Sofocle: differenze tra le versioni

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Tolgo o accorcio note non strettamente necessarie alla comprensione degli incipit
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Preda far d'inimici; ed or ti veggo
Ronzar da lungo invêr l'estremo corno
Dell'Argivo navile, ove le tende
Dell'Argivo navile,<ref>Siegue il poeta l'ordine, col quale (secondo leggesi nell<nowiki>'</nowiki>''Iliade'') erano disposte le navi de' Greci alla spiaggia di Troja, cioè, ad una delle estremità quelle di Achille, all'altra quelle del Telamonio Ajace, protagonista di questo dramma. Così anche Euripide nell'''Ifigenia in Aulide''.</ref> ove le tende
Son d'Ajace, e adocchiar le più recenti
Orme sue, per saper se dentro ei sia,
O se n'uscì. Ben qui ti porta il tuo,
Qual di cagna spartana, [[olfatto]] acuto.<ref>I cani ''Laconici'', o sia del paese di Sparta, godevano, e ancora godono stima di valore assai per la caccia in grazia dell'acuto olfatto di cui sono dotati, e che Aristotele attribuisce alla lunghezza del loro muso. Virgilio li celebra anche per la velocità (''Georg''[. III, 495): ''veloces Spartæ catulos''..] In quanto al genere feminino qui usato, è da ricordare che in alcune specie di animali la femina era dagli antichi poeti considerata di maggior prestanza, ed Euripide nel principio delle ''Fenicie'' dà cavalla anche al Sole.</ref>
L'uom poc'anzi v'entrò, tutto grondante
Sudor la fronte, e sanguinante il braccio.
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<poem>'''Edipo.''' O figli, prole del vetusto Cadmo,
Perché qui ne venite ad assedervi,
Recando in man supplici rami?<ref>Cadmo figliuolo di Agenore Fenicio, mandato dal padre in traccia della smarrita Europa, altra sua figliuola, venne dall'Asia in Grecia, e quivi nella Beozia fondò la città di Tebe; quindi i Tebani, dal fondatore di essa, sono qui detti ''prole di Cadmo'', siccome discendenti da que' primi abitatori di Tebe, che riconoscevano per loro stipite Cadmo, e quindi ''Cadmijeni'' e ''Cadmei'' per ''Tebani'', e ''Città di Cadmo'', ed anche ''Casa di Cadmo'', per Tebe, frequentemente in questo drama, e presso gli altri poeti. — In quanto a' ''supplici rami'', è da ricordare l'uso degli antichi di portare in mano un ramo di olivo, involto in fasce di lana, quando supplicavano a qualche divinità od anche a qualche potente personaggio; e cotesti rami deponevano i supplicanti a' piedi o sopra le are poste inanzi alle imagini degl'iddii che stavano collocate nelle piazze, e presso a' tempii ed a' vestiboli delle case; e di là poi o li toglievano partendo, se la preghiera veniva esaudita, o ve li lasciavano, se questa non era bene accolta. Anche in alcune altre occasioni gli oranti tenevano in mano que' rami, come gli ambasciatori latini in Virgil[. ''Eneid''. XI, v. 100: «''Jamque oratores aderant ex urbe Latina, Velati ramis oleæ, veniamque rogantes'';» e su 'l principio dell'''Iliade'' il sacerdote Crise ha per insegna di supplicante le bende di lana avvolte intorno al suo dorato bastone.]</ref> E tutta
È la città di vaporanti incensi
E d'inni insieme, e di lamenti piena.
