George Steiner: differenze tra le versioni

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==Citazioni di George Steiner==
*Heidegger è il grande maestro della meraviglia, l'uomo il cui stupore di fronte al semplice fatto che noi siamo invece di non essere ha posto un luminoso ostacolo sul sentiero dell'ovvio. (da ''Heidegger'')
*Uccidendo i suoi [[ebrei]], l'Europa si è suicidata. (dal discorso al convegno di ''European Judaism'', Amsterdam, 1969<ref name=Riem>Citato in Riemen, prologo a Steiner 2006, pp. 17 sgg.</ref>)
*Quelle speranze sempre rinnovate ci conducono alla ''dignitas'' della persona umana, al suo approdo alla parte migliore di sé. (da ''Lezione dei maestri''<ref name=Riem/><ref>Secondo [[Rob Riemen]] «Steiner riassume in un'unica frase l'essenza dell'educazione e della cultura liberali».</ref>)
*Invitare gli altri al significato.<ref name=Riem/>
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*È impazienza. Impazienza. Ecco cos'è il socialismo. Una furia dell'adesso. (il Professore: cap. VIII, p. 46)
*E cosa lasciò Cristo alla sua piccola mafia? Un tesoro d'impazienza. Bramavano la fine dei tempi come cani che muoiono di sete. [...] La storia non aveva chiuso bottega. E ci siamo ritrovati nell'implacabile routine di sempre. A quel punto la Chiesa ordinò la pazienza, pazienza e ancora pazienza, e distribuì i calmanti. [...] Non c'è niente che Roma abbia temuto più dell'impazienza. Il suo regno non è di questo mondo. C'è mai stato un manifesto politico più abile? Rispondi, Professore. (cap. VIII, pp. 46 sg.)
*Cosa diavolo può sperare un ricco? Perché tormentarti con la speranza quando hai la pancia piena? E questo che fa di ogni vittima un ebreo, un vero ebreo. Il progenitore degli autentici eletti non è [[Abramo (patriarca)|Abramo]], che era miliardario. Non discendiamo da Giobbe, che raddoppiò i suoi beni. Siamo figli di Agar. Ci siamo cibati di sassi e le vespe hanno cantato per noi. Non può esistere un comunista, un vero socialista che non sia, in fondo, un ebreo. [...] C'erano [[ebrei]] che vedevano più in fondo alle cose e capirono che il Messia non sarebbe mai venuto. Mai. O piuttosto che il Messia era un uomo anche lui. Che la rivelazione e i grandi venti a venire erano quelli della nostra storia. Che gli uomini e le donne ordinari non avevano neppure cominciato ad essere se stessi. [...] Uomini e donne, creature della ragione, custodi di questa terra: sì, c'è un Messia, e una [[Gerusalemme]]. Ma non dopo il nostro funerale e non fatti di nubi rosee. E ci sono leggi, ma non sono quelle eruttate da qualche vulcano nel Sinai. Ci sono le leggi della storia, e della scienza, e della domanda e dell'offerta. (il Professore: cap. VIII, pp. 50 sg.)
*Hai ragione, perché trasformare l'acqua in vino? Un trucco da baraccone, sono d'accordo. Quando puoi trasformare il sangue e il sudore dell'uomo in oro e ferro. [...] Nel cuore del comunismo c'è la menzogna. La menzogna centrale, assiomatica: un regno di giustizia, una fratellanza senza classi, una liberazione dalla servitù qui e ora. In questo mondo. È questa la grande menzogna. La corruzione e il tradimento sistematici della speranza umana. (Carlo: cap. VIII, pp. 54 sg.)
