Denis Diderot: differenze tra le versioni

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*7º I sostenitori del ''senso interno'' intendono per ''[[bellezza|bello]]'' l'idea che certi oggetti suscitano nella nostra anima e per ''senso interno del bello'' la facoltà che abbiamo di accogliere questa idea; osservano che gli animali hanno delle facoltà simili ai nostri sensi esterni, e che anzi le hanno qualche volta superiori alle nostre; ma che non ce n'è nessuno che mostri quello che intendiamo per ''senso interno''. Un essere, continuano, può dunque avere interamente la nostra medesima sensazione esterna, senza cogliere però le somiglianze e i rapporti tra gli oggetti; può anche discernere quelle somiglianze e quei rapporti senza sentirne un grande piacere; d'altra parte le pure e semplici idee della figura e delle forme, ecc., sono qualcosa di distinto dal piacere. Il piacere può trovarsi là dove le proporzioni non sono considerate né conosciute, e può mancare per quanta attenzione si rivolga all'ordine e alle proporzioni. Come chiameremo dunque questa facoltà che agisce in noi senza che sappiamo bene il perché? ''Senso interno''.<br />8º Questa denominazione è fondata sul rapporto tra la facoltà che essa designa e le altre facoltà. Tale rapporto consiste principalmente nel fatto che il piacere che ci fa provare il ''senso interno'' è differente dalla conoscenza dei princìpi. La conoscenza dei princìpi può accrescerlo o diminuirlo; ma questa conoscenza non si identifica con esso né è la sua causa. Questo senso dà un piacere necessario; poiché la ''bellezza'' e la ''bruttezza'' di un oggetto rimangono sempre le stesse per noi anche se abbiamo tutte le intenzioni di giudicare diversamente. Un oggetto sgradevole non ci può parere ''bello'' per il solo fatto che è utile; un bell'oggetto, anche se è nocivo, non per questo ci sembra ''brutto''. Prometteteci il mondo intero in ricompensa per costringerci a trovare bella la bruttezza e brutta la bellezza; aggiungete al premio le più terribili minacce, voi non porterete nessun cambiamento alle nostre percezioni e al giudizio del ''senso interno'': la nostra bocca potrà lodare o biasimare a vostro piacere; ma il ''senso interno'' rimarrà incorruttibile. (2001, pp. 18-20)
*[…] basta un solo fatto per abbattere un [[sistema]] […]. (''Il bello assoluto secondo Hutcheson e i suoi seguaci''; 2001, p. 34)
*''Bello'' è un termine che noi applichiamo a innumerevoli esseri; ma per quanta sia la differenza tra questi esseri, bisogna concludere o che noi facciamo una falsa applicazione del termine ''bello'', o che in tutti questi esseri c'è una qualità di cui il termine ''bello'' è il segno.<br />Questa qualità non può rientrare nel numero di quelle che costituiscono la loro differenza specifica; poiché in questo caso non ci sarebbe che un solo essere ''bello'', o tutt'al più una sola specie bella di esseri.<br />Ma fra le qualità comuni a tutti gli esseri che chiamiamo ''belli'', quale sceglieremo per identificare la cosa di cui il termine ''bello'' è il segno? Quale? È evidente, mi sembra, che dovrà essere quella la cui presenza li rende tutti ''belli''; la cui maggiore o minore intensità (se essa è suscettibile di maggiore o minore intensità) li rende più o meno ''belli''; la cui assenza rende impossibile che siano ''belli''; che non può cambiare natura senza che il ''bello'' cambi specie, e la cui qualità opposta renderebbe sgradevoli e brutti i più ''belli''; in una parola, quella grazie alla quale la ''bellezza'' comincia, aumenta, varia all'infinito, declina e scompare. Ora, non c'è che la nozione di ''rapporti'' che abbia questa virtù.<br />Chiamo dunque ''bello'' fuori di me tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti; e ''bello'' per me tutto ciò che risveglia quest'idea.<br />Quando dico ''tutto'', escludo però le qualità relative al gusto e all'odorato; benché queste qualità possano risvegliare in noi l'idea di rapporti, non si chiamano ''belli'' gli oggetti in cui esse risiedono, quando li si considera dal punto di vista di queste qualità. Diremo ''un cibo eccellente'', ''un odore delizioso'', ma non ''un bel cibo'', ''un bell'odore''. Dunque, quando diciamo ''questo è un bel pesce'', ''questa è una bella rosa'', consideriamo nella rosa e nel pesce qualità diverse da quelle relative ai sensi del gusto e dell'odorato.<br />Se faccio distinzione tra ''tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti'', e ''tutto ciò che risveglia questa idea'', è perché bisogna ben distinguere le forme che sono negli oggetti dalla nozione che io ne ho. Il mio intelletto non mette nulla nelle cose e non ne toglie nulla. Che io pensi o non pensi alla facciata del [[Museo del Louvre|Louvre]], tutte le parti che la compongono hanno ugualmente questa o quella forma e questa o quella rispondenza tra loro: che ci siano degli uomini o meno, essa è ''bella'' ugualmente, ma soltanto per possibili esseri costituiti di corpo e di spirito come noi; poiché per altri essa potrebbe non essere né ''bella'' né ''brutta'', o anzi essere ''brutta''. Ne consegue che, benché non ci sia un ''bello assoluto'', ci sono due specie di ''bello'' per noi, un ''bello reale'' e un ''bello percepito''. (2001, pp. 39-41)
*Le lingue le fa il popolo; al filosofo tocca scoprire l'origine delle cose; e ci sarebbe da stupirsi se i princìpi dell'uno non si trovassero spesso in contraddizione con la pratica dell'altro. (2001, p. 50)
*Collocate la ''bellezza'' nella percezione dei rapporti, e avrete la storia dei suoi progressi dall'origine del mondo fino ad oggi; scegliete qualsiasi altra qualità come carattere distintivo del ''bello'' in generale, e subito la vostra nozione si troverà ad essere concentrata in un punto dello spazio e del tempo. (2001, p. 52)