Pietro Anastasi: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Rispondendo a "Mai avuto problemi con altri calciatori per il fatto che veniva dal Sud?"}} Ogni tanto, durante le partite, qualcuno mi insultava a colpi di "terrone". Lo facevano più che altro per farmi innervosire. Io lo sapevo e tranquillamente gli rispondevo dicendogli: "Sarò pure terrone, ma guadagno più di te che sei un polentone".
*{{NDR|Rispondendo a "Dalla zona industriale di Catania alle grandi industrie del Nord. Come fu l'impatto?"}} All'inizio, ebbi qualche difficoltà. Ma poi grazie ai compagni di squadra mi riuscì ad adattare. Quello che mi colpì subito era la maggiore libertà dei giovani, soprattutto delle ragazze. Vedere tante donne uscire da sole la sera, per me che venivo dalla periferia catanese, era una novità.
* {{NDR|Riferito al trasferimento dal Varese alla Juventus}} Il presidente del Varese era Giovanni Borghi, imprenditore del settore degli elettrodomestici. Nell'estate del '68 dovevo andare all'Inter, che aveva un'opzione su di me. Nonostante l'affare non fosse stato ancora concluso, i nerazzurri mi vollero in squadra subito per una amichevole contro la Roma. Con il permesso del Varese, giocai e alla fine del primo tempo avevo già realizzato due gol. Tornato negli spogliatoi per l'intervallo, un fotografo che conoscevo mi disse: "Pietro, guarda che sei un giocatore della Juventus". [...] L'[[Gianni Agnelli|avvocato Agnelli]] mi voleva da mesi, da quando mi aveva visto segnare una tripletta proprio contro la Juve. Quando seppe che ero a un passo dall'Inter, chiamò Borghi e chiuse in fretta e furia la trattativa, aggiungendo [una] fornitura di motorini [per frigoriferi, ndr].
*{{NDR|Riferito al rapporto con i tifosi}} Io fui uno dei primi giocatori meridionali ad avere successo nel grande calcio. Il rapporto con la gente all'epoca era diretto, non c'erano le guardie del corpo a proteggere i calciatori. Quindi sentivo di essere diventato un modello, anche un motivo di speranza per tanti ragazzi che come me inseguivano i loro sogni partendo per il Nord.
 
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*{{NDR|Alla domanda "Da un punto di vista tattico, invece, si è sempre considerato un centravanti?"}} Ho spesso giocato con il [numero, ndr] nove, ma il centravanti non l'ho mai fatto. Mi piaceva allargarmi, spaziare, servire i compagni.
*{{NDR|Alla domanda "E il Varese com'è che la scova in Sicilia?"}} Per caso. Il Direttore Sportivo varesino Casati era al Cibali per assistere a Catania-Varese. Sarebbe dovuto ripartire con la squadra, ma lasciò il posto in aereo a una donna incinta. Il rinvio del volo di ritorno gli consentì di seguire il giorno dopo, sempre al Cibali, Massiminiana-Paternò. Anche se finì 0-0, mi vide e prese nota. Ero felice perché andavo in B a diciotto anni, avrei avuto una bella vetrina e qualche soldo in più. Ma avevo paura, perché andavo lontano per un'avventura che avrebbe potuto finire subito.
*{{NDR|Riferito all'impattoapprodo con lanella Juventus}} Il primo impatto con il mondo bianconero fu istruttivo. Era estate e andai in sede a incontrarmi per la prima volta con i nuovi dirigenti non pensando alla forma. Avevo una maglietta e un normale paio di pantaloni. Il presidente Catella mi disse: "La prossima volta si presenti in giacca e cravatta".
*{{NDR|Riferito all'esordio in maglia bianconera}} L'esordio fu eccezionale. A Bergamo, contro I'Atalanta, facciamo 3-3. Io segno una doppietta e uno dei due goal credo sia uno dei più belli realizzati con la Juve. Doppio pallonetto agli avversari e sinistro potente prima che la palla tocchi terra, tutto a grandissima velocità.
*{{NDR|Riferito al rapporto con l'allenatore Heriberto Herrera}} Un uomo molto rigido, maniacale. Incuteva timore, specie davanti alla bilancia. Dava multe a chi sgarrava con il peso. Ricordo che Haller e Piloni erano tra i più terrorizzati perché tendevano a ingrassare anche mangiando pochissimo. Durante uno dei primi allenamenti mi trattò malissimo davanti ai compagni. Stavamo facendo una seduta tattica, io non ero abituato a certi metodi. A un certo punto mi dice: "Basta, ''cono'' (stupido, ndr), vada fuori". Mi mandò via e fece entrare al mio posto Zigoni per farmi vedere come andava fatto il movimento. A me vennero le lacrime agli occhi dalla rabbia.
