Alessandro Varaldo: differenze tra le versioni

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==''Il chiodo rosso''==
===[[Incipit]]===
Dopo una giornata laboriosa Lamberto si concesse una serata di svago. Sapeva di trovar qualche amico, o almeno qualche conoscente al bar dell'Albergo Quirinale, e, poiché la solitudine gli pesava ormai da tempo, decise d'andarsi ad imbrancare alla ventura là dove sapeva che sarebbe stato accolto simpaticamente. Si vestì ed uscì. Faceva ancora freddo, ma la serata prometteva un bel sereno stellato. S'incamminò per il viale deserto ed asciutto, felice di poter fare quattro passi nel silenzio e respirare in libertà.
 
===Citazioni===
*La piccola bionda era contessa com'era maritata: né quarti, né metà. Pure la si chiamava signora contessa. Nessuno spendeva per il titolo e la qualifica, l'uno e l'altra figli del tacito consenso: si davano così, gratuitamente, per sociale indolenza. (p. 11)
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*[...] mi piace di veder lavorare! È così che il [[lavoro]] diventa una consolazione. (p. 88)
*La [[società]], legiferando, finge di tutelar l'individuo ed invece tra le pieghe non pensa che a se stessa. (p. 94)
*La ''[[roulette]]'' è come la donna: non si può pretendere da lei che quanto può dare. (p. 105)
*[...] c'è un rito del fumo come c'è quello del tè. Le due cose di cielo – secondo i raffinati millenari cinesi – hanno bisogno, per riuscire, di tutta quanta l'attenzione di chi compie il rito, dal gesto delicato al più delicato ancora socchiudere delle labbra. Non si può compierlo parlando: lo si guasta o lo si dissipa, come rompe un'ala di vento la nuvola profumata. (p. 115)
 
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===[[Incipit]]===
Una bella mattina di primavera dell'anno di grazia 1771: nel bosco di Vincennes, che somigliava a una forestas vergine, di quelle che vedeva, sognandole come una terra promessa, dall'alta poppa del suo vascello, il capitano La Perouse – che idea di cercare altrove ciò che abbiamo in casa! – due mattinieri se ne andavano in compagnia, discutendo animatamente, senza badare più che tanto alla frescura, ai profumi silvestri, al coro dei cantori pennuti, come li chiamava il signor Bernardino di Saint– Pierre (sì, precisamente quello di ''Paolo e Virginia'') o forse godendone, da incosci epuloni, che non badano alle squisite vivande imbandite.
 
==Citazioni==
*L'uno {{NDR|[[Ferdinando Galiani]]}} era un piccolo magro, quasi gobbo a prima vista, contraffatto a giudicarlo così ad occhio e croce, più scimmia che uomo in apparenza, gli occhi vivissimi, le mani irrequiete, e saltava più che non camminasse. Vestiva di buon panno, portava parrucca, inforcava l'occhialino e gli stivaloni con la risvolta rossa rivelavano un piede quasi femminile. (p. 9-10)
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===[[Incipit]]===
Nell'anno 11873 non ero più giovane di primo pelo: posso anzi affermare che avevo con salfo passo varcata la soglia della maturità. Oso quindi sperare che si accetterà senza beneficio di inventario la strana avventura che m'accingo a raccontare.<br>Giungemmo a [[Siviglia]] il 22 dicembre 1873 con un tempo splendido: pareva quasi primavera tanto che ad Alcalà più che l'odore del pane fresco ci restò nelle narici il profumo dei gelsomini da notte. A Siviglia come in tutte le città che si rispettano, c'è una via dei Serpenti, e nella via dei Serpenti un albergo d'[[Europa]], o ''fonda '' degli Europei, sotto la cui porta la nostra vettura ci depositò, anzi ci scodellò, perché le si spezzò una ruota.
 
===Citazioni===
*In fatto di rovine, noi figli d'Italia abbiamo il palato guasto. (p. 9)
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==Bibliografia==
*Alessandro Varaldo, ''Il chiodo rosso'', A. Mondadori Editore, Milano, 1943.
*Alessandro Varaldo, ''Nuove penne dell'aquila'', A. Mondadori Editore, Milano, 1935.
*Alessandro Varaldo, ''Le notti incredibili'', A. Mondadori Editore, Milano, 1931.
*Alessandro Varaldo, ''Mio zio il Diavolo'', A. Mondadori Editore, Milano, 1929.
 
==Altri progetti==
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