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D'Inaco figlia è quello il luco; e quello
È il consecrato al lupicída nume
Foro Licéo<ref>Figliuola d'Inaco fondatore di Argo fu la famosa Io, amata da Giove e da lui convertita in giovenca per sottrarla all'ira della gelosa Giunone, dalla quale però fu tormentata di continuo con la puntura di un asillo, o sia tafano, ond'è qui detta ''asillita'', come già da Eschilo nel ''Prometeo''. Ma che a lei fosse consacrato alcun luogo in Argo o quivi presso, non si legge altrove. — Celebre all'incontro era nella città di Argo il tempio inalzato da Danao ad Apollo Licio o Licéo, d'onde prendeva nome il foro che v'era dinanzi. Del qual sopranome di Apollo diverse sono le origini assegnate dagli antichi, giusta quanto ne riferisce Macrobio (''Saturn''., lib[. I, cap. 17); né a noi è di molto interesse il saperne di certo la vera.] Esso poi è qui detto ''nume lupicida'', dall'avere (Pausania, lib. II, c. 9) insegnato a que' di Sicione il modo di distruggere i lupi, che in gran numero infestavano quella regione.</ref>. Quel che a sinistra sorge,
L'inclito tempio è di Giunone;<ref>Poiché Giunone era la dea tutelare degli Argivi, sicché ''Argiva dea'' era chiamata ella stessa, ''inclito'' era il tempio che dal suo greco nome di ''Era'' dicevasi ''Eréo'', posto alla sinistra di Micene per quei che venivano dalla Focide per la via di Corinto, d'onde appunto veniva Oreste, e quindici stadii (secondo Pausania), dieci (secondo Strabone) distante da quella città.</ref> e vedi
Qua la ricca Micene, ove siam giunti,
E questa de' Pelópidi infelice
Casa,<ref>La casa de' discendenti di Pelope acquistò gran rinomanza per delitti e per disavventure; argomento di tante antiche e moderne tragedie. Tantalo, padre di Pelope, uccise questo suo figliuolo, e lo diede a mangiare agli dei da lui convitati; Atreo e Tieste, figliuoli di Pelope, uccisero un loro fratello Crisippo; Atreo diede morte a' figli di Tieste; Egisto, figliuolo di Tieste, ad Atreo e ad Agamennone. Ben la disse Orazio ''la crudele casa di Pelope''[...]</ref> d'onde io dalla germana tua
Te un dì sottratto alla paterna strage
Mi tolsi, e salvo a questa età ti crebbi
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Della cinta dal Mar Lenno, dov'io,<ref>Non è da credere che tutta l'isola di Lenno sia qui detta inabitata e senza vestigio d'uomo, quando eranvi in essa due principali città, l'una detta ''Efestia'', che vale ''Vulcania'', l'altra ''Città di Toante'' che n'era il re; e Omero la qualifica di ''egregia'' e ''ben fabricata'' e la dice abitata da' Sintii, allorché Vulcano vi fu precipitato da Giove; e quivi pone anche la casa del Sonno; né poco celebri sono le donne abitatrici di Lenno per l'uccisione de' loro mariti avvenuta prima ancora della guerra di Troja. Celebre pur anche vi era la coltura delle viti e il vino che se ne traeva; e agli Achei all'assedio di Troja ne venivano carichi molti navigli (Omero, ''Iliade'', VII, 467-75). Ciò pertanto che e qui e più innanzi dice Filottete della solitudine e del non esservi porto, né ospitalità, né commercio, è da riferirsi a quella sola parte dell'isola, ov'egli fu esposto, divisa dall'abitato per erte montagne, cui quell'infermo è da supporre non aver mai superate, né potutosi mai dilungare dalla spiaggia deserta, su la quale da prima fu abbandonato.</ref>
O del più forte in fra gli Elleni Achille
Nëottolemo figlio, esposi un giorno,
Nëottolemo figlio,<ref>Pirro e Neottolemo sono i due nomi, co' quali promiscuamente dal più degli antichi veniva appellato il figliuolo d'Achille, da questo eroe procreato negli amori suoi con Deidamia, figliuola di Licomede re di Sciro, mentre in quell'isola egli si stava nascosto per opera della madre Tetide, che così lo teneva lontano dalla guerra di Troja, nella quale ella presapeva che sarebbe morto. Ma se bene il nome di Pirro gli fosse, secondo taluno, stato imposto prima dell'altro, Omero non lo nomina che col secondo di Neottolemo; e così Sofocle.</ref> esposi un giorno,
Per commando de' re, quel Melïense
Di Peante figliuolo, a cui dal piede