*{{NDR|Rispondendo a "E poi c'è la questione meridionale"}} Per i tanti lavoratori che venivano dal Sud e che si facevano il mazzo in fabbrica sono diventato un simbolo, anzi ero uno di loro, quello che aveva avuto la buona sorte di giocare a pallone. Ricordo che mi fermavano fuori dello stadio e mi dicevano di farmi valere anche per loro. Mi rendeva orgoglioso.
*{{NDR|Rispondendo a "Un po' dimenticato ([[Italo Allodi]], ndr]), vero?"}} Molto dimenticato, ma questo è il vecchio vizio del nostro mondo. Senza nulla togliere a [[Giampiero Boniperti|Boniperti]], Allodi ha avuto grandi meriti nella rinascita della Juve. Quando le cose non andavano bene o c'era da cementare il gruppo, lui organizzava delle cene, spesso con le famiglie. Una volta accadde dopo la papera di Carmignani contro il Cagliari (il numero uno bianconero si fece sfuggire di mano un pallone innocuo, ndr). Tutti a cena e lui che regala al portiere una pinza. Geniale.
*{{NDR|Riferito al rapporto con l'allenatore Armando Picchi}} Nell'anno a Varese, ero rimasto stupito dalla grinta, dalla lucidità di pensiero e dal grande carisma, oltre che dalle qualità umane. Trovarmelo come allenatore fu un piacere.
*{{NDR|Rispondendo a "Un po' dimenticato [Italo Allodi, ndr], vero?"}} Molto dimenticato, ma questo è il vecchio vizio del nostro mondo. Senza nulla togliere a [[Giampiero Boniperti|Boniperti]], Allodi ha avuto grandi meriti nella rinascita della Juve. Quando le cose non andavano bene o c'era da cementare il gruppo, lui organizzava delle cene, spesso con le famiglie. Una volta accadde dopo la papera di Carmignani contro il Cagliari (il numero uno bianconero si fece sfuggire di mano un pallone innocuo, ndr). Tutti a cena e lui che regala al portiere una pinza. Geniale.
*{{NDR|Rispondendo a "Le strategie di Allodi hanno funzionato, nel 1972 la Juve vince il campionato"}} Il mio primo scudetto, quello a cui sono più legato. Anche perché dopo la malattia che colpi Bettega e che lo tenne fuori per metà stagione, io mi sentii molto più responsabilizzato.
*{{NDR|Rispondendo a "L'anno dopo, stagione 1972-73, fate il bis"}} Vincemmo lo scudetto all'ultima giornata. La scossa vera ce la diede il Verona che stava battendo il Milan capolista. Anche noi a Roma eravamo sotto di un goal. Nell'intervallo, dentro lo spogliatoio, ci guardammo negli occhi. Nessun discorso, solo la consapevolezza che ce la potevamo fare. Anzi, che dovevamo farcela. Andò così, 2-1 per noi e alla fine altro tricolore.
*{{NDR|Rispondendo a "Il 1973 è anche l'anno della finale della Coppa dei Campioni persa dalla sua Juventus contro l'Ajax"}} Un gran peccato. Loro erano sicuramente più forti. Noi andammo in ritiro per troppo tempo. [...] Ma la cosa che ci fece più male fu vedere come loro trattarono la Coppa una volta saliti sul pullman. La buttarono lì, sui sedili, come fosse un trofeo qualsiasi.
*{{NDR|Riferito alla sua tripletta in Juventus vs Lazio, 27 aprile 1975}} ...quando mancano venti minuti alla fine, [[Carlo Parola|Parola]] mi dice di entrare al posto di [[Roberto Bettega|Bettega]]. In cinque minuti, dall'83' all'88', realizzo una tripletta. Nessun subentrante era mai riuscito nell'impresa prima [...] Il primo [gol, ndr] di destro in scivolata ad anticipare il difensore su cross basso dalla destra. Il secondo di sinistro al volo a mezza altezza su centro dalla sinistra. Il terzo dopo una traversa di Viola: sulla ribattuta colpisco il palo, la riprendo e segno. In quell'occasione, Felice Pulici fece come l'orso nei giochi della fiera: a ogni sparo, cambiava direzione, senza capirci più nulla.
*{{NDR|Riferito al rapporto con l'allenatore Carlo Parola}} Il primo scontro [...] ci fu nel dicembre 1974 in occasione della partita di Coppa UEFA in Olanda contro l'Ajax. Sono infortunato, lo certifica anche il nostro medico La Neve. Il tecnico mi dà del vigliacco, pensa che mi voglia risparmiare. Ma non è così. Morale della favola: sto fuori in campionato per tutto dicembre.
