L'idiota: differenze tra le versioni

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==Citazioni==
*Secondo me, uccidere perché si è ucciso rappresenta una punizione incomparabilmente più terribile dello stesso delitto commesso. Venire [[pena di morte|giustiziato]] in base ad un verdetto è molto più terribile che venire ucciso da briganti. (Myskin: 1998, p. 47)
:"Questo c'è di buono", notò, "che non si soffre a lungo quando la testa viene troncata."<br> "Così dicono tutti, e perciò hanno inventato quella così detta ghigliottina. A me invece balenò allora il sospetto: e se invece è quello il colmo della sofferenza? Questo vi parrà strano, vi farà ridere… eppure… Prendiamo, per esempio, la tortura: strazio, piaghe, scricchiolio di ossa, dolore materiale insomma, che distrae la vittima dalle sofferenze morali, fino a che non venga la morte. Ma il dolore principale, il più forte, non è già quello delle ferite; è invece la certezza, che fra un'ora, poi fra dieci minuti, poi fra mezzo minuto, poi ora, subito, l'anima si staccherà dal corpo, e che tu, uomo, cesserai irrevocabilmente di essere un uomo. Questa certezza è spaventosa. Tu metti la testa sotto la mannaia, senti strisciare il ferro, e quel quarto di secondo è più atroce di qualunque agonia. Questa non è una mia fantasia: moltissimi ci sono che pensano come me. E ve ne dico anche un'altra. Uccidere chi ha ucciso è, secondo me, un castigo non proporzionato al delitto. L'assassinio legale è assai più spaventoso di quello perpetrato da un brigante. La vittima del brigante è assalita di notte, in un bosco, con questa o quell'arma; e sempre spera, fino all'ultimo, di potersi salvare. Si sono dati casi, in cui l'assalito, anche con la gola tagliata, è riuscito a fuggire, ovvero, supplicando, ha ottenuto grazia dai suoi assalitori. Ma con la legalità, quest'ultima speranza, che attenua lo spavento della morte, ve la tolgono con una certezza matematica, spietata. Attaccate un soldato alla bocca di un cannone, e accostatevi con la miccia: chi sa! Penserà il disgraziato, tutto è possibile… Ma leggetegli la sentenza di morte, e lo vedrete piangere o impazzire. Chi ha mai detto che la natura umana può sopportare un tal colpo senza perdere la ragione? A che dunque questa pena mostruosa e inutile? Un solo uomo potrebbe chiarire il punto; un uomo cui abbiamo letto la sentenza di morte, e poi detto:"Va', ti è fatta la grazia!". Di un tal strazio anche Cristo ha parlato… No, no, è inumana la pena, è selvaggia e non può né deve essere lecito applicarla all'uomo". (Myskin: II, 2; 1995)
*"Ma sarà meglio parlarvi di un altro individuo, che conobbi or fa un anno. C'era, nel suo caso, una circostanza strana: dico strana, perché rara. Era stato condannato, insieme con altri, alla fucilazione. Per non so che delitto politico, doveva essere giustiziato. Gli fu letta la sentenza di morte. Se non che, venti minuti dopo, arrivò la grazia, cioè la commutazione della pena. Nondimeno, durante quei venti o quindici minuti, egli visse nella ferma convinzione che di lì a poco sarebbe morto. [...] E così egli distribuì il suo tempo: due minuti per dire addio ai compagni, due altri per raccogliersi e pensare a sé, un minuto per dare un'occhiata intorno. Aveva ventisette anni; era sano e robusto. Accomiatandosi da uno dei compagni, si ricordava di aver fatto una domanda insignificante e di averne aspettato con interesse la risposta. Agli addii successero i due minuti di raccoglimento. Sapeva già a che cosa avrebbe pensato: "Adesso sono vivo; ma fra tre minuti, che sarò? Qualcuno o qualche cosa, e dove?". Non lontano sorgeva una chiesa, e la cupola dorata splendeva nel sole. Aveva guardato fisso a quella cupola: gli pareva che quei raggi ripercossi fossero la sua nuova natura e che fra tre minuti egli si sarebbe con essi confuso. L'ignoto che lo attendeva era certamente terribile; ma più assai l'atterriva l'assiduo pensiero: "E se non morissi? se la vita continuasse?... che eternità! e tutta, tutta a mia disposizione... Oh allora, di ogni minuto io farei una esistenza e non un solo ne perderei!" Questo pensiero a tal segno lo invadeva, che avrebbe voluto esser fucilato all'istante."