Arrigo Cajumi: differenze tra le versioni

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==''Pensieri di un libertino''==
* Il più comico è che, nella pacifica Italia del tempo, [[Ardengo Soffici|Soffici]] e i suoi scandalizzavano mezzo mondo, e – come immoralisti – trovavano lettori sino nei bordelli, cosa che del resto li lusingava assai.<br/>Ma ho in mente che si tratti di un'invenzione, o di una loro vanteria. Le puttane, e le padrone di casino, sono persone serie, ''business women''. (p. 22)
* In fondo, certa gente mi fa pensare a chi va al bordello per farsi dire, a un tanto al quarto d'ora: «Che bell'uomo! Che bel maschio! Come devi piacere alle donne!», e ci si bea.<br/>Se uno avesse una statistica esatta circa il numero di questa specie di amatori, gli servirebbe assai più di un'intera biblioteca di scienza politiche. (p. 23)
* Ora, senza una borghesia istruita, che a tempo perso sappia scombiccherare un sonetto, o incuriosirsi di un problema storico, a gustar la pittura o un romanzo, una nazione è squilibrata, e rischia di diventar acefala: molte delle nostre crisi sono avvenute per mancanza di quella che si definirebbe meglio classe pensante, che dirigente.<br/>La formazione e la restaurazione di una classe borghese media è il gran problema. Per tutti i paesi. Altrimenti, le distruzioni della democrazia demagogica sono alle porte. (p. 25)
* Più vado avanti negli anni, più mi si conferma l'istintivo individualismo, la tendenza a ricercar col lavoro il modo di appagare modestamente i quattro o cinque piaceri che m'attraggono, abolendo radicalmente ciò che si chiama ambizione, considerazione sociale, ricchezza come scopo della vita, vanità anche letteraria, ecc., […] (p. 34)
* Non sappiamo perché, e che mai siamo venuti a fare quaggiù: ''quindi'', cerchiamo di passare il tempo nel modo più consono ai nostri gusti. Io non ho altra morale; anzi, sono pronto ad applaudire chi, nato per fare il collezionista di francobolli o di porcellane, non ha che questo scopo nella vita. Egli ha raggiunto la vera felicità. (p. 34)
* Il gusto di fare l'uomo positivo e pratico, di «smontare» i soliti piccoli trucchi, mi fa passare per pessimista congenito. (p. 56)
* Più si vedono da vicino i fenomeni storici, meglio si scorge che le rivoluzioni le hanno sempre fatte la borghesia, o parte di essa. Il popolo è buono a compiere soltanto delle ''jacqueries'', che non concludono […]. (p. 64)
* Il buon amministratore è colui che – pur facendo i proprio affari – non delude l'altrui fiducia, remunera il capitale, paga onestamente e puntualmente gli interessi, e ne fa, anzi, un punto d'onore.<br/>Gli altri? Dei truffatori in buona o male fede, e meglio ancora i secondi dei primi. (p. 64)
* – Qual è quell'animale cieco, sordo, tardigrado, impotente, ostinato, che ogni cosa dimentica, nulla capisce, e persevera nell'errore?<br/>– Il risparmiatore, il risparmiatore! (p. 64)
* Gli amici sono coloro coi quali parli schietto e osceno, ti vesti come tutti i giorni, e che non ti impongono dei seccatori supplementari (p. 67)
* L'[[ipocrisia]] è il preludio alla castrazione intellettuale. «Le peuple – è scritto nelle ''Lettres d'Amabed'' – les suivit en criant: cazzo, cazzo!»<br/>Oggi, o ci si appoggerebbe su non so quale prurito [[Sigmund Freud|freudiano]], o di culo; oppure, si salterebbe a piè pari la sconcia espressione. La naturalezza se n'è ita. (p. 68)
* Finirò per pentirmi di aver dato confidenza a qualcuno. Bisogna vivere e crepare da soli. (p. 76)
* La piccola borghesia ha gli stessi pregiudizi, le stesse servitù della grande, se non di più. Il ritualismo del modo di parlare, del regalo, delle feste, ecc., vi fiorisce. Così pure, quello di «la gente direbbe…» Gli spiriti emancipati, non li trovi che lateralmente, in margine. Anche la naturalezza popolare dev'essere un mito: il selvaggio è certo disciplinatissimo. (p. 80)
