Alessandro Baricco: differenze tra le versioni

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*A me risulta che la ricerca del senso è una sorta di partita a scacchi, molto dura e solitaria, e che non la si vince alzandosi dalla scacchiera e andando di là a preparare il pranzo per tutti. È ovvio che occuparsi degli altri fa bene, ed è un gesto così dannatamente giusto, e anche inevitabile, necessario: ma non mi è mai venuto da pensare che potesse c'entrare davvero con il [[senso della vita]]. Temo che il senso della vita sia estorcere la felicità a se stessi, tutto il resto è una forma di lusso dell'animo, o di miseria, dipende dai casi. Peraltro, è anche possibile che mi sbagli. È giusto un pensiero istintivo – un certo modo di vedere il mondo.<ref name=agassi>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/13/mi-resta-ancora-del-gioco-non-so.html "Mi resta ancora del gioco, non so quanto. Ma un po' ce n'è"]'', ''la Repubblica'', 13 novembre 2011.</ref>
*Adesso che sono stato ad ascoltarlo, so che [[Andre Agassi|Agassi]] ha vissuto come giocava a tennis, cioè i piedi ben dentro al campo, ad aggredire la pallina mentre sale (tutti buoni a prenderla mentre scende), immaginando tutto a una velocità irragionevole, e collezionando sciocchezze mostruose e invenzioni sublimi.<ref name=agassi/>
*È stato lui il primo bianco ad affidare alla musica leggera un patrimonio di contenuti civili, una tradizione che apparteneva ai negri d'America. Una novità. E, nello stesso tempo, mi pare quasi che le canzoni di [[Bob Dylan]] siano esistite da sempre. Fossi della generazione di Dylan sarei sicuramente un suo grande fan, ma forse per quelli della mia sono state più importanti le canzoni di [[Francesco Guccini|Guccini]] o di [[Vasco Rossi|Vasco]].<ref>Da ''[https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2001/maggio/22/mito_compie_anni_mondo_celebra_co_0_0105225268.shtml Un mito compie 60 anni: il mondo celebra Bob Dylan]'', ''Corriere della Sera'', 22 maggio 2001.</ref>
*Il rugby è un gioco primario: portare una palla nel cuore del territorio nemico. Ma è fondato su un principio assurdo, e meravigliosamente perverso: la palla la puoi passare solo all'indietro. Ne viene fuori un movimento paradossale, un continuo fare e disfare, con quella palla che vola continuamente all'indietro ma come una mosca chiusa in un treno in corsa: a furia di volare all'indietro arriva comunque alla stazione finale: un assurdo spettacolare.<ref>Da ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,19/articleid,0684_01_1995_0314_0021_9261116/ All Blacks. La ballata del rugby]'', ''La Stampa'', 21 novembre 1995.</ref>
*{{NDR|Su ''[[Andre Agassi#Open. La mia storia|Open]]''}} In genere, quando un libro riesce a ottenere un simile risultato contiene una di queste quattro domande: chi è l'assassino? Il protagonista troverà se stesso? Ma alla fine si sposeranno? Chi dei due vincerà? Open ne contiene tre su quattro, e le intreccia molto bene: le possibilità di sottrarsi alla trappola sono pari a zero. (Manca l'omicidio, ma se si largheggia un po', l'idea di far allenare il proprio figlio di sette anni tirandogli 2.500 palline al giorno assomiglia molto a una specie di avvelenamento metodico, e quella era l'idea di educazione che aveva in testa il padre di Agassi).<ref name=agassi/>