*Il marxismo ha reso all'uomo il massimo onore. La visione di Mosè e di Gesù e di Marx, la visione di una terra giusta, di un amore per il prossimo, di un'universalità, l'abolizione delle barriere fra paesi, classi, razze, l'abolizione degli odi tribali: questa visione era – siamo rimasti d'accordo su questo, vero? – un'immensa impazienza. Ma era anche qualcosa di più. Era una sopravvalutazione dell'uomo. Una sopravvalutazione forse fatale, forse insensata, eppure magnifica, giubilante, dell'uomo. Il più grande complimento che gli sia mai stato fatto. La Chiesa ha ostentato un disprezzo tremendo per l'uomo. L'uomo è una creatura caduta dalla grazia, condannata a trascorrere la sua sentenza a vita lavorando col sudore della fronte. Polvere alla polvere. (il Professore: cap. VIII, p. 57)
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*In senso stretto, la tragedia assoluta è il ''modo performativo della disperazione''. (da ''La tragedia assoluta'': p. 84)
*Il ''[[carisma]]'' potrebbe essere definito come un «sogno premonitore» così potente che può suscitare sogni analoghi in altri – e poi dal gruppo sociale. (da ''La storicità dei sogni'': p. 124)
*Adesso, in un modo profondamente commovente, c'è gente in America che dice: non vogliamo più quella discussione tremenda sulla doppia lealtà, sul fatto che ogni [[ebrei|ebreo]] ha la consapevolezza traditrice di essere ebreo prima che americano. Eppure quel fantasma continua a ossessionarci. È inerente alla natura stessa dell'identità di un popolo che rivendica di essere una razza ma non una razza, una nazione ma non una nazione, di avere una vocazione religiosa quando questa vocazione non ha più senso per la maggioranza secolare. (da ''Totem o tabù'': p. 147)
*Avete mai notato il panico che sorge nella vostra anima civilizzata, quell'impressione che ci sia qualcosa di atrocemente sbagliato, che la vostra stessa identità venga fatta a pezzi? L'autonomia potrebbe essere la forma naturale del gruppo sociale identitario, e quelli che vorrebbero fidarsi degli altri lo fanno forse in nome di una visione trascendente della giustizia, della speranza, dell'equità verso gli altri uomini, ma stanno forse affrettando un processo molto complesso. Non lo sappiamo. Gli esseri umani tendono a frequentare quelli del loro gruppo. Non tutti. Non le eccezioni. Ma la maggior parte di loro. (da ''Totem o tabù'': p. 149)
*Nessuna sinagoga, nessuna ''ecclesia'' può contenere Abramo quando procede, in muto tormento, verso il suo appuntamento con l'Eterno. (da ''Su [[Søren Kierkegaard|Kierkegaard]]'': p. 174)
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*Il pensiero assoluto è antisociale, antigregario, forse autistico. È una lebbra che cerca l'isolamento. (da ''Gli archivi dell'Eden'': p. 213)
*L'intellettuale non ha scelta, salvo fra essere sé stesso o tradire sé stesso. Se pensa che la «felicità», come appare nelle definizioni fondamentali della teoria e della pratica dell'''American way of life'', sia preferibile, se non sospetta che la «felicità» in quasi tutte le sue forme sia il dispotismo dell'ordinario, del volgare, ha sbagliato mestiere. Queste cose sono organizzate meglio nel mondo del despota. Gli artisti, i pensatori, gli scrittori ricevono il tributo irremovibile dell'attenzione e della repressione politiche. Il KGB e lo scrittore serio sono pienamente d'accordo perché sano entrambi – anche perché ''agiscono entrambi in funzione di questa conoscenza'' – che una poesia (quando [[Boris Pasternak|Pasternak]] citò il primo verso di un sonetto di Shakespeare alla presenza di uno Ždanov inviperito, per esempio), un romanzo, una scena di tragedia possono essere la centrale energetica degli affari umani, che niente è più carico di detonatori di sogni e di azioni che la parola, e soprattutto la parola che si conosce a memoria. [...] Imprigionare un uomo perché cita ''Riccardo III'' durante le purghe del 1937, arrestarlo a Praga perché tiene un seminario su [[Immanuel Kant|Kant]], significa valutare esattamente l'importanza della grande letteratura e della grande filosofia. Significa onorare perversamente, ma cionondimeno onorare, l'ossessione della verità. <br /> Quale testo, quale dipinto, quale sinfonia potrebbe scuotere l'edificio della politica americana? Quale atto di pensiero astratto ha qualche influenza? Chi ''se ne cura''? (da ''Gli archivi dell'Eden'': p. 218)