* Quanto all'amicizia, ohibò, alla larga. Anche qui, ho dato assai più di quel che non abbia ricevuto, e ho presso delle belle, piene, copiose cantonate, sprecando tempo, voce, consigli, e appoggi per gente di cui non mi servirei neppure, oggi, come direbbe [[Rabelais]], ''pour me torcher le cul''. (p. 87)
* «Se vuoi una bella donna piglia un'altra. Ma se vuoi una donna da letto, piglia me». Incantevole parlare, e troppo raro. (p. 89)
* Il procedimento di cui [[Luciano di Samosata|Luciano]] si vale nel capitolo sui «Sacrifici» è lo stesso che serve a [[Voltaire]] per canzonare la Bibbia: il ricorso al buon senso, contro l'assurdità della favole religiose. (p. 138)
* La follia degli uomini può molto, ma una economia che si reggesse, garantendo a tutti la prospettiva di avere più del pane quotidiano, sarebbe forse l'elemento stabilizzante, e determinante. (p. 155)
* Qualche pennivendolo infatuato torna a sputacchiare quelle anime che tranquille hanno la colpa di pensare d'essere venute al mondo, non per servire a esperienze altrui, ma per passare nel modo meno ingrato la loro esistenza, facendo perno sul proprio io. A dar retta a certa gente, tutti dovrebbero ridursi al livello dei conigli da laboratorio, ai quali peraltro non si chiede di manifestare la loro soddisfazione e il loro entusiasmo per ciò che li attende.<br/> Ora la fonte di tali pensamenti è religiosa, clericale. […] Il credente – sia cristiano, che ebreo, o musulmano… – e sempre chiamato a servire anima e corpo un feticcio, e la congrega che utilizza quest'ultimo. Per cui, la cattura, l'abdicazione, l'abiezione dell'individuo sono – per chi bada ai fatti e non alle facezie – integrali. (p. 161)
* ''Ce vice impuni, la lecture''. Com'è sempre il mio! Bibliofili non si nasce, si diventa. È un un vizio che viene con l'età, con i primi quattrini, con la sensazione che si sta per discendere la curva, ed è opportuno non trascurare neanche i più piccoli e semplici piaceri. (p. 161)
* Mi ha fatto molto piacere leggere nell'autobiografia di [[Trockij]] che un uomo così ardentemente e pertinacemente occupato a rivoluzionare il mondo, aveva la nostalgia dei suoi libri: con gente con tali sentimenti non c'è mai da disperare… Mentre la peggiore diffidenza deve colpire coloro che si fanno una biblioteca per esigenza di parata, sono privi dell'intimo bisogno della meditazione, della lettura, della contemplazione di un libro. (p. 164)
* Comincio a capire l'odio profondo di [[Gustave Flaubert|Flaubert]] per il ''bourgeois'', nel senso più lato, se ascolto i discorsi sul marciapiede o in tram; se osservo gli sbandamenti perpetui, subisco la facondia di otto persone chiuse in uno scompartimento ferroviario. La dose di [[ignoranza]] è potente; l'irriflessione, la contraddizione, pullulano. Gente che assorbe i giornali con gli occhi e li restituisce con la bocca; che sta vent'anni in un paese senza conoscerlo per un giorno e sputa sentenze! (p. 208)
* Uno dei cattivi sintomi è la predilezione per la gente che non dà luogo a rilievi, a controversie. Si preferisce colui che, a parole e a fatti, accontenta e soddisfa tutti, al rigido – e per conseguenza avversato – difensore degli interessi che rappresenta. Senza riflettere che chi riceve gli elogi generali, lo fa in quanto cede qualcosa, e magari spartisce; chi resiste, conserva e cura. Ma la stupidità e la vigliaccheria degli uomini è tale, da preferire di essere [[castrato|castrati]], al mantenere la propria virilità. I pochi uomini superiori che ho conosciuto, si sono distinti col prendersi al fianco gente sgradita alla folla, e perciò utile e operosa. Allorché hanno ricercato collaboratori che non suscitassero storie, hanno confessato di appartenere alla razza degli eunuchi, che peraltro prospera. (p. 213)