<br> [...] "Siete un po' saltuario, principe", osservò Aleksandra. "Che volete provare, insomma? che ogni attimo della vita è prezioso, e che a volte cinque minuti valgono più di un tesoro? E sia, ammettiamolo pure... Ma, scusate, a quel vostro amico che vi contava i suoi spasimi gli commutarono la pena, non è così?... In altri termini, secondo lui e secondo voi, gli fecero dono di una vita senza fine, di un tesoro. E che ne fece egli di questo tesoro? tenne poi conto scrupoloso di ogni minuto?"<br> "Nient'affatto! Glielo domandai una volta, e mi confessò di averne perduti molti."<br> "Cosí abbiamo una prova che utilizzare tutti, tutti i minuti della vita è impossibile... Per una ragione o per l'altra, fatto sta che non è possibile." (II, 5; 1995)<!-- 1998, pp. 94-96-->
*A un ragazzo si può dire tutto, assolutamente tutto, e spesso mi veniva da pensare quanto poco i grandi, perfino gli stessi genitori, conoscano i bambini. Non bisogna mai nascondere nulla ai [[Bambino|bambini]] con il pretesto che sono piccoli e che è ancora presto perché sappiano certe cose. Che idea triste e infausta! Gli stessi bambini si rendono benissimo conto del fatto che i loro genitori li considerano ancora troppo piccoli per capire qualcosa, mentre loro capiscono tutto. I grandi non sanno che, perfino sulle questioni più difficili, un bambino è in grado di dare un consiglio assolutamente serio. Dio mio, ma quando uno di quegli uccellini vi fissa con uno sguardo così felice e fiducioso, come non provare vergogna a ingannarlo? Li chiamo uccellini perché, secondo me, al mondo non c'è nulla di meglio degli uccellini. [...] L'anima si risana grazie al contatto con i bambini... (1998, pp. 103-104)
*Oh, sì che è notevole; lei è una vera bellezza, Aglàja Ivànovna, una bellezza straordinaria. Lei è così bella che si ha addirittura paura di guardarla. [...] È difficile valutare la [[bellezza]], e io non ci sono preparato. La bellezza è un enigma. (Myskin: 1998, p. 115)
:Voi siete straordinariamente bella, Aglaja Ivanovna. Siete tanto bella che si ha paura a guardarvi. [...] È difficile giudicare la [[bellezza]]; non vi sono ancora preparato. La bellezza è un enigma. (Myskin: I, 7; 1995)
*Con una simile bellezza si può rovesciare il mondo! (Adelaìda guardando un ritratto di Natasja Filippovna: 1998, p. 119)
*Forse egli esagerava oltre ogni limite l'infelicità della propria situazione, ma alle persone [[Vanità|vanitose]] succede sempre così. (1998, p. 150)
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*[[Delitto|Delitti]] assurdi? Ma io le assicuro che delitti come questi, e forse ancor più spaventosi, ne venivano commessi anche prima, e sempre ne sono stati commessi, e non solo da noi, ma dovunque, e, secondo me, fatti del genere si ripeteranno ancora per molto tempo. La differenza sta nel fatto che da noi prima c'era meno trasparenza, mentre ora di queste cose se ne parla ad alta voce e anche se ne scrive, e per questo può sembrare che delinquenti di questo genere siano comparsi da noi soltanto adesso. (Principe Šč: 1998, p. 426)
