Ospedale psichiatrico: differenze tra le versioni

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*Quelli che sono ammessi in un ospedale psichiatrico, lo sono non tanto perché sono malati, quanto perché protestano in modo più o meno adeguato contro l'ordine sociale. Il sistema sociale in cui vengono presi rinforza così i misfatti prodotti dal sistema familiare nel quale sono cresciuti. Questa autonomia che cercano di affermare nei riguardi d'una microsocietà agisce come rivelatore di un'alienazione massiccia esercitata da tutta quanta la società. ([[David Cooper]])
 
===[[Franco BasagliaBascaglia]]===
*L'istituzione manicomiale ha in sé, nel suo carattere violento coercitivo discriminante, una più nascosta funzione sociale e politica: il malato mentale, ricoverato e distrutto nei nostri manicomi, non si rivela soltanto l'oggetto della violenza di un'istituzione deputata a difendere i sani dalla follia; né soltanto l'oggetto della violenza di una società che rifiuta la malattia mentale; ma è insieme, il povero, il diseredato che, proprio in quanto privo di forza contrattuale da opporre a queste violenze, cade definitivamente in balia dell'istituto deputato a controllarlo. Di fronte a questa presa di coscienza, ogni discorso puramente tecnico si ferma. Che significato può avere costruire una nuova ideologia scientifica in campo psichiatrico se, esaminando la malattia, si continua a cozzare contro il carattere classista della scienza che dovrebbe studiarla e guarirla? L'irrecuperabilità del malato è spesso implicita nella natura del luogo che lo ospita. Ma questa natura non dipende direttamente dalla malattia: la recuperabilità ha un prezzo, spesso molto alto, ed è quindi un fatto economico-sociale più che tecnico-scientifico.
*Quando entrai per la prima volta in una prigione, ero studente in medicina. Lottavo contro il fascismo e fui incarcerato. Mi ricordo della situazione allucinante che mi trovai a vivere. Era l'ora in cui venivano portati fuori i buglioli dalle varie celle. Vi era un odore terribile, un odore di morte. Mi ricordo di aver avuto la sensazione di essere in una sala di anatomia dove si dissezionano i cadaveri. Quattro o cinque anni dopo la laurea, divenni direttore di un manicomio e, quando entrai là per la prima volta, sentii quella medesima sensazione. Non vi era l'odore di merda, ma vi era un odore simbolico di merda. Mi trovai in una situazione analoga, una intenzione ferma di distruggere quella istituzione. Non era un problema personale, era la certezza che l'istituzione era completamente assurda, che serviva solamente allo psichiatra che lì lavorava per percepire lo stipendio alla fine del mese.