*Visto in modo rigoroso, il destino del [[ebraismo|giudaismo]] è un poscritto alle penali del contratto con Dio (anche qui, i passi in corpo piccolo). (da ''La nostra terra, il testo'': p. 228)
*La presenza ebraica, spesso impressionante, nella matematica moderna, in fisica, nella teoria economica e sociale, nasce direttamente da quella astinenza dall'approssimazione e dall'effimero che caratterizza l'ethos del chierico. (da ''La nostra terra, il testo'': p. 237)
*Per due millenni la dignità dell'[[ebrei|ebreo]] ha consistito nell'essere ''troppo debole'' per trasformare altri uomini in profughi altrettanto infelici di sé stesso. (da ''La nostra terra, il testo'': p. 242)
*Siamo un popolo insaziabilmente avido di storia, di conoscenza in movimento. [...] In cuor suo, l'[[ebrei|ebreo]] non può accettare la fine della storia, l'esclusione dell'ignoto, l'eterna immobilità e noia della salvezza che accompagnerebbero l'era messianica. Nel negare lo statuto messianico di Gesù, nel sovvertire la fede dei primi cristiani nell'imminenza del momento escatologico, l'ebreo esprimeva il genio di irrequietezza così centrale nella sua psiche. Noi eravamo e rimaniamo nomadi attraverso il tempo. [...] Non saremo mai in grado di «pensare la Shoah» – ne sono convinto – sia pure in modo inadeguato, se ne separiamo la genesi e l'enormità radicale dalle origini teologiche. In particolare, non capiremo mai la psicosi persistente del cristianesimo, che è quella dell'odio per gli ebrei (persino in luoghi dove non ci sono più ebrei o quasi), a meno di riuscire a discernere in quella patologia dinamica le ferite mai chiuse lasciate dal «no» degli ebrei al Messia crocifisso. È a queste cicatrici non rimarginate o stimmate che possiamo applicare, secondo u significato tremendo, l'imposizione di Kierkegaard di lasciare aperte le «ferite della possibilità». (da ''Attraverso quello specchio, oscuramente'': p. 252-5)
*Il marxismo è essenzialmente un giudaismo che ha perso la pazienza. Il Messia ci ha messo troppo a venire, o piuttosto a non venire. Il regno della giustizia deve essere instaurato dall'uomo stesso, su questa terra, qui e ora. (da ''Attraverso quello specchio, oscuramente'': p. 259)
*Chi odiamo più dell'essere che ci richiede un sacrificio, un'abnegazione, una compassione, un amore disinteressato che ci sentiamo incapaci di offrire ma la cui validità riconosciamo e proviamo tuttavia nei precordi? Chi desidereremmo annientare più dell'essere che insiste nel metterci sotto il naso le illusorie potenzialità della trascendenza? (da ''Attraverso quello specchio, oscuramente'': p. 260)
*Quando le fantasie della religione e la loro perversione affine toccano le pulsioni dell'inconscio, il mostruoso non è distante. (da ''Attraverso quello specchio, oscuramente'': p. 261)
*Gli [[ebrei]] sono costretti a contemplare, se non ad accettare o a razionalizzare, l'atroce paradosso della ''loro colpevolezza innocente'', il fatto che sono stati loro a rappresentare nella storia occidentale l'occasione, la possibilità ricorrente per il gentile di diventare meno che umano. (da ''Attraverso quello specchio, oscuramente'': p. 265)
*Due morti hanno plasmato in gran parte la sensibilità occidentale. Due casi di pena capitale, di omicidio giudiziario determinano i nostri riflessi religiosi, filosofici e politici. Sono due morti a governare la percezione metafisica e politica che abbiamo noi stessi: quella di Socrate e quella di Cristo. Siamo tuttora figli di quelle morti. (da ''Due galli'': p. 281)
*Sono stati l'accademismo rarefatto di [[Platone]], l'istituzionalizzazione dell'insegnamento metafisico, la nuova definizione, in parte sofistica in parte scientifica, del filosofo e dialettico come specialista accademico dopo Socrate, a permettere il commercio opportunistico e istrionico fra intelletto e potere. (da ''Due galli'': p. 300)
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<references/>
 
== Bibliografia ==
*George Steiner, ''Dopo Babele: Il linguaggio e la rtaduzione'', traduzione di Ruggero Bianchi, Sansoni Editore, 1984. ISBN
*George Steiner, ''Il correttore'' (''Proofs'', 1992), traduzione di Claude Béguin, Garzanti, 1992. ISBN 8811657105
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==Altri progetti==
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