Giovanni Battista Niccolini: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m +wikilink
sistemo
Riga 28:
==''Ricordi della vita e delle opera di G.B. Niccolini''==
===Citazioni===
* Il nostro è secolo di transizione e, quel che è peggio, di transazione. Addio coscienza.<ref group="fonte">Citato in [[Giuseppe Fumagalli]], ''[[s:Indice:Chi l'ha detto.djvu|Chi l'ha detto?]]'', Hoepli, 1921, p. 534-535</ref> (I, p. 382)
 
* ''A G. C. [[Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi|Sismodo de' Sismondi]] | Solenne storico ed economista | Per le opere sue benemerito | Più che scriver si possa | Dell'Italia della Francia | E del genere umano.''<ref>Questa epigrafe venne scritta da Giovanni Battista Niccolini su una medaglia coniata per [[Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi]].</ref> (I, p. 382)
 
* Nel nostro secolo i preti vogliono esser filosofi, e i filosofi esser preti: malafede da tutte le parti, confusione d'idee e di termini, ruine della religione e della filosofia. (I, p. 383)
 
* Nel secolo scorso i preti fecero i filosofi, e i filosofi ora hanno rifatto i preti. Povero genere umano!» (I, p. 383)
 
* La [[teologia]] è una figlia della filosofia che cerca di uccidere la madre. (I, p. 383)
 
* Il vecchio vive nel passato, il giovane nell'avvenire, e veruno nel presente, perché mentre si parla non è: quindi siamo tutti adoratori di cadaveri o di fantasmi. (I, p. 383)
 
* Il C… è un eco arrogante e infedele che crede di parlare. (I, p. 383)
 
* Il popolo non brama che voi discendiate sino a lui: egli vuole salire sino a voi. Le vostre opere popolari, non lette da quelli per cui le destinate, non rivelano che la vostra superbia, e non si leggono che dagli sciocchi pari vostri: il popolo non vuole la vostra limosina, o aristocratacci con maschera di plebeo. Di quel Tasso che voi chiamate poeta da gabinetto il popolo canta Erminia ec. (I, p. 383)
 
* [[Iddio]] discende in tutti qualche volta, ma non abita che in pochi o nessuno. (I, p. 383)
 
* L'[[arte]] ritrova quello che la natura guastata ha perduto. (I, p. 384)
 
* Credere che il [[passato]] possa ritornare è una necessità della mente umana, la quale, non istando mai nel presente e ignorando l'avvenire, ne cerca uno che somigli al passato. (I, p. 384)
 
* Il [[Bontà e cattiveria|malvagio]] pensa sempre a sé, il [[Bontà e cattiveria|buono]] qualche volta agli altri: il più buono è l'[[innamorato]]. (I, p. 384)
 
* La [[parola]] è la luce dell'umanità, e la [[luce]] è la parola della natura: ''Nel ciel manda la luce, e la parola | Sul labbro dei mortali.'' (I, p. 384)
 
* I principi s'adulavano con una dedica; i popoli si adulano e si corrompono con tutti i libri. Il peccato del nostro secolo è la [[vanità]], e questa fra tutte le schiave è la più vile. — Non siamo mai [[bontà e cattiveria|né buoni né cattivi]] quanto le nostre opinioni. (I, p. 384)
 
* Le assemblee popolari hanno di rado torto in principio, e ragione in fine. (I, p. 384)
 
* Il [[sorriso]] delle persone veramente infelici reca grandissimo dolore: pare che sorridano per gli altri. (I, p. 384)
 
* ''… Pel dolor soltanto | Non ci facesti, o Dio! Sarebbe indarno | Ogni nostra speranza.'' L'incompatibile che esiste fra noi e il nostro mondo terrestre rimane un enimma se dobbiamo rivivere, ma sarebbe una bestemmia nel caso che noi dovessimo perire. (I, p. 385)
 
* Avviene nel cangiar dei costumi come nel moto della terra, la quale si muove senza che niuno se ne accorga. (I, p. 385)
 
