone, fosse Cartagine, com'era porpora dei Fenici; di terra rossa e grassa, con polle d'acqua, da cui alto e snello, pieghevole ai venti, s'erge il palmeto fresco d'ombra, eco e nostalgia di oasi, verde: moschea, tappeto di ristoro e di preghiera, immagine dell'eterno giardino del Corano. Bambina perché dormiente e ferma, compiaciuta della sua bellezza, perché da sempre dominata da stranieri, e dominata soprattutto dalla madre, la fatale madre mediterranea che blocca i figli in un'eterna adolescenza. S'adagia, rigogliosa e molle, su una felice conca... (Dada ''La Sicilia passeggiata'')
*{{NDR|Su [[Lucio Piccolo]]}} Così, nel poeta, convivono due anime, quella palermitana, spagnola, barocca, delle vecchie chiese, dei conventi, degli oratori, tutta scenografia interna che fa da sfondo alla sua infanzia-adolescenza; e quella messinese, greca, della campagna, della natura, scenografia esterna che fa da sfondo alla sua giovinezza-maturità , ma che egli riduce -è bene dirlo- sempre alla cifra barocca. (da ''Delle cose di Sicilia'', Palermo, Sellerio, 1986)<ref> Scritto disponibile in ''[http://vincenzoconsolo.it/?m=200203 Le 9 liriche del grande Piccolo Vincenzo Consolo]'', ''Vincenzo Consolo.it'', marzo 2002.</ref>)
*Credo che l’emigrazionel'emigrazione sia veramente il cammino delle civiltà. Tutte le grandi civiltà si sono infatti formate attraverso le emigrazioni, a partire da quella greca.<ref name=meridia>Da un'intervista per il ''Corriere di Como'', 19 novembre 1997; riportata in ''[http://vincenzoconsolo.it/?p=1070 La Sicilia comasca di Consolo nei “Meridiani”"Meridiani"]'', ''Vincenzo Consolo.it''.</ref>
*Ed è [[Palermo]], la fastosa e miserabile Palermo, con i suoi palazzi nobiliari che imitano le regge dei Borboni tra i «cortili» di tracoma e tisi, con le ville-alberghi in stile moresco-liberty di imprenditori come i Florio che s'alzavano sopra i tetti dei tuguri; la Palermo delle strade brulicanti d'umanità come quelle di Nuova Delhi o del Cairo e dei sotterranei dei conventi affollati di morti imbalsamati, bloccati in gesti e ghigni come al passaggio di quello scheletro a cavallo e armato di falce che si vede nell'affresco chiamato ''Trionfo della morte'' del museo Abatellis. (Dalladalla prefazione di Vincenzo Consolo a Carlo Levi, ''Le parole sono pietre'', Giulio Einaudi editore, Torino, 2010, p. XI)
*Questa cultura della difesa dei [[cane|cani]] ad oltranza porta ad adorarli in un modo decisamente meno sano che nella cultura contadina. (Intervistada un'intervista su ''la Repubblica'', 17 marzo 2009)
*Qui a Milano le stesse persone che camminano per la città portando i cani in braccio poi non si trattengono dall'insultare gli [[Immigrazione|extracomunitari]]. (Intervistada un'intervista su ''la Repubblica'', 17 marzo 2009)
*Fra tutte le [[Lombardi di Sicilia|colonie lombarde]], quella che ha più mantenuto costumi e lingua è stata [[San Fratello]], San Filadelfio in origine, costruita sul cocuzzolo di una montagna di 700 metri, vicina all'antica città siculo-greca Apollonia e quindi bizantina Demena (da cui prese il nome il Valdemone). (Vincenzo Consolo,da ''Quei siciliani lombardi investiti dalla frana'', ''la Repubblica'', 25 febbraio 2010, edizione Palermo [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/25/quei-siciliani-lombardi-investiti-dalla-frana.html| p. 1.])
*Costruito, [[San Fratello]], nell'Alto Medio Evo, dalle truppe mercenarie raccolte nella [[Padania|Valle Padana]] (ma questo non bisogna farlo sapere a [[Umberto Bossi|Bossi]]) da [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero il Normanno]] per la riconquista. Queste truppe di mercenari si erano stabilite in Sicilia formando le cosiddette [[Lombardi di Sicilia|colonie lombarde]] ([[Nicosia (Italia)|Nicosia]], [[Aidone]], [[Piazza Armerina]], [[Francavilla di Sicilia|Francavilla]], [[Novara di Sicilia]] e San Fratello, appunto). Colonie chiuse che hanno conservato le loro tradizioni [[Lombardia|lombarde]], i loro costumi e, soprattutto, la loro lingua, il gallo italico o mediolatino. San Fratello è stata la più tipica e la più chiusa di queste colonie. Paese di pastori, di carbonai e di contadini, che aveva la sua ragione di vita nel ricco bosco adiacente al paese, il bosco della Miraglia, che fa parte del Parco dei Nebrodi, ricco di faggi, cerri, querce. La fine del mondo contadino degli anni Cinquanta, Sessanta, ha fatto crollare l'economia di San Fratello e costretto molti dei suoi abitanti ad emigrare. Emigrare dove? In Lombardia naturalmente, come in una sorta di richiamo ancestrale. C'è stata una trafila migratoria in Val Ceresio, nei paesi soprattutto di Saltrio e Viggiù. (Vincenzo Consolo,da ''La metafora di San Fratello'', ''Il Manifesto'', 17 febbraio 2010, Il Manifesto).
*Il problema della lingua è stato agitato da parecchi scrittori della nostra letteratura: Leopardi, ad esempio, guarda oltralpe, afferma che il francese tende all'unità, è una lingua che si è geometrizzata a partire dall'epoca di Luigi XIV, mentre in Italia esistono un'infinità di lingue. La Francia ha "perso l’infinitol'infinito" che aveva in origine, mentre l'Italia lo ha mantenuto, ha mantenuto cioè la possibilità di alimentare la propria lingua attraverso l'apporto delle parlate popolari, dei dialetti. <ref> ''[http://vincenzoconsolo.it/?pname=1070 La Sicilia comasca di Consolo nei “Meridiani”]'', ''Vincenzo Consolo.it''.<meridia/ref>
*Io non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in [[Sicilia]], di volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo della costa, inoltrarmi all'interno, sostare in città e paesi, in villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta d'addio, un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca. (da ''Le pietre di Pantalica'', p. 179)
*[[Carlo Levi#Le parole sono pietro|''Le parole sono pietre'']] — mai titolo di libro fu più felicemente duro e capace di colpire — è il frutto di un viaggio in Sicilia in tre tempi: nel 1951, nel 1952 e nel 1955, anno, questo stesso, in cui fu pubblicato per la prima volta. [...] Ultimo, allora, di una lunghissima e illustrissima schiera di viaggiatori in Sicilia, viaggiatori che spesso, in questa terra antica e composita, enormemente stratificata, sono stati ingannati o fuorviati da superfici arditamente colorate o da monumentalità incombenti, fino a giungere qualche volta allo smarrimento (come successe a quel povero inglese di nome Newman, divenuto poi cardinale, che dalla Sicilia scappò confuso e febbricitante), ultimo, dicevo, Levi, non ha distrazioni e incertezze. (dalla prefazione a ''Le parole sono pietre'', Giulio Einaudi editore, Torino, 2010, pp. VI-VII)