*Ci sono criminali ancora più feroci di quello di cui stiamo parlando, gente che ha ucciso dieci persone e non se ne pente affatto. Ma ecco che cosa ho osservato in quelle occasioni: anche l'[[assassino]] più inveterato e più impenitente sa comunque di essere un ''criminale'', cioè ritiene in coscienza di aver agito male, anche se non prova nessun pentimento. E così la pensa ognuno di loro; ma quelli invece di cui parlava Evgènij Pàvlyč non intendono affatto considerarsi dei criminali, e pensano invece, dentro di loro, che ne avevano il diritto... e perfino che hanno agito bene, o poco ci manca. (Myskin: 1998, p. 426)
:Vi sono delinquenti terribili, che hanno ucciso finanche dieci persone e non se ne pentono affatto. Ma ecco che cosa ho notato: anche l'assassino più incallito ed immune dai rimorsi sa tuttavia di essere un delinquente, cioè reputa in coscienza d'aver agito male, pur non conoscendo resipiscenza alcuna. Questi, invece, non vogliono nemmeno considerarsi delinquenti, e pensano invece, nel loro intimo, di aver avuto ragione, di averne avuto il diritto... e persino che hanno agito bene, o poco ci manca. (Myskin: 3, II; 1995)
*Ogni fatto reale, per quanto obbedisca a proprie, immutabili leggi, ci appare quasi sempre incredibile e inverosimile. E quanto più è reale, tanto più talora ci appare inverosimile. (Lèbedev: 1998, p. 472)
*"È vero, principe, che lei una volta ha detto che la '[[bellezza]]' salverà il mondo? State a sentire, signori," gridò ad alta voce, rivolgendosi a tutti, "il principe sostiene che la bellezza salverà il mondo! E io sostengo che questi giocondi pensieri gli vengono in testa perché è innamorato. Signori, il principe è innamorato [...] Ma quale bellezza salverà il mondo? (Ippolìt: 1998, p. 479)
:"È vero, principe, che lei una volta ha detto che la '[[bellezza]]' salverà il mondo? State a sentire, signori," esclamò con voce stentorea, rivolgendosi a tutti, "il principe sostiene che il mondo sarà salvato dalla bellezza! E io sostengo che questi pensieri gioiosi gli vengono in testa perché è innamorato. Signori, il principe è innamorato [...] Ma quale bellezza salverà il mondo?...". (Ippolìt: III, 5; 1995)
*Potete star sicuri che [[Cristoforo Colombo|Colombo]] era felice non nel momento in cui [[scoperta|scoprì]] l'America, bensì quando era in viaggio per scoprirla; potete star sicuri che il momento della sua massima felicità fu forse quando, proprio tre giorni prima della scoperta del Nuovo Mondo, l'equipaggio disperato si ribellò, e per poco non lo costrinse a volgere indietro, verso l'Europa, la prua del vascello! L'importante non era quel Nuovo Mondo, che magari poteva anche inabissarsi. Colombo infatti morì senza quasi averlo visto, e in pratica senza sapere che cosa aveva scoperto. L'importante sta nella [[vita]], soltanto nella vita, nel processo della sua scoperta, in questo processo continuo e ininterrotto, e non nella scoperta stessa! [...] Tuttavia, voglio aggiungere che in ogni [[idea]] nuova o geniale concepita da un uomo, o anche semplicemente in ogni idea seria germogliata nella mente di qualcuno, resta sempre qualcosa che è assolutamente impossibile trasmettere agli altri uomini, anche se si scrivessero interi volumi e si impiegassero magari trentacinque anni nel tentativo d'interpretarlo; rimarrà sempre qualcosa che si rifiuterà comunque di uscire dal vostro cervello e resterà per sempre chiuso in voi; andrà a finire che morirete senza aver potuto comunicare ad altri ciò che forse vi era di essenziale nella vostra idea. (Ippolìt: 1998, p. 492)
