Giorgio Bassani: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
* «Si capisce», rispose. «I morti da poco sono più vicini a noi, e appunto per questo gli vogliamo più bene. Gli etruschi, vedi, è tanto tempo che sono morti» – e di nuovo stava raccontando una favola –, «che è come se non siano mai vissuti, come se siano ''sempre'' stati morti». <br />[...] toccò a Giannina impartire la sua lezione. <br />«Però adesso che dici così», proferì dolcemente, «mi fai pensare che anche gli etruschi sono vissuti, invece, e voglio bene anche a loro come a tutti gli altri». (prologo)
*Lì, tuttavia, nel breve recinto sacro ai morti familiari...almeno lì [...] nulla sarebbe mai cambiato. (prologo)
*Pregava. Pregava per noi poverini, certo, inetti all'algebra quasi tutti; ma anche forse per affrettare la conversione al cattolicesimo dei signori israeliti [...]. (cap. I, 3; 2012, p. 25)
*In fase di espansione imperialistica il capitalismo non può che mostrarsi intollerante nei confronti di tutte le minoranze nazionali, e degli ebrei, in particolare, che sono la minoranza per antonomasia. (cap. II, 1; 2012, p. 52)
*La verità è che a furia di far [[collezionismo|collezioni]], di cose, di piante, di tutto, si finisce a poco a poco col voler farle anche con le persone. (cap. II, 1; 1991, p. 56)
*Anche le cose muoiono, caro mio. E dunque, se anche loro devono morire, tant'è, meglio lasciarle andare. (cap. II, 5; 2012, p. 89)
*Una delle forme più odiose di [[antisemitismo]] era appunto questa: lamentare che gli [[ebrei]] non fossero abbastanza ''come'' gli altri, e poi, viceversa, constatata la loro pressoché totale assimilazione all'ambiente circostante, lamentare che fossero tali e quali come gli altri, nemmeno un poco diversi dalla media comune. (cap. III, 5; 1991, p. 137)
*Mi aggrappavo alla scrivanietta che il professore Ermanno dal gennaio scorso aveva fatto collocare per me sotto la finestra di mezzo del salone del biliardo, come se, così facendo, mi fosse dato di arrestare l'inarrestabile progresso del tempo. (cap. III, 6; 2012, p. 130)
*Qui sedevamo noi, i vivi [...] tristi e pensierosi come dei morti. (cap. III, 7, 2012, p. 137)
*Anche se li sapevo [...] disadatti a valutare la reale portata dell'oggi li vedevo, avvolti nella memoria. (cap. III, 7; 2012, p. 137)
*Io ero rimasto qui, e per me, che ero rimasto...per me in realtà non c'era speranza, non c'era nessuna speranza. (cap. III, 7; 2012, p. 138)
*Ancora qualche secondo, e avrei udito la sua voce, il suo <<ciao>>. <<Ciao>> disse Micòl, ferma sulla soglia. <<Che bravo, a venire.>> Avevo previsto tutto con molta esattezza: tutto, tranne che l'avrei baciata. (cap. III, 7; 2012, p. 140)
*Ora lui, Bartleby, finché lo mettevano a scrivere, ci dava dentro a sgobbare coscienziosamente. Ma se a Spencer Tracy veniva in testa di affidargli qualche lavoretto supplementare, come quello di collazionare una copia sul testo, originale, o di fare un salto dal tabaccaio all'angolo della strada per comperare un francobollo, lui niente: si limitava a sorridere evasivo, e rispondere con educata fermezza: «''I prefer not to''».<ref>Cfr. [[Herman Melville]].</ref><br />«E per quale motivo, poi?» chiesi, tornando col libro in mano.<br />«Perché non gli andava di far altro che lo scrivano. Lo scrivano e basta.»<br />«Però scusa» obbiettai. «immagino che Spencer Tracy gli passasse un regolare stipendio.»<br />«Certo» rispose Micòl. «Ma cosa significa? Lo stipendio paga il [[lavoro]], mica la ''persona'' che lo compie.» [...]<br />Discutemmo abbastanza a lungo sul povero Bartleby e su Spencer Tracy. Lei mi rimproverava di non capire, di essere «''un''» banale, il solito inveterato conformista. (cap. IV, 2; 1991, pp. 173 sg.)
*[...] ebbi il senso preciso che stavo perdendola, che l'avevo perduta. (cap. IV, 2; 2012, p. 158)
* Eh, sì, tagliare la corda è facile: ma a cosa porta, quasi sempre, specie in materia di «situazioni morbide»? Novantanove volte su cento la brace continua a covare sotto la cenere: col magnifico risultato che dopo, quando due si rivedono, parlarsi tranquillamente, da buoni amici, è diventato difficilissimo, pressoché impossibile. (cap. IV, 3; 1962, p. 221; 1990, p. 398)
*Domandai {{NDR|a Micòl}} perché le sembrasse tanto impossibile {{NDR|che lui e lei potessero [[fare l'amore]]}}.<br>Per infinite ragioni – rispose –: la prima delle quali era che a pensar di far l'amore con me le riusciva altrettanto imbarazzante che se avesse pensato di farlo con il fratello, toh, con Alberto. Era vero: da bambina, aveva avuto per me un piccolo ''striscio'': e chissà, forse era proprio questo che adesso la bloccava talmente nei miei riguardi. Io… io le stavo ''di fianco'', capivo?, non già ''di fronte'': mentre l'amore – così, almeno, se lo immaginava lei – era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda: uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d'animo e onestà di propositi. (cap. IV, 3; 1962, p. 222; 1990, p. 399)
*[...]l'amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusioni di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d'animo ed onestà di propositi. (cap. IV, 3; 2012, p. 162)
*[...] più del presente contava il passato, più del possesso il ricordarsene. Di fronte alla memoria, ogni possesso non può apparire che delusivo, banale, insufficiente. (cap. IV, 3; 2012, p. 163)
*Era il 'nostro' vizio questo: d'andare avanti con le teste sempre voltate all'indietro. (cap. IV, 3; 2012, p. 163)
*Non gli restava che comportarsi come Don Abbondio. Inchinarsi, e mormorare:'Disposto sempre all'obbedienza'. (cap. IV, 4; 2012, p. 170)
*Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a sé per tirarsi su e risuscitare... (cap. IV, 9; 2012, p. 205)
*Mi sentivo, ed ero, una specie di strano fantasma trascorrente: pieno di vita e di morte insieme; di passione e di distaccata pietà. (cap. IV, 10; 2012, p. 208)
*«{{NDR|Micòl}} Sono anche io come tutte le altre: bugiarda, traditora, ''infedele''… Non molto diversa da un'Adriana Trentini qualsiasi, in fondo».<br>Aveva detto «infedele» spiccando le sillabe, con una specie di amaro orgoglio. Proseguendo, aggiunse che se io avevo avuto un torto era sempre stato quello di sopravalutarla un po' troppo. Con questo, non è che avesse la minima intenzione di scagionarsi, per carità. Tuttavia era un fatto: lei ''aveva sempre letto nei miei occhi tanto «idealismo» da sentirsi in qualche modo forzata ad apparire migliore di quanto non fosse in realtà.'' (1962, p. 227)
*Ma Micòl non discese, per questo, dal piedistallo di purezza e di superiorità morale su cui, da quando ero partito per l'esilio, l'avevo collocata. Essa continuò a rimanerci, lassù. Io, per me, mi consideravo fortunato di essere stato riammesso ad ammirarne ogni tanto l'immagine lontana, bella di dentro non meno che di fuori. (1962, p. 242)