* Quando la spada si identifica collo Stato, e questo è nel re, si fa dell'uomo un Dio, e di Dio un tiranno. (I, p. 385)
 
* Uno si smarrisce [[Pensare|pensando]] troppo, come pensando poco. (I, p. 385)
 
* Pensare a Dio è amarlo: quindi i [[filosofi]] hanno amato e amano Dio più d'ogni altro. (I, p. 385)
 
* Le [[cose umane]] non sono mai semplici, ma complicate, e si complicano ogni giorno per l'uomo e per le nazioni. Sono come un sasso che precipiti dalla sommità di un monte, che rotolando si riveste di tutto quello che trova nella sua via. (I, p. 385)
 
* La semplicità nelle lingue sarà difficile ad ottenere, perché in noi tutti non è più semplice né la mente né il cuore. (I, p. 385 sg.)
 
* Le [[rivoluzioni]] sono una viva luce nella notte procellosa in cui la storia si compisce. Elleno dimostrano lo stato vero d'un popolo in politica e in morale, sono un giudizio del passato, una lezione per l'avvenire; il più grande studio che l'umanità possa fare per conoscer se stessa. (I, p. 386)
 
* Nel mattin della vita, le [[gioie]] che devon placare la nostra sete ardente brillano per noi nelle nubi dell'avvenire, e quando noi lo tocchiamo, convinti d'essere stati ingannati gli voltiamo le spalle, e gli occhi rivolano al bel giardino della giovinezza ove s'apre la felicità, e noi cerchiamo dietro a noi, in mancanza della speranza, le memorie della speranza. Cosi le gioie rassomigliano all'arcobaleno, che nell'aurora apparisce all'occidente, e verso sera a levante. (I, p. 386)
 
* Domandando l'[[impossibile]] si ottiene il meglio.<ref group="fonte">Citato in ''Harbottle'', p. 330</ref> (I, p. 386)
 
* Tutto ciò che nel [[bene]] medesimo vi ha d'eccessivo si paga, perché le leggi eterne vogliono che nel mondo morale, non altrimenti che nel fisico, vi'sia uno sviluppo regolare e lento. (I, p. 386)
 
* L'evidenza è il carattere del vero, e la nostra [[ragione]] sola può esser capace di riceverlo, e giudica l'evidenza: la ragione è il giudice supremo del vero, e del falso; e non è la ragione individuale, ma la ragione universale, impersonale, assoluta. (I, p. 386 sg.)
 
* Appartiene alla barbarie il mostrare per la [[Razza ariana|conservazione dell'individualità nazionale]] una forza di resistenza inerte: allora i popoli rimangono come posti gli uni accanto agli altri, ma non si mescolano. (I, p. 387)
 
* Il [[bello]] nell'arte, nel pensiero, nell'azione, non deriva da un'armonia perfetta; l'umana natura noi comporta; ma nasce dalla guerra fra il bene e il male, nella quale il vero qualche volta vinto finisce col trionfare. (I, p. 387)
 
* Le idee che governano la Francia, l'Italia e l'Europa, sono quelle della rivoluzione francese, che la Francia non ha create, ma proclamate e difese colla sua spada, e scritte nei suoi codici. Ogni progresso secolare è un trionfo della ragione naturale. (I, p. 387)
 
* La forza della [[monarchia]] è nella ragione pubblica, la quale riconosce la necessità d'un potere permanente ed inviolabile per mantenere l'ordine e la libertà. (I, p. 387)
 
* La dottrina dell'identità delle idee a traverso del tempo e dello spazio è vera, ed è il fondamento della filosofia contemporanea in Francia come in Germania. Ma a qual condizione ella può applicarsi in una maniera legittima ed efficace? A condizione di non riconoscere che il genio dell'umanità come causa creatrice delle religioni. Per la filosofia gli sviluppi soli costituiscono, e si conosce l'identità dei pensieri e degli affetti umani sotto la varietà del costume e della forma. Così egli avrà pel Cristianesimo una venerazione di riflesso, perché vi ritroverà in una possente misura una saviezza conosciuta. Ma è pericoloso ad un credente il fondare, spiegare e difendere la religione colla dottrina dell' identità, e conciliando tutte le opinioni, si cancella l'individualità del Cristianesimo, e si crede molto meno alla necessità della rivelazione. Che cosa diviene in questo sistema la divina origine della parola di Cristo? ll [[Cristianesimo]] non è che una specie di ricapitolazione, un eclettismo venuto a tempo. (I, p. 387 sg.)
 
