Daisetsu Teitarō Suzuki: differenze tra le versioni

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*Il nostro primo scopo è sottrarci ai vincoli che gravano su tutti gli esseri finiti; ma se non spezziamo la catena stessa dell'ignoranza con cui siamo legati mani e piedi, dove potremo cercare la liberazione? E questa catena dell'ignoranza l'ha creata unicamente l'intelletto insieme alla febbre dei sensi che si attacca ad ogni nostro pensiero, ad ogni nostra sensazione.
*Tutto ciò che, ora sul piano intellettuale ed ora sul piano fisico, i maestri fanno liberalmente e con animo aperto per coloro che ad essi si rivolgono, è inteso a ripristinare lo stato dell'originaria libertà. E un tale stato mai lo si realizzerà per davvero prima che lo si esperimenti personalmente coi propri sforzi, fuor da ogni rappresentazione ideologica.
*La [[salvezza|salvazione]] va cercata nello stesso finito, non essendovi un infinito separato dalle cose finite.
*La vita quale la viviamo è una, anche se la facciamo a pezzi applicandovi senza scrupoli il bisturi dell'intelletto.
*La via della rintegrazione è sparsa di lagrime e di sangue. Ma non vi è altro modo di raggiungere le altezze conquistate dai grandi maestri; non si perviene alla verità dello Zen che impegnando tutte le energie della personalità. Il passaggio è pieno di cardi e di rovi e la parete da scalare è quanto mai infida. Non è un giuoco ma la cosa più seria di tutta una vita, un compito che uno spirito vano non deve mai osare di affrontare. Bisogna disporre di una incudine interna sulla quale il proprio carattere andrà sempre di nuovo martellato. Alla domanda: «Che cosa è lo Zen?» un maestro dette questa risposta: «Far bollire olio sulle fiamme». Dobbiamo passare attraverso questa esperienza del fuoco prima che lo Zen ci sorrida e ci dica: «Ecco la vostra casa».