:Potete star certi che Colombo non era felice nel momento in cui [[scoperta|scoperse]] l'America, bensì quando era in viaggio per scoprirla [...] L'importante non era quel Nuovo Mondo, che magari poteva anche inabissarsi. [...] L'importante sta nella vita, solo nella vita, nel processo della sua scoperta, in questo processo continuo ed ininterrotto, e non nella scoperta stessa! [...] Del resto, voglio aggiungere che ogni [[idea]] nuova o geniale concepita da un uomo, o anche, semplicemente, ogni idea seria gemmata nella mente di qualcuno, resta sempre qualcosa che è impossibile trasmettere agli altri uomini, anche se si scrivessero interi volumi e si impiegassero anche trentacinque anni nell'intento di interpretarli; rimarrà sempre qualcosa che si rifiuterà in ogni modo di uscire dalla vostra testa e resterà sempre chiuso in voi... (Ippolìt: 3, V; 1995)
*Vi sono persone che trovano una straordinaria soddisfazione nella propria permalosa irritabilità, e ciò specialmente quando un tale stato raggiunge l'estremo limite (il che avviene sempre molto rapidamente); si direbbe che in quegl'istanti essi preferiscano e addirittura godano a venire offesi. Queste persone così irritabili provano poi terribili rimorsi per essersi lasciate andare, se, naturalmente, sono intelligenti e se sono in grado di rendersi conto di essersi riscaldate dieci volte più del necessario. (Ippolìt: 1998, p. 496)
*Chi svaluta l'[[Buona azione|atto di carità individuale]], per ciò stesso disconosce l'autentica natura dell'uomo e ne disprezza la dignità personale. (Ippolìt: 1998, p. 501)
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*Un angelo non può odiare e non può neppure fare a meno di amare. Ma si può forse amare tutti, tutti gli uomini, tutti i propri simili? Mi sono posta più volte questa domanda. Naturalmente è impossibile, e sarebbe addirittura innaturale. Chi ama l'umanità di un amore astratto quasi sempre ama soltanto se stesso. (Natasja Filippovna ad Aglàja: 1998, p. 559)
:Nell'amore astratto per l'umanità quasi sempre si finisce per amare solo se stessi. (Natasja Filippovna ad Aglàja; III, 10; 1995, p. 617)
*È meglio essere infelici, ma ''sapere'', piuttosto che vivere felici... in una sciocca incoscienza. (Ippolìt: 1998, p. 639)
*Per la prima volta nella sua vita, egli vedeva un angoletto di ciò che viene solitamente chiamato con il terribile epiteto di "[[alta società]]". [...] Il fascino che emanava dal loro modo di fare distinto, semplice e apparentemente cordiale aveva per lui qualcosa di addirittura magico. Non gli poteva neppure venire in mente che tutta quella manifestazione di cordiale signorilità, di spiritosa arguzia e di un così eletto senso di dignità personale potesse non essere altro che una magnifica costruzione artificiale. La maggioranza degli ospiti, nonostante quella loro così imponente apparenza, era costituita da persone piuttosto vuote che, nella loro soddisfatta presunzione, ignoravano perfino che molto di quel che c'era di buono in loro era appunto soltanto una costruzione artificiale, della quale peraltro essi non avevano alcun merito, giacché l'avevano ricevuta inconsciamente per eredità. (1998, pp. 654-655)
:Per la prima volta in vita sua, vedeva una parte di ciò che viene designato con il terribile termine di «mondo». [...] Il fascino dei loro modi distinti, della loro semplicità, della loro apparente sincerità era magico. Non gli sarebbe mai venuto in mente che tutta quella semplicità, quei nobili sentimenti, quell'intelligenza, quella profonda conoscenza della propria dignità altro non fossero che una meravigliosa, artistica messinscena. La maggior parte degli invitati era composta da persone piuttosto futili, malgrado il loro aspetto altero, che, nella loro presunzione, non si rendevano neppure conto che la maggior parte delle loro qualità erano solo apparenti: erano state trasmesse loro per ereditarietà ed esse non ne avevano alcun merito. (1995)