Vittorio Imbriani: differenze tra le versioni

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*Chi ha forza di braccia, farà forse la stiratrice; chi ha sveltezza di dita, ricamerà; e chi ha bellezza rara di forme, non potrà fare la modella?
*Chi notoriamente è l'informista del quartiere, viene riverito e temuto dal popolino.
 
==Passeggiate romane==
*Non passa anno senza che le collezioni scientifiche di qualunque altra città d'[[Italia]] si arricchiscano per la munificenza di qualche privato. E così mano mano si colmano le lacune, si completano le serie e si ottiene più assai di quello che non sia il potere dello stato e de' municipii di fare. Ma il [[Napoli|napoletano]] ''largo di bocca e stretto di mano''; mentre non sa vivere fuori della sua città, non vuol poi far niente per renderla più bella e simpatica; non è superbo delle sue istituzioni, non è zelante di migliorarle; il suo municipalismo non sa mai incarnarsi in un'opera bella e generosa. (''Passeggiate romane, Roma, 11. XII. 71.'', p. 37)
*Per me, tutto ciò che accade fuori di questo nostro pianeta, non m'interessa: Amo la terra e nella terra amo solamente l'uomo. É la vita, è la storia, sono le azioni e i pensieri degli uomini che mi scuotono e mi cattivano e mi paion grandi. Questo universo sterminato e ''inconscio'', infinito ed ''inintelligente'', senza pensiero proprio, mi desta meno curiosità che l'anima semplicetta di un fanciullo. Dall'alto di quei tetti, da' quali si è soliti contemplare gli astri, io guardavo in giù. Ed allora mi sentivo commuovere. (da ''Passeggiate romane, Roma, 11. XII. 71.'', p. 38)
*La [[natura|Natura]] per se stessa non è né bella né poetica, né interessante: di bello e commovente non vi ha al mondo che l'uomo; e dove egli manca, io sbadiglio. (''Passeggiate romane, Roma, 11. XII. 71.'', p. 39)
*«La dipendenza volontaria è lo stato migliore». – dice il [[Goethe]] «né sarebbe possibile senz'amore» –. La ''dipendenza volontaria'' è appunto l'osservanza stretta della legge, e di leggi severe. Ma non è possibile senza amor di [[patria|Patria]]. Ed in [[Italia]] ce n'è molta di questa derrata?<br />A parole, molto; in fatto, chi ben guardi, poco. (da ''Passeggiate romane, Aneddoti e ricordi manzoniani'', p. 53)
*La [[grandezza]] vera è semplice e figlia del pensiero. Non puoi comprenderla e valutarla senza pensarci su, senza disamina critica: Solo esaminando e scrutando ogni particolare, ogni motivo: vedendo la purezza e la magnificenza di ognuno, si giunge ad afferrare la purezza e la grandezza dello insieme.<br/>Una grandezza di qualunque genere torna più facilmente comprensibile, quando ha in sé qualcosa di {{sic|meschina}}, {{sic|difettosa}}, quando claudica in parte. La parte scadente fa risaltare l'eccellente: la parte piccola ti fa capire la grandezza delle colossali: in quel modo appunto in cui la vicinanza d'uno edificio volgare, ti fa subito afferrare la sublimità e le proporzioni del monumento vicino. (da ''Diaro romano, Basilica di S. Pietro, Giovedì, 30 Novembre 1876'', p. 64)
*Sì, [[Roma]] sembra soprattutto bella, non pel suo presente o pel passato prossimo; ma per quel passato remoto, che tutto rammenta. Comprendo benissimo quindi che il soggiorno ne sembri increscevole a' commessi viaggiatori ed a' travetti, per cui la bellezza d'una città consiste ne' caffé, balli pubblici e peggio, che ignorano la storia e non sentono neppur vergogna d'ignorarla. Comprendo che possa increscere a chi non prova simpatia per quel passato; a qualche barbaro discendente d'Arminio e protestante giunta. Ma ad un uomo veramente colto, ad un Italiano soprattutto, il viver qui è un'ebbrezza continua. (da ''Diaro romano, Il [[Colosseo]], Sabato, 2 Dicembre 1876.'', p. 72)
*Dopo mezzo secolo dalla sua visita quanti mutamenti non ritroverebbe il [[Giacomo Leopardi|Leopardi]]! Sant'Onofrio è sgomberato da' monaci; le signore possono entrar liberamente nel convento; non c'è più clausura; anzi dicono di volerci mettere non so che caserma di guardie municipali o simili. Povero convento! Povera cameretta in cui spirò l'autore della ''Gerusalemme!'' Povera quercia alla cui ombra egli, e poi, [[Filippo Neri|San Filippo Neri] si compiacquero di sedere, ammirando la sottoposta Roma, e che, fulminata una quarantina d'anni fa, è risorta vivace e rigogliosa, come la fama di que' due magnanimi che nessun morso d'invidia può oscurare. (da ''Diaro romano, Sant'Onofrio, Domenica, 3 dicembre 1876'', pp. 78-79)
