Lucio Anneo Seneca: differenze tra le versioni

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*Di [[tempo]] non ne abbiamo poco, ne sprechiamo tanto. L'uomo grande non permette che gli si porti via neanche un minuto del tempo che gli appartiene.
*Dice [[Ecatone di Rodi|Ecatone]]: «Ti rivelerò un filtro amoroso, senza unguenti, senza erbe, senza formule magiche: se vuoi essere amato, ama». [...] <br>Certo qualcosa di simile all'amicizia è nell'[[amore]], che si potrebbe chiamare una folle amicizia. (lettera 9; 1975)
*Dicono che Cratere[[Cratete di Tebe|Cratete]], discepolo di quello Stilbone, da me menzionato nella precedente lettera, avendo visto un giovincello passeggiare in un luogo isolato, gli domandò che facesse lì solo. «Parlo con me» fu la risposta. E di rimando CratereCratete: «Sta' bene attento, te ne prego; tu parli con un cattivo soggetto». [...] <br>Chi è privo della saggezza non deve essere lasciato in balia di se stesso [...]. (lettera 10; 1975)
*Diverrò povero? Sarò con la maggioranza degli uomini. Andrò in esilio? Penserò di essere nato là, dove mi manderanno. Sarò messo in catene? E allora? Sono forse ora veramente libero? La natura mi ha già legato a questo grave peso del corpo. Morirò? Porrò cosi fine – dirai tu – alla possibilità di ammalarmi, di esser messo in catene, di morire. [...] Moriamo ogni giorno: ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo, la vita decresce. Abbiamo perduto l'infanzia, poi la fanciullezza, poi la giovinezza. Tutto il tempo trascorso fino a ieri è ormai perduto; anche questo giorno che stiamo vivendo lo dividiamo con la morte. Come la clessidra non è vuotata dall'ultima goccia d'acqua, ma da tutta quella defluita prima, così l'ora estrema, che mette fine alla nostra vita, non provoca da sola la morte, ma da sola la compie; noi vi giungiamo in quel momento, da tempo, però, vi siamo diretti. [...] «Non viene una sola volta la morte; quella che ci rapisce è solo l'ultima morte». [...] questa morte che tanto temiamo è l'ultima, non la sola. [...] la follia umana, è così grande, che alcuni sono spinti alla morte proprio dal timore della morte. [...] Ci chiediamo: «Fino a quando sempre le stesse cose? Svegliarsi e andare a dormire, mangiare ed aver fame, aver freddo e soffrire il caldo? Nessuna cosa finisce, ma tutte sono collegate in uno stesso giro: si fuggono e si inseguono. Il giorno è cacciato dalla notte, la notte dal giorno; l'estate ha fine con l'autunno, questo è incalzato dall'inverno, che a sua volta è chiuso dalla primavera: così tutto passa per tornare. Non faccio né vedo mai niente di nuovo. Ad un certo punto, di tutto questo si prova la nausea». Per molti la vita non è una cosa penosa, ma inutile. (lettera 24; 1975)
*È grande chi sa essere povero nella ricchezza. (20, 10)