Sergio Quinzio: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Sergio Quinzio==
*{{NDR|Su [[Giovanni Paolo II]]}} [...] continua a oscillare tra intransigenti affermazioni di fede e affermazioni generalmente umanistiche che possono andare più o meno bene per tutti.<ref>Da ''Venditori di almanacchi'', ''Corriere della Sera'', 2 gennaio 1994.</ref>
*[[Dio]] si è eclissato perché fra noi e Lui si è interposto il nostro Ego, ormai onnipotente, ma già domani ciò che si è frapposto potrebbe ritirarsi, e potrebbe così riaprirsi il dialogo dell'uomo con il Dio realmente esistente fuori di lui. (dall'introduzione a [[Martin Buber]], ''L'eclissi di Dio'')
*Dio che si è offerto a noi, che aspetta da noi la salvezza, è un Dio che dovremmo perfettamente amare, ma ci ha reso troppo stanchi, delusi, infelici per poterlo fare. (da ''La sconfitta di Dio'', Adelphi, Milano, 1992)
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*L'abolizione della violenza a qualunque prezzo non è un ideale cristiano, e non è vero che il violento abbia sempre torto nei confronti dell'ipocrita che finge di non vedere l'ingiustizia che scatena la violenza. (da ''La speranza nell'Apocalisse'', Paoline, Milano, 2002, pp. 111-12)
*L'amore evangelico per i nemici non ha nessuna parentela con l'utopia nonviolenta che spera di stabilire la pace, di dissuadere gli empi non contrastandoli. (da ''La fede sepolta'', Adelphi, Milano, 1997, pp. 65-66)
*L'[[ateismo]] risulta, alla fine, una specie di variazione interna al tema di Dio. Sembra che per difendersi dall'idea di Dio non resti che una sola arma, forse oggi vincente: rifiutarsi di pensare. Se si pensa, anche contro di Lui, si è già caduti nella trappola.<ref>Da ''Ma il vero credente è proprio l'ateo'', ''Corriere della Sera'', 7 marzo 1995.</ref>
*La [[bellezza]] è qualcosa di indotto, di secondario, persino di tardivo, di fittizio, alla fine addirittura di vizioso. (da ''Aforismi'', ''Astolfo'', anno I, n. 3, settembre-dicembre 1994)
*La fede [[Cristianesimo|cristiana]] "serve" ancora per alimentare i movimenti di volontariato, ma sembra consumarsi in questa sua funzione. Non c'è più un vero discorso sulla fede, divenuta largamente incredibile all'uomo del nostro tempo. La sua luce giunge ancora fino a noi, ma come, fra le nuvole, la luce di una stella lontana ormai precipitata. Già domani potremmo non vederla più, la tenebra potrebbe essere assoluta.<ref>Da ''Religione, rifugio psicologico in quest'epoca priva di fede'', ''Corriere della Sera'', 4 gennaio 1994.</ref>
*La verità di un uomo non è tale che dinanzi alla sua morte. Così anche la storia. (da ''L'esilio e la gloria'' – ''In forma di parole'', Gianni Scalia, Bologna, 1998)
*Ma anche 'sta maggioranza, poi... Confesso che io non credo nella [[democrazia]]: prova ne sia che non ho mai votato. Penso che l'unica possibilità di convivenza sia quella che nasce da una cultura comune. E quando questo criterio del consenso della maggioranza viene radicalizzato, quando non c'è più nessun riferimento a un ambito sia pure minimo di necessità, allora resto perplesso.<ref name=qunzegstampa95/>
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*Se l'amore cristiano si distingue non solo, e nettamente, dall'amore predicato da tradizioni religiose lontane [...] ma dallo stesso amore veterotestamentario, perché la morte del Messia scuote dalle fondamenta l'antico edificio, si distingue anche dall'amore concepito dai moderni solidarismi e dalle moderne filantropie, che hanno tuttavia origini confusamente cristiane. Se ne distingue proprio perché l'amore cristiano è, nella conformità alla croce, consapevole di dover scendere nella morte. (da ''La fede sepolta'', Adelphi, Milano, 1997, pp. 66-67)
*Si sente comunemente parlare di mito biblico, e persino di mito cristico; ma questo significa non percepire la lontananza e la drammatica opposizione fra il mito che è protologico, e la fede, che è invece escatologica, e quindi rivolta al futuro e non al passato. (da ''Mysterium iniquitatis'', Adelphi, Milano, 1995)
*[...] un confronto con i contenuti fondamentali della fede cristiana, così come sono rivelati nelle Sacre Scritture, risulta impossibile, per l'ovvio motivo che, misurata con il metro della sola ragione, la [[fede]] non può non risultare follia, proprio come, misurata con il metro della sola fede, è la [[ragione]] a risultare folle.<ref>Da ''Il metro della logica non misura la fede'', ''Corriere della Sera'', 19 dicembre 1995.</ref>
 
==''Radici ebraiche del moderno''==