Vittorio Imbriani: differenze tra le versioni

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*Quel che indispone, è la maniera; quella non posso digerirla, per quanto graziose apparenze abbia. Quando lavorano di maniera, aborro del pari Raffaello ed il Camuccini. Proprio? Via, poniamoci un ''quasi'', quasi del pari.<br/>Nell'arte ci abbiamo la ingenua riproduzione del vero; ci abbiamo la creazione dell'Ideale; ci abbiamo la Maniera. Tre stadi, tre indirizzi.<br/>Il Vero, ancorché scelto male e senza criterio, ingenuamente riprodotto, piace sempre. Dal vero, scelto intelligentemente, studiato, sviscerato, può astrarsi lo ''ideale''. Ma per maniera s'intende un ideale di strapazzo e di convenzione; una figura eseguita, senza che le serva di sustrato una propria impressione naturale. (da ''Diaro romano, Galleria Rospigliosi, Sabato, 16. XII.{{sic|77}}, p. 118)
*Dopo il [[carnevale]], vien la quaresima; dopo lo scherzo, la riflessione. Sta bene di [[risata|ridere]], e sta bene anche di [[pensiero|pensare]]; perché ogni cosa al mondo ha due facce come Giano bifronte. Non vi ha nulla di più straziante che i soliti temi da [[commedia|{{sic|comedia}}]], purché si guardino sotto un dato aspetto; non vi ha nulla di più buffo che i soliti argomenti di [[tragedia]], se si considerano in un dato modo. (da ''La fama di [[Capri]], [[Adolfo Stahr|A. Stahr]] risponde'', p. 173)
*{{NDR|Il [[francobollo]]}} sta alla moneta, come la pittura alla scultura: la moneta è fra i segni espressivi del valore il ''classico'' ed il francobollo il ''romantico'' [...] (da ''Francobolli, medaglie, monete... , A proposito d'un libro: ''Essais de philosophie hégélienne'', par A. Vera, p. 180 )
*Felici! tre volte felici! cui nessuna linea, nessun colore offende l'occhio! nessuna vanità o sproposito la mente. Io v'invidio, come invidio al contadino i calli che gli permettono di abbrancar le ortiche senza pungersi; come invidio a certi palati di gustare l'acquavite senza rimanerci impiagati; come invidio i giudici di poter ascoltare certi legulei senza imbecillire! ''Invideo quia quiescunt'', diceva [[Martin Lutero|Lutero]] passeggiando tra le fosse di un camposanto! È un fatto, la delicatezza è un grande {{sic|incommodo}}, ed hanno ragione i babbi che chiamano viziosi i figliuoli quando questi non sanno risolversi a trangugiar la minestra in cui è caduta una mosca. Felici cui un organo speciale fa trovare tutto bello, tutto gustoso! (da ''Francobolli, medaglie, monete... , A proposito d'un libro: ''Essais de philosophie hégélienne'', par A. Vera, pp. 183-184 )
*{{sic|Or bene}}, in fatto di visibilità, appunto i [[denaro|Monumenti Numismatici]] hanno un vantaggio sugli architettonici, questi se ne stanno immobili, duri, saldi, che non li scuoterebbe il tremuoto, e quelli fanno il miracolo d'andarti a trovare sino in casa. (da ''Francobolli, medaglie, monete... , A proposito d'un libro: ''Essais de philosophie hégélienne'', par A. Vera, p. 188 )
*Gli eroi ed i ''fàcini'', i grandi uomini ed i gran fatti hanno due vite: l'una breve, univoca, effettiva nella materialità delle cose; l'altra inesauribile, immortale, ideale nella coscienza de' posteri: e quest'ultima è il mito, ed ha, ripetiamolo, più vicissitudini della prima, che sta lì immobile nella sua grettezza. Il doppio lavoro della fantasia e della critica è immenso, potentissimo.[...] L'objetto (eroe, fàcino) è il metallo prezioso che ogni secolo foggia diversamente nel mito: dal minerale informe si fondono verghe, s'intagliano coppe ornate di figurine; le coppe profane si distruggono da' devoti per formare de' brutti santi; i santi si manomettono da' bisognosi increduli per coniar marenghi; i marenghi si buttano nel crogiuolo dell'orafo per ricavarne pendagli e fermagli. Il valore intrinseco del metallo è sempre il medesimo, però quelle trasformazioni che lo adattano a' bisogni di ogni tempo quanto non importano! si può affermare che il vero pregio dell'oro consiste nella suscettibilità d'assumere quelle forme. (da ''Arte e morale, A proposito del centenario dantesco'', p. 195)
*Questo gran popolo artistico ch'è l'Italiano non è stato ancora capace di concepire l'[[Arte]] come Arte, tutt'Arte, null'altro che Arte; di ravvisare ed affermare che essa come ogni altra cosa al mondo, ha in {{sic|se}} medesima la propria necessità, le proprie determinazioni, la sua ragion d'essere. Anzi noi, affatto subjettivamente le presupponiamo e le apponiamo mille scopi e mille qualità estrinseche, contraddittorie, tali insomma che non possono ritrovarsi in nessun lavoro d'Arte; e se talvolta qualcuno vi dice che pur vi sono, e voi siate pur certi che non istanno nell'objetto, bensì nell'occhiale, come quel topolino che pensarono di scoprire nella luna e che in verità s'appiattava fra le lenti del telescopio. (''Arte e morale, A proposito del centenario dantesco'', p. 197)
*Tutto ciò che non è sentito, che non è spontaneo, che rinserra una contraddizione fra il contenuto e la forma, volere o non volere è [[comicità|comico]]. (da ''Arte e morale, A proposito del centenario dantesco'', p. 201)
*[[Dante Alighieri|Dante]] è tal poeta che non sarà mai popolare, né potrà mai destare entusiasmo nelle masse. La natura schiva del suo ingegno lo apparta, lo segrega, e se lo rende più caro a chi s'interna nelle latebre del suo carattere, fa sì però che pel volgo rimanga sempre un libro chiuso con sette suggelli. (da ''Arte e morale, A proposito del centenario dantesco'', pp. 201-202)
*Tutto ciò che serve a mantener viva la memoria del [[passato]], si vuol rispettare. I nomi delle strade, i monumenti, per quanto sia vergognoso il fatto che ricordano, vanno conservati con zelo. Le pazzie, le insanie, le vergogne, i delitti d'una nazione non vanno dimenticati neppure essi: ed oso affermare che il volerglieli far dimenticare, che il cancellarne le vestigia è pazzia, vergogna e delitto maggiore, è l'aprire più facile il varco a nuove pazzie, a vergogne nuove ad altri delitti. (da ''Toledo o Via Roma?'', p. 224)
*Epoca di pappagalli, sta bene il sapere come gli altri la pensano, ma sta bene anche di pensare un po' di quando in quando. Si [[lettura|legge]] tanto assai e si riflette tanto poco! siamo un po' come quei suoli i quali, sterili di per sé, non sanno produrre che la pianta che vi semini concimi ed annaffi ogni giorno. (da ''Mare piano'', p 230)
*[...] non è la pugna, non è la disfatta che si deplora, quando s'è avuto a fare con un nimico ma rompersi le corna contro un muro! Così accade al mare che batte e batte le immobili sponde. Così accade tante volte in [[amore]]: tu soffri, e non ti si bada; tu parli, e si pensa ad altro; tu deliri, e si passa oltre. Ed ogni tuo dire e fare e soffrire è indarno, non perché vi sia altri più gradito, non perché sii sgradito, ma perché ami un sasso. (da ''Crociata accademica'', p. 236)