Indro Montanelli: differenze tra le versioni

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*Al [[conformismo]] l'[[ironia]] fa più paura d'ogni [[argomentazione|argomentato ragionamento]].<ref>Da ''Contro Corrente'', Editoriale Nuova, 1978.</ref>
*[[Silvio Berlusconi|Berlusconi]] ha straordinarie qualità di imprenditore – coraggio, fantasia, forza di lavoro – che gli hanno valso il successo in tutti i campi in cui si è cimentato. Una sola cosa non gli riesce di fare, il presidente di una società di calcio.<ref>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/01/20/ora-montanelli-critica-berlusconi.html Ora Montanelli critica Berlusconi]'', ''la Repubblica'', 20 gennaio 1987.</ref>
*{{NDR|Su [[Aldo Moro]]}} Calvinista a rovescio, invece che nella predestinazione della [[grazia]], credeva in quella della [[disgrazia]].<ref>Citato in [[Roberto Gervaso]], ''Ve li racconto io'', Milano, Mondadori, 2006, pp. 310-311. ISBN 88-04-54931-9</ref>
*Certo, per un direttore di giornale, avere sottomano un [[Marco Travaglio|Travaglio]], che su qualsiasi protagonista, comprimario e figurante della vita politica italiana è pronto a fornirti su due piedi una istruttoria rifinita nel minimo dettaglio è un bel conforto. Ma anche una bella inquietudine. Il giorno in cui gli chiesi se in quel suo archivio, in cui non consente a nessuno di ficcare il naso, ci fosse anche un fascicolo intitolato al mio nome, Marco cambiò discorso.<ref>Dalla prefazione a Marco Travaglio, ''Il Pollaio delle Libertà'', Vallecchi, 1995.</ref>
*Chi di voi vorrà fare il [[giornalista]], si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore.<ref>Dalla lezione di giornalismo all'Università di Torino, 12 maggio 1997; citato in ''La Stampa'', 14 aprile 2009</ref>
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*Siamo un paese cattolico, che nella [[Provvidenza]] ci crede o almeno ne è affascinato. Il pericolo è questo: gli italiani sentendo aria di provvidenza sono sempre pronti a mettersi in fila speranzosi.<ref name=Provvidenza>Citato in ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/02/24/rivogliono-uomo-della-provvidenza.html?ref=search Rivogliono l'uomo della provvidenza]'', ''la Repubblica'', 24 febbraio 1994, p. 11.</ref>
*Sta arrivando l'uomo della provvidenza. E io, in vita mia, di questi personaggi ne ho già conosciuto uno. Mi è bastato. Per sempre.<ref name=Provvidenza></ref>
*Un italiano è un bel tipo, due italiani sono un litigio, tre italiani sono tre partiti politici.<ref> Dal programma televisivo ''La settimana di Montanelli'', Telemontecarlo, 26 febbraio 2000.</ref>
*Una cultura che perde i contatti col pubblico si sterilisce e muore. Questa è la verità. E la nostra cultura è assolutamente sterile. Noi culturalmente non contiamo più nulla nel mondo. Perché? Perché è chiusa in sé stessa, la cultura, ha perso i contatti col pubblico, con la vita. Non c'è più. Sono mummie. Non è più cultura: è mafia.<ref name="montecarlo" />
*{{NDR|Su [[Aldo Moro]]}} Un generale che, sfiduciato del proprio esercito, credeva che l'unico modo di combattere il nemico fosse quello di abbracciarlo.<ref>Citato in [[Roberto Gervaso]], ''Ve li racconto io'', Milano, Mondadori, 2006, p. 310. ISBN 88-04-54931-9</ref>
*Un giorno fui convocato a Palazzo Venezia, era il 1932 e avevo 23 anni, perché il duce voleva vedermi. Ero emozionatissimo, entrai e mi misi sull' attenti, e il duce che faceva finta di scrivere mi lasciò lì per un quarto d'ora e alla fine mi disse: "Ho letto il vostro articolo sul razzismo (avevo scritto un articolo contro il razzismo). Bravo, vi elogio. Il razzismo è roba da biondi (non si era accorto che ero biondo), continuate così. Sei anni dopo fece le leggi razziali. Perché questo era [[Benito Mussolini|Mussolini]], diceva una cosa e ne faceva un'altra, secondo il vento del momento. Non creava il vento, vi si accodava da buon italiano.<ref>Citato in Gianna Fregonara, ''[http://archiviostorico.corriere.it/2010/gennaio/24/Dal_balcone_Mussolini_bianco_sorriso_co_9_100124324.shtml Dal balcone di Mussolini al bianco sorriso di Belen]'', 24 gennaio 2010, p. 34.</ref>
*{{NDR|Su [[Giorgio La Pira]]}} Un pasticcione ben intenzionato che, nel nome del Signore, appoggia le peggiori cause appellandosi ai migliori sentimenti.<ref>Citato in [[Roberto Gervaso]], ''Ve li racconto io'', Milano, Mondadori, 2006, p. 236. ISBN 88-04-54931-9</ref>
{{intestazione|''La Storia d'Italia di Indro Montanelli'', regia di Enrico Zampini, a cura di Mario Cervi, ''Cecchi Gori'', Firenze, 1998}}
*Io dico che il silenzio mantenuto finora {{NDR|sui [[massacri delle foibe]]}}, o quasi silenzio, si spiega facilissimamente: tutta la storiografia italiana del dopoguerra era di sinistra, apparteneva all'intellighenzia di sinistra, la quale era completamente succuba del Partito comunista. Quindi non si poteva parlare delle foibe, che non appartenevano al comunismo italiano, ma appartenevano certamente al comunismo slavo, di cui però il comunismo italiano era alleato e faceva gli interessi. Quindi di questo non si poteva parlare, e non si poteva parlare delle stragi del triangolo della morte, perché anche queste ricadevano sulla coscienza, ammesso che ce ne sia una, del Partito comunista, il che sta a dimostrare quello che dicevo prima, cioè che la Resistenza non fu una resistenza, fu una guerra civile tra italiani che continuò anche dopo il 25 aprile, cioè il ritorno dell'Italia alla pace e alla normalità. Continuò anche allora; io mi ricordo che andai, volli andare, nel triangolo della morte, cioè fra Reggio Emilia, Modena, Parma eccetera. [...] Andai come giornalista, ma non soltanto come giornalista, per appurare com'era andata la strage dei conti Manzoni, dopo la fine della guerra. La strage dei conti Manzoni, che erano tutti miei amici che furono sterminati. Una famiglia di persone che col fascismo non aveva niente a che fare, ci aveva convissuto come tutti gli italiani. Bene, nessuno mi voleva parlare di questa faccenda. [...] Nessuno ne aveva parlato, né dei Carabinieri né della Polizia e tantomeno della magistratura, eppure lo sapevano. [...] C'era una complicità assoluta, una complicità dannata. [...] Se ne parla ora perché il Muro di Berlino è crollato, ma si ricordi che trent'anni fa, quando [[Renzo De Felice|De Felice]] annunziò di mettere allo studio il ventennio fascista per sapere com'era andata, fu proposta la sua estromissione dalla cattedra universitaria. Solo perché metteva allo studio un ventennio di storia italiana che, bella o brutta, c'era stata. [...] Non era possibile inquadrare storicamente il fascismo: chi lo faceva, cercando di spiegare i perché della sua durata ed anche i perché della sua catastrofe, veniva accusato di fascismo. (da ''Dalla Monarchia alla Repubblica'')