*<small><span style="font-variant: small-caps;">[[Socrate]]</span>&nbsp;&nbsp;&nbsp;Apri bene gli occhi e guardati bene attorno che nessuno ci senta dei non-iniziati! Sono gente costoro i quali niente altro credono ci sia al mondo se non ciò che possono prendere e tenere stretto con le mani; e azioni e generazioni, e insomma tutto ciò ch'è invisibile, non lo ammettono, perché non fa parte, dicono, dell'essere.<br/><span style="font-variant: small-caps;">Teeteto</span>&nbsp;&nbsp;&nbsp;In verità son ben duri e cocciuti uomini, o Socrate, codesti di cui parli.<br/><span style="font-variant: small-caps;">Socrate</span>&nbsp;&nbsp;&nbsp;Proprio così sono, figliolo mio, grossolani parecchio…</small><br/><br/>Questo si legge nel ''[[Teeteto]]'', e mi vien voglia di metterlo in epigrafe, augurandomi che la razza dei «materialisti induriti» (come mi ha classificato [[Luigi Salvatorelli|Salvatorelli]]) fruttifichi, giacché di loro c'è gran bisogno, nel mondo di idealisti buffoni che ci attornia. (p. 284)
* Il vecchio libro di [[Edgar Quinet|Quinet]] sulle ''Révolutions d'Italie'' attesta i limiti dell'ingegno di una scrittore che storico certo non può esser detto, e – come ha mostrato Neri – le origini di alcuni pregiudizi della nostra critica romantica. Quinet aveva in comune col suo amico [[Jules Michelet|Michelet]] la manìa della superiorità del [[protestantesimo]] sul [[cattolicesimo]], buffissima pretesa e gara tra due forme della stessa superstizione. […] L'odio di religione lo rende perspicace: pochi hanno sferzato come lui il vizio indigeno della retorica che copre, nasconde, ammanta il vuoto, l'ignavia, le colpe, l'atrocità. Nessun ossequio per la [[legge]], sempre apertamente violata o faziosamente applicata, nessun rispetto alla libertà o dignità individuale. La setta vittoriosa stermina e soffoca la soccombente; gli interessi della prima e i suoi uomini, regnano sovrani. Al di fuori, la pompa tende a creare una rappresentazione scenografica-letteraria, che nulla ha a che fare con la triste realtà. L'equilibrio dei poteri, il governo costituzionale, l'alternarsi dei partiti – osserva Quinet – sono stati in ogni età, in Italia, una chimera. (p. 285)
* I teorici mi sono sempre stati sospetti, e i tecnici ugualmente. Un professore e un ingegnere in politica, sono i primi a pigliar cantonate. Con ciò non dico che uno debba pigliar vento dai professionisti, che sono degli avventurieri, bensì dal common sense, dalla persona che ci ha ripensato su, è abbastanza libera per capire quanto nel suo punto di vista è portato dagli interessi privati in gioco, e sufficientemente illuminata per non disprezzare gl'insegnamenti della [[storia]]; sappia inoltre guardarsi attorno, e capire cosa vogliono il popolo e gli ottimati (p. 309)
* Il [[sofisma]] che le grandi azioni politiche sono sempre opera di minoranze intelligenti, non regge: può darsi che l'iniziativa appartenga ai pochi, ma viene sempre il momento in cui il consenso dei più è indispensabile. Tutto il genio di [[Cavour]] avrebbe girato a vuoto se le Camere non avessero votato i crediti, e l'esercito non avesse marciato. Il superuomo ha un bel sputacchiare il suo paese, accusandolo di tradimento delle sue megalomani imprese, di avergli spezzate le reni. Queste declamazioni possono impressionare gl'ignoranti, ma chi ragiona a mente fredda, le considera come quei bollettini dei generali sconfitti che tentano di gettare sulle truppe il crollo dei loro piani. (p. 349)
