Mina (cantante): differenze tra le versioni

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*Bisogna essere capaci di affondare lo sguardo nel profondo di quell'abisso smisurato che è il nostro cuore. Guardarci dentro, per accorgerci che quel mondo rovesciato di cui spesso ci lamentiamo è fatto anche dalle nostre piccole mostruosità. Siamo tutti complici di una catena di cedimenti, di trasgressioni, di colpe piccole e grandi. Esiste, quanto meno, una catena di bene non fatto, di amore non dato, di carità elusa, di grettezza sordida e quotidiana che si dilata dal nostro comportamento e crea una somma di iniquità che esce da noi e diventa una smisurata schifezza che inghiotte chi, meno di noi, sa costruire difese contro il suo terribile potere di invasività. E non ci rendiamo conto che dentro quella struttura sociale viviamo anche noi, con tutto il nostro "non bene" quotidiano. Nessuno è a priori salvo o libero dal male. (da ''Vanity Fair'', n. 32, 20 maggio 2004)
*C'è nell'aria una specie di atmosfera di guerra. L'Italia vive la complessità e la paura del rischio incombente di bancarotta. I problemi sociali ed economici incalzano e il modo sgangherato di reagire tra fantasiosi ottimismi e contagiosi pessimismi non aiuta il quotidiano obbligo di vivere o sopravvivere. Siamo assaliti, più del solito, dagli incubi della corruzione che sgretolano la nostra capacità di distinguere tra untori, contagiati e immuni. "E adesso il terremoto". Visto da lontano appare come la catastrofe che si insinua con troppa facilità nelle crepe dei nostri errori e nell'assenza di prevenzione. Poi, però, c'è il pianto disperato di uomini per la perdita di vite e cose sfracellate in pochi secondi. E questa diventa l'immagine che deve guidare i pensieri e i gesti da dedicare al terremoto, adesso. Al nostro fatalismo abbastanza proverbiale abbiamo sempre associato l'umanità, la generosità, la solidarietà. Ci serviremo tutti, ancora una volta, di questa attitudine per far diminuire le lacrime di un vecchio che dorme in una macchina o una tenda, su un prato, mai troppo lontano dalla porta d'ingresso della sua casa a chiedersi se almeno ciò che resta possa non crollare. (da ''Vanity Fair'', n. 24, 20 giugno 2012)
*{{NDR|Sul suicidio di "Davide", omosessuale di 15 anni che amava vestire di rosa, vittima del bullismo}} C'è un'età in cui la [[scherno|derisione]] si trasforma e perde ingenuità per acquisire il carattere della violenza. È l'età in cui le sovrastrutture ideologiche cominciano a bacare i pensieri di ex bambini profumati di neutralità. È sempre avvenuto che, con l'inizio della voglia di diventare grandi, ciascuno cominciasse ad abbuffarsi di preferenze, di convinzioni, di polemica, di tentativi di confronto. Prima del difficile parto di pensieri liberi e autonomi, l'essere "a favore" o "contro" è la prima attività in cui si misura il progredire del tempo dell'uomo. Fino alla generazione scorsa tutti i ragazzi erano obbligati al coraggio e alla vergogna della posizione presa. Oggi, l'accozzaglia casuale del "gruppo", spesso virtuale e telecomandato, fa sfogare la appartenenza nell'irrealtà dei social network. Sociale? Non si cerca uno schieramento, lo si trova. Non c'è più l'incognita del rossore delle guance e l'[[omofobia]] è facile come il maoismo, il nazismo, l'horror, il terrorismo, la destra e la sinistra. La responsabilità della scelta è talmente diluita da risultare alibi. La cattiveria moltiplicata per un numero ics di cattiverie senza faccia diventa miele. Gli effetti, anche quando sono raccapriccianti, vengono sminuiti facilmente. Non so cosa fare più che maledire i bulli, le sette dell'ignoranza, i pavidi, quelli che si spacciano per uomini veri, gli amanti dell'omologazione. (dalla rubrica [http://minapervoi.vanityfair.it/2012/12/03/eravamo-piu-civili-40-anni-fa/ "Mina per voi"], 3 dicembre 2012)
*{{NDR|Dopo il massacro alla Columbine High School di Denver}} C'è una legge del contrappasso che colpisce inesorabile. La violenza chiama la violenza; la bestialità sbandierata e giustificata, con tutto il suo armamentario tecnologico e militaresco, provoca altra bestialità. E [[Bill Clinton|Clinton]], con la sua bella e condivisa moralità sulla quale preferisco non tornare, mostra i muscoli al mondo intero, ma si ritrova in casa propria dei piccoli mostri. A furia di bollare [[Slobodan Milošević|Milošević]] come l'"[[Adolf Hitler|Hitler]] dei Balcani", gli americani non si sono accorti di avere nella propria pancia dei ragazzi ignoranti di ogni senso storico e umano, che giocano a fare i piccoli führer e sognano di liberarsi di tutta la feccia del mondo. Se non fosse per il rispetto sacrosanto per le vittime innocenti, mi verrebbe da dire che se la sono cercata, questa ennesima strage nelle scuole. Questa gioventù smidollata e criminale è la serpe tremenda che cova nel seno dello Stato che vorrebbe costruire un "nuovo ordine mondiale". (da ''Piccoli Führer crescono'', ''Liberal'', 6 maggio 1999)
*Chissà per quale strada [[Totò]] è riuscito ad arrivare nel mio cuore, nei nostri cuori. Il suo modo, non saprei adoperare la parola "mestiere" perché mi sembrerebbe addirittura riduttivo, il suo dono, la sua celestiale grazia, la sua classe infinita, il suo non essere mai volgare anche quando magari le battute lo erano, la sua faccia commovente da Cristo invecchiato, il timbro della sua voce, i suoi tempi comici inarrivabili, i suoi tempi tragici inarrivabili, tutto questo, pur se eccezionale, non può bastare per capire il suo successo inestinguibile. Ci deve essere proprio una specie di mistero, un miracolino, appunto. Sarà forse quella sua gestualità primordiale, quella mimica ancestrale, quel suo modo di essere diretto, che lo rende capace di conquistare tutti, anche i bambini che sono nati trent'anni dopo la sua scomparsa. Oppure la sua capacità di sollecitare ed elevare il "fanciullino" che risiede nel profondo di ogni essere umano. In ogni caso, Totò si rivela come una sorta di mago Merlino, che con le sue arti misteriose riesce a tirar fuori la parte migliore di noi. [...] Grazie, Totò. (da ''Vanity Fair'', n. 43, 2 novembre 2011)