* La debolezza dei [[Governi]] è fatale quanto la loro forza, e il loro spavento quanto il loro furore. (I, p. 388)
 
* La sottigliezza degli [[scolastici]] del medio evo nasce dalla loro dipendenza, quella dei [[filosofi greci]] dalla loro libertà. (I, p. 388)
 
* Non amiamo tanto la [[bellezza]] per sopportare che l'azione fermandoci dia spazio a contemplarla ed abituarvi la mente. La scena moderna precipitandosi senza riposo verso il suo scopo, cangia incessantemente di luogo, d'interesse, di situazione, come la società stessa. Non vi ha cosa che la sospenda: un'ardente sollecitudine la spinge alla catastrofe. (I, p. 388)
 
* Il [[poeta]] che, secondo l'esempio degli antichi, vorrebbe qua e là con un soffio lirico temperarla, durerebbe fatica a combattere con questa inquietudine del mondo il quale cerca la pace nel cangiamento. — Lungamente ingannato dalla falsa imitazione che si è attaccata a questi modelli, io non sapevo che accusargli di freddezza, soprattutto se io gli paragonava all'ardente sete di emozioni dalla quale il mondo è posseduto. (I, p. 388 sg.)
 
* [[Shakespeare]] mi faceva dimenticar Sofocle: ma quando io quelle opere considerava più da vicino, io m'accorsi che cosa alcuna non ha mai superata l'originalità, la vita, la grazia di quest'arte sovrana, e che più che l'immaginazioni sono impazienti, anelanti, più ad esse converrebbe il riposarsi ad intervalli nella meditazione di questa bellezza, che deve la sua superiorità su tutte le altre alla sua medesima severità. (I, p. 389)
 
* Nelle [[azioni]] d'un uomo il suo carattere influisce più che la sua intelligenza. (I, p. 389)
 
* L'inerzia chiamasi rassegnazione, e poiché non si sente più l'amor di patria, si parla di [[umanità]]. (I, p. 389)
 
* L'[[equilibrio]] ha consacrato la nostra ruina, legittimato la conquista dei forti, l'oppressione dei vinti. (I, p. 389)
 
* Soffogar la [[ragione]] nel sentimento è affogar la causa nell'effetto. (I, p. 389)
 
* La [[filosofia]] è un bisogno necessario e un diritto sacro del pensiero. La sua causa è la gran causa della libertà del mondo, richiamata al suo principio stesso la libertà dello spirito. La sua forza è quella della ragione che si appoggia su due mila anni di progressi e di conquiste. È sciocchezza il ripetere tutte le scempiataggini scagliate dalla ragione contro la ragione. Chi ha insegnato agli uomini senza alcun soccorso soprannaturale che hanno un'anima libera, capace di fare il male ma pur il bene? Chi loro ha detto, nell'oppressione universale, che la [[forza]] non è tutto, che vi son dei diritti invisibili che il forte deve rispettare nel debole? (I, p. 390)
 
* Senza [[libertà]] l'uomo non ha bisogno di ragione, e senza [[ragione]] che sarebb'egli della sua libertà? laddove dal principio dell'autorità il campo della libertà si ristringe.
 
* A [[Francesco Torti]], a Bevagna.<br />Chiarissimo signore. — Ho letto con piacere e meraviglia il suo ottimo libro che ha per titolo ''Dante rivendicato''. Godo che in tanta viltà letteraria si trovi un ardito amico del vero e che per amor di esso non tema nimicizie famose. È gran tempo che in [[Italia]] non si è stampata opera con franchezza così generosa, e piena di quell'evidenza di raziocinio che ho ammirato nella sua. (II, p. 7)
 
==''Arnaldo da Brescia''==