* Mi viene il desiderio di fare un libretto sulla [[psicologia]] degl'Italiani; qualcosa come il ''Codice della vita italiana'' che [[Giuseppe Prezzolini]], pur con qualche paravento moraleggiante, pubblico intorno al 1919, l'ultimo anno in cui in Italia sia stata lecita una certa mancanza d'[[ipocrisia]], e che è da ristampare d'urgenza. [...] Basta per es. vedere quali strida e clamori levi ancor da noi qualsiasi manifestazione di [[femminismo]] o d'irreligiosità: siamo fermi al più nero [[medioevo]], e prima che ci si abitui a lasciar campo alle donne (badate che intorno al Settanta – vedi l'epistolario [[Giosuè Carducci|carducciano]] – si poteva tranquillamente discutere di rivendicazioni femminili, e altrettanto liberamente fare dell'anticlericalismo) e ai mangiapreti, bisognerà che tramonti la mentalità meridionale che, con lo spirito retrivo del Nord, da parecchi lustri hanno governato, attraverso la [[burocrazia]] e i pubblici poteri, il nostro bel paese. Nella realtà delle cose, le donne di questi ultimi decenni, sono state, almeno nel settentrione, moderne e spregiudicate; però, socialmente e politicamente, tenute in rango d'inferiorità, e di macchine da far figli. In altri termini, i costumi si sono abbastanza adeguati a quelli dei popoli più progrediti, le leggi sono rimaste all'età della pietra. (pp. 322-3)
 
==''Processo a un liberale (libelli)''==
===Prefazione===
* ''Egoista, anarchico, solitario fino alla misantropia, l'ellenista [[Paul-Louis Courier|Courier]] è della stessa generazione di [[Stendhal]], ma senza tinte romantiche. [[Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos|Laclos]], che morì generale a [[Taranto]], gli somiglia forse di più''. (p. 7)
* ''In fondo, il nostro autore era il prototipo del liberale-anarchico, ossia dell'individualista che proclama: meno il Governo s'impiccia di noi, meglio è''. (p. 7)
* ''Chi comincia a leggere Courier, e noi che l'abbiamo familiare, porge l'orecchio a discorsi di tutti i giorni, ascolta faccenduole che sembran triviali: il permesso di ballare, di andare a caccia, il sindaco prepotente, i gendarmi, i prefetti. Piano piano si sale: i ministri, la «congregazione», i nobili, e infine il re, il papa, la politica internazionale, le grandi potenze. A uno a uno, Courier li tira dentro la rete, tocca le questioni piú gravi: libertà, inviolabilità del domicilio, diritto di associazione e di stampa, giustizia, guerre, alleanze. Il buon dio di [[Voltaire]], la natura, la società, e persino i dogmi, fanno la loro comparsa. Con quell'aria sorniona, di chi dice e non dice, le sue frasi sono frecce, ed entran nella carne. Courier parte dal popolo, è un terreno fermo. E confronta i suoi costumi con quelli delle classi alte, dei beati possidenti, della Corte''. (p. 9)
* ''Ma per essere efficace, ascoltato, temuto, bisogna che la penna sia acuminata, e Courier, degno continuatore degli enciclopedisti settecenteschi, ebbe il coraggio di battagliare, fino alla prigione inclusa. Questi vecchi liberali, eran gente di fegato, saldi nelle opinioni, punto paurosi dei governi; dicevan la loro a re e preti; una razza che bisogna rinsanguare, dopo tanta molliccia viltà della borghesia del secol nostro. Per ciò, occorre leggerli, diffonderne le opere, tener da conto l'esempio, ch'essi diedero, in tempi non facili''. (p. 11)
* ''Durante il [[fascismo]], due autori confortavano principalmente me e qualche altro solitario: Courier e [[Victor Hugo|Hugo]] (col ''Napoleone il piccolo, La storia di un delitto, I castighi);'' furon libri che imparammo quasi a memoria, e che [[Piero Gobetti]] voleva ristampare. Anche [[Luigi Einaudi]] rilegeva assiduamente Paul-Louis, di cui è grande estimatore. Il nostro Presidente, vignaiuolo, ha delle buone ragioni per gustar l'uomo della Chavonnière; giornalista, ha sempre avuto per guida «beaucoup de raison et beaucoup d'humanité», le due doti che [[Anatole France]] riconosceva a Paul-Louis. Mi sarà lecito dedicargli questa ristampa?'' (p. 12)
 
==Bibliografia==
* Paul-Louis Courier, ''Processo a un liberale (libelli)'', Arrigo Cajumi (a cura di), MilanoArrigo Cajumi, Universale Economica, Milano, 1950.
* Arrigo Cajumi, ''Pensieri di un libertino'', presentazione di Vittorio Santoli, Torino, Giulio Einaudi editore, Torino, 1970.
 
==Altri progetti==
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