*Ci volevan proprio le mie padrone, ci voleva l'obbligo di accompagnarle, per indurmi a rimettere il piede nel baraccone di Montecitorio. Sapevo di dover soffrire rientrandovi, come un cristiano che entrando in un celebre santuario, truovi scassinato il ciborio, rubato il calice, sparpagliate e calpeste l'ostie consacrate. Quell'aula, che fu già agli occhi miei il più augusto luogo del mondo ed il più sacro, ora è divenuto un mercato vilissimo, nel quale da barattieri ignoranti si traffica dello Stato, dell'Italia e della Monarchia. Lo Stato è per me quanto v'ha di più sacro. Ma se lo Stato viene amministrato e rappresentato da' Depretis, da' Nicotera, e da simil ribaldaglia, come conservargli l'antica venerazione? Lo schianto ch'io pruovo, può provarsi solo a quello d'un cristiano, che vedesse un malfattore sulla cattedra di [[Pietro apostolo|{{sic|Piero}}]], malfattori nel sacro collegio, radunato un Concilio di malfattori, che promulgassero dogmi eretici ed immorali... e forse neppure... (da ''Diaro romano, Montecitorio, Martedì, 5 dicembre 1876.'', pp. 81)
*In [[Roma]] il gran pericolo è il disgusto delle cose belle, che viene come conseguenza triste del vederne troppe. I marmi più preziosi, le statue più perfette, dopo alcun poco non ti sollecitano più.<br/>Altrove dieci statue di quelle, che raccoglie il [[Vaticano]], sarebbero stimate una ricca collezione. Ma in Roma! Ma fra tante!<br/>Altro {{sic|guajo}}: l'attenzione smussata non è più stuzzicata dal bello, anzi solo dallo strano, dallo insolito, dallo stravagante, dal capriccioso. Si comprende la necessità del [[Barocco]] qui. Ci volevano statue, che per la bizzarria loro richiamassero gli occhi, si facessero distinguere in mezzo alle altre.<br/>In mezzo a questi [[monumento|monumenti]] dell'antichità vetusta e bellissima a poco a poco uno si sente trasportato in un altro mondo. (da ''Diaro romano, I Musei, Mercoledì, 6 {{sic|Decembre}}1876'', p. 84)
*{{NDR|Su Raffaello}} [...] l'affresco di San Pietro incarcerato e liberato è stato una rivelazione per me. Nessun pittore, che abbia fatto studio esclusivo degli effetti di luce, è mai giunto ad un tanto effetto, ad una tanta potenza d'illusione. Altro che Gherado delle notti! Eppure, si badi, qui si tratta d'un affresco enorme, non d'una pittura ad olio, nella quale le bravure sono assai più facili ed i colori più vividi. Dunque il [[Raffaello Sanzio|Sanzio]] sapeva e poteva gareggiare con chicchessia nelle cose difficili, negli sforzi, negli scherzi; ma non volle: preferì quel modo suo sereno ed agevole. Non volle, perché? Debbe aver giudicato l'arte esser tutt'altro. (da ''Diaro romano, Vaticano, 14. XII. {{sic|77}}'', p. 113)
*Salutammo [[Marco Aurelio|Marc'Aurelio]].[...] Salutammo la povera [[lupo|lupa]], scendendo la cordonata; quella povera lupa, che tengon barbaramente chiusa in una gabbia, mentre facendovi una cancellata intorno si potrebbe lasciar liberamente gironzolare per quelle {{sic|ajuole}}.<br/>Notammo l'assenza delle oche. Un {{sic|campidoglio}} senza oche è cosa inconcepibile. L'oca è lo animale repubblicano per eccellenza. Chi la surroga in Campidoglio? I consiglieri comunali. (da ''Diaro romano, Il Campidoglio'', p. 115)
*Quel che indispone, è la maniera; quella non posso digerirla, per quanto graziose apparenze abbia. Quando lavorano di maniera, aborro del pari Raffaello ed il Camuccini. Proprio? Via, poniamoci un ''quasi'', quasi del pari.<br/>Nell'arte ci abbiamo la ingenua riproduzione del vero; ci abbiamo la creazione dell'Ideale; ci abbiamo la Maniera. Tre stadi, tre indirizzi.<br/>Il Vero, ancorché scelto male e senza criterio, ingenuamente riprodotto, piace sempre. Dal vero, scelto intelligentemente, studiato, sviscerato, può astrarsi lo ''ideale''. Ma per maniera s'intende un ideale di strapazzo e di convenzione; una figura eseguita, senza che le serva di sustrato una propria impressione naturale. (da ''Diaro romano, Galleria Rospigliosi, Sabato, 16. XII.{{sic|77}}, p. 118)
 
 
==''Dio ne scampi dagli Orsenigo''==
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*Vittorio Imbriani, ''[http://www.liberliber.it/libri/i/imbriani/index.htm Merope IV]'', Serra e Riva Editore, Milano, 1984.
*Vittorio Imbriani, ''[http://www.liberliber.it/mediateca/libri/i/imbriani/xii_conti_pomiglianesi/pdf/imbriani_xii_conti_pomiglianesi.pdf XII conti pomiglianesi con varianti avellinesi, montellesi, bagnolesi, milanesi, toscane, leccesi, ecc.]'', [Bologna], A. Forni, [1975].
*Vittorio Imbriani, ''Passeggiate romane ed altri scritti di arte e di varietà inediti o rari'', a cura di Nunzio Coppola, Fausto Fiorentino Editore, Napoli, 1967.
 
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