Jonathan Safran Foer: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
 
* Ho riflettuto molto sulla nostra rigida ricerca, mi ha dimostrato come ogni cosa sia illuminata dalla luce del [[passato]]… dall'interno guarda l'esterno, come dici tu alla rovescia… in questo modo io sarò sempre lungo il fianco della tua vita e tu sarai sempre lungo il fianco della mia vita.
* Quella sera l'usuraio infamato Yankel D portò a casa la bambina. ''Eccoci qui,'' le disse, ''saliamo il gradino. Siamo arrivati. Questa è la tua porta. Ed ecco, questo che sto girando è il pomolo della tua porta. Ed ecco, qui è dove mettiamo le scarpe quando entriamo. E qui è dove appendiamo le giacche.'' Parlava come se lei potesse capirlo, mai in toni striduli o a monosillabi infantili, e assolutamente mai con parole senza senso. ''Questo è il latte che ti do da mangiare. Arriva dal lattaio Mordechai, di cui un giorno farai la conoscenza. Lui tira il latte da una mucca, cosa che se ci pensi è molto strana e inquietante, quindi non ci pensare... Questa è la mia mano che ti accarezza la faccia. Certe persone sono mancine, e altre sono destrorse. Noi non sappiamo ancora cosa sei tu, perché te ne stai semplicemente lì seduta e lasci che sia io a usare la mano... Questo è un bacio. È quello che succede quando si arricciano le labbra e si premono contro qualcosa, a volte altre labbra, a volte una guancia, a volte ancora qualcos'altro. Dipende... Questo è il mio [[cuore]]. Lo stai toccando con la mano sinistra non perché sei mancina, anche se potresti esserlo, ma perché sono io che la tengo contro il mio cuore. Quello che senti è il battito del mio cuore. È quello che mi tiene vivo.'' <br /> Fece un lettino con giornali accartocciati in una pentola fonda per cuocere il pane e lo infilò delicatamente nel forno in modo che la bambina non fosse disturbata dal rumore delle cascatelle. Lasciò aperto lo sportello del forno e restò seduto a guardarla per ore come si potrebbe guardare una pagnotta che lievita. (p. 55)
* ''Non sono [[tristezza|triste]], io,'' si ripeteva tante volte. ''Non sono triste,'' come se un giorno potesse riuscire a convincersi. O a gabbare se stesso. O a convincere gli altri – peggio di essere triste è solo quando gli altri sanno che sei triste. (p. 60)