Hugo von Hofmannsthal: differenze tra le versioni

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*Non è forse ogni figura della [[natura]], non è forse la sua stessa totalità, ciò che in essa grava e ciò che in essa fluisce, che in essa ondeggia e aleggia, ciò che è rigido e ciò che è vaporoso, ciò che è stabile e ciò che è in fermento, ciò che marcisce e ciò che germina, non è forse il suo uno e tutto che si è fatto forma? (da ''Discorso in casa di un collezionista d'arte'', p. 132)
*Come il fauno alita la sua felicità nel flauto, così la natura esala il suo trionfo in un luogo, nel sogno del Palladio. Ora essa ha deposto lo zufolo, lo lascia imputridire al margine dello stagno. Con dolce violenza riprende la Rotonda dal cerchio delle creazioni umane nella trama mobile e ombrosa del proprio regno. Ciò che incorona la collina di Vicenza non è più un tempio, non più una casa, {{sic|e}} più dell'uno e dell'altra. Un sogno immortale, una meta di meravigliosa forma, verso cui sembra tendersi l'anelito delle lontane montagne, l'anelito delle acque possenti, e che esso raggiunge, il cui cerchio circonda, alle cui quattro scale si stringe, placato, redento da un simbolo. (da ''Viaggio d'estate'', p. 170)
*Non posso dire che a me appaia qualcosa di essenzialmente diverso percepire l'atmosfera primaverile o l'atmosfera di un dramma di [[William Shakespeare|Shakespeare]] o di un quadro di [[Rembrandt|Rembrandt]]. Qui come là io sento un enorme «ensemble». [...] Un ensemble, dove la distinzione tra grande e piccolo è abolita, in quanto l'uno esiste in grazia dell'altro, il grande del piccolo, il fosco del chiaro, l'uno cerca l'altro, l'uno rileva e attutisce, colora e scolora l'altro, e per l'anima infine esiste solo l'intero, l'inscindibile, inafferrabile, imponderabile intero. (da ''Re e gran signori in Shakespeare, Una conferenza celebrativa'', p. 204)
*Per questo, perché anche quel che corre tra le figure pel mio occhio è pieno di una vita che trabocca da scaturigini ugualmente misteriose che le figure stesse, perché questo specchiarsi reciproco, questo reciproco umiliare ed esaltare, questo reciproco attutire e rafforzare, non è per me meno opera di mano immensa che le figure stesse, anzi perché qui come in Rembrandt non posso vedere e ammettere un reale confine tra le figure e la parte del quadro dove figure non compaiono, per questo sono ricorso alla parola «atmosfera», perché la brevità del tempo e la necessità di intenderci rapidamente, festosamente, mi ha impedito di usare una parola più grande e misteriosa: mito. (da ''Re e gran signori in Shakespeare, Una conferenza celebrativa'', p. 211)
*{{NDR|Un gruppo di cinque statue femminili custodite in un museo presso il Partenone}} Grandi ne sono le figure; costruite – animali o divine – di forme strapotenti; estranei i volti; labbra altere, nobile l'arco delle ciglia, robuste guance, mento intorno a cui fluisce la vita; sono ancora sembianti umani? Nulla in loro allude al mondo in cui respiro e mi muovo. Non sono davanti alla più estranea estraneità? Non fissa qui da cinque volti verginali l'eterno orrore del caos?<br />Ma, Dio mio, quanto sono reali! Hanno una presenza sensuale che toglie il respiro. Costruito come un tempio s'eleva il loro corpo sui piedi splendidi e forti. La loro solennità nulla ha delle maschere; il volto assume il suo significato dal corpo. Sono donne nubili, fidanzate, sacerdotesse. Nei loro volti è il rigore dell'attesa, l'eletta forza e nobiltà della loro razza, una consapevolezza del proprio grado. Hanno parte a cose oltre ogni comune presentimento.<br />Quanto sono belle! I loro corpi mi convincono più che il mio proprio. (Dada ''Momenti in Grecia, III, Le statue'', p. 351)
*[...] ciò che è eccellente ha tempo, resta ognora vivo in sé, e il suo momento è sempre. (da ''«Il Divano occidentale-orientale» di [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]]'', p. 377)
*[...] qui, nel ''Divano occidentale-orientale'', siamo posti, come non mai, entro la cerchia del vivente. Il giovane brama vivere, il vecchio ricorda di aver vissuto, e a ciascuna di queste età è data una forza ch'è unica. Ma solo l'[[uomo]] è veramente colui che vive. Egli sta veramente al centro del cerchio della vita, e il cerchio magico gli racchiude il mondo. Nulla fugge davanti a lui, come egli non può fuggire davanti a nulla. [...] Così in questo libro ci avviene ciò che fuori di esso ci avviene nel nostro proprio dominio: crediamo di muoverci liberamente nell'infinito, eppure siamo sempre confinati al centro del cerchio della nostra vita, e l'anello dell'orizzonte è più che una semplice illusione ottica. Ma a colui a cui questo avviene, a lui crescono le forze, ed è come se il cerchio lo fortificasse a sua volta. Nel suo cuore si rinnova incessantemente il divino [...]. (da ''«Il Divano occidentale-orientale» di Goethe'', p. 380)
 
==[[Incipit]] di ''Storia di cavalleggeri''==