*{{NDR|Riferito alla sua tripletta in Juventus vs Lazio, 27 aprile 1975}} ...quando mancano venti minuti alla fine, Parola mi dice di entrare al posto di [[Roberto Bettega|Bettega]]. In cinque minuti, dall'83' all'88', realizzo una tripletta. Nessun subentrante era mai riuscito nell'impresa prima [...] Il primo [gol, ndr] di destro in scivolata ad anticipare il difensore su cross basso dalla destra. Il secondo di sinistro al volo a mezza altezza su centro dalla sinistra. Il terzo dopo una traversa di Viola: sulla ribattuta colpisco il palo, la riprendo e segno. In quell'occasione, Felice Pulici fece come l'orso nei giochi della fiera: a ogni sparo, cambiava direzione, senza capirci più nulla.
*{{NDR|Riferito alla rottura del rapporto con la Juventus}} Tutto inizia nell'intervallo di Lazio-Juventus del 7 marzo 1976. Era una giornata no per me, capitano partite dove non ti viene bene nulla. Chiesi di essere sostituito, pensavo che avrebbe fatto bene alla squadra. E così fu, al mio posto entrò Bobo Gori. Quel gesto fu mal interpretato da Parola, che mi mise in panchina per la successiva gara contro il Milan, dandomi gli ultimi venti minuti. La rottura vera si consumò la settimana dopo. Si gioca a Cesena e il mister mi rimette fuori. A quel punto chiedo spiegazioni, ero il capitano. Mi risponde male. Ed io lo mando a quel paese. La partita con il Cesena la vedo dalla tribuna. Quindi qualche giorno dopo sbotto e dico chiaro e tondo che con Parola non voglio più avere niente a che fare. Finisco "fuori rosa".
*{{NDR|Rispondendo a "Infine c'è l'Ascoli e soprattutto una data: 30 dicembre 1979"}} E chi se la scorda? Giochiamo a Torino contro la Juventus. Prima della partita mi viene a salutare l'avvocato Agnelli, un grandissimo onore per me[...] Io sono alla caccia del mio centesimo goal in Serie A. Sembra una maledizione, me ne hanno già annullati un paio nelle giornate precedenti. Dopo otto minuti batto [[Dino Zoff|Zoff]] con un colpo di testa e tutto il Comunale mi applaude. Come se non fossi mai andato via.
*{{NDR|Riferito alla sua militanza nell'Inter}} Due campionati così così, ma [...] conquistammo la Coppa Italia. C'è gente che è stata molti anni più di me in nerazzurro senza vincere nulla.
*{{NDR|Rispondendo a "Infine c'è l'Ascoli e soprattutto una data: 30 dicembre 1979"}} E chi se la scorda? Giochiamo a Torino contro la Juventus. Prima della partita mi viene a salutare l'avvocato Agnelli, un grandissimo onore per me. Io sono alla caccia del mio centesimo goal in Serie A. Sembra una maledizione, me ne hanno già annullati un paio nelle giornate precedenti. Dopo otto minuti batto Zoff con un colpo di testa e tutto il Comunale mi applaude. Come se non fossi mai andato via.
*{{NDR|Riferito al debutto in Nazionale A, Italia vs Jugoslavia, 8 giugno 1968, finale del campionato d'Europa}} Eravamo nello spogliatoio, mi chiama [[Ferruccio Valcareggi|Valcareggi]] e mi fa: "Picciotto, tocca a te!" E non aggiunge altro.
*{{NDR|Rispondendo a "Chiudiamo la parentesi azzurra con il suo forfait al Mondiale di Messico 1970"}} È ancora oggi uno dei miei più grandi rimpianti. E tutto per una sciocchezza. Stavo scherzando con il nostro massaggiatore [...]. A un certo punto lui, spazientito e dopo avermi detto già diverse volte di smetterla, mi dà un colpo con il dorso della mano e mi colpisce ai testicoli. Dolore immediato, ma la cosa finisce lì. Durante la notte, ero in camera con [[Giuseppe Furino|Furino]], non ce la faccio più dal dolore, mentre il testicolo colpito si è gonfiato paurosamente. Il Dottor Fini mi dà un calmante, ma dobbiamo andare di corsa in ospedale. La situazione è grave, posso correre il rischio di un'amputazione se non mi operano all'istante per assorbire il versamento interno. Eravamo alla vigilia della partenza per il Messico. Non ce la potevo fare. Ma lì la combinarono grossa, chiamando al mio posto due attaccanti, Boninsegna e Prati e mandando via Lodetti che ancora mi maledice.