Aldo Palazzeschi: differenze tra le versioni

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*''I fratelli Cuccoli'' racchiudono la massima parte e il punto più elevato della gioiosa e insieme dolorosa poesia della mia [[anima]]. Quel protagonista, davanti al quale i critici si sentirono disorientati giudicandolo un troppo audace miscuglio di [[realtà]] e di surrealismo, è il personaggio che più mi assomiglia. Si vede che io stesso fui un'audace mescolanza di surreale e di realtà. Ed è scopo evidente di quel lavoro il superamento della ricerca psicologica.<ref>Citato in ''Ritratti su misura di scrittori italiani'', a cura di [[Elio Filippo Accrocca]], Venezia, Sodalizio del libro, 1960, pp. 312-314.</ref>
*{{NDR|Se le fosse dato di salvare quattro romanzi dalla [[bomba atomica]], quali sceglierebbe?}} I promessi sposi, Guerra e pace, I fratelli Karamazov, Rosso e nero.<ref name=Picchinov49/>
*''Il Doge'' [...] non è, come può apparire, un libro divertente. Io ho voluto fare un dramma, rendere il senso segreto dell'esistenza, l'aspirazione dell'uomo a cercare una ragione al di fuori della sua natura. È unaun tale mistero la nostra vita.<ref>Citato in [[Fausto Gianfranceschi]], [http://digitale.bnc.roma.sbn.it/tecadigitale/giornale/CFI0415092/1974/n.223/3 ''"Il più giovane dei giovanissimi"''], ''Il Tempo'', 18 agosto 1974.</ref>
*Il romanzo {{NDR|''Roma''}} lo immaginai vedendo tanti di quegli uomini [[cattolicesimo|cattolici]] integrali, sentendo una certa atmosfera nella quale giganteggiavano, sempre più isolate, talune figure di [[nobiltà|nobili]], Alla fin fine, si vede che il Principe, attorno al quale ruota tutto un ambiente nuovo, tutto un mondo nuovo, spregiudicato, vano, falso, è sullo stesso piano del servitore. Che cosa hanno in comune Filippo di Santo Stefano e il sor Checco? Ma la fede, la comunanza di virtù, di ideali, di religione, insomma! Il cristianesimo è l'elevazione degli umili. Quell'uomo, il sor Checco, è come il Principe e il Principe è come lui. Una affinità molto difficile da comprendere, coi tempi che corrono. Ma è una realtà; è così.<ref>Dall'intervista di Giovanni Lugaresi, ''Il romanzo di Palazzeschi sui teleschermi'', ''Roma'', ''Il Gazzettino'', 22 febbraio 1974.</ref>
*In un [[libro]] gli uomini vogliono trovare se stessi, conoscersi, scuoprirsi, sentirsi confermati o respinti, discussi, nei loro odi ed amori, passioni, debolezze, ambizioni frustate o raggiunte, cadute, vittorie e sconfitte, i loro disinganni, le cose andate bene, quelle andate alla rovescia, e facendone il bilancio quelle andate male in proporzione molto più grande, giacché le persone felici hanno poco tempo da leggere e meno da scrivere, e perché l'uomo ama la lotta al disopra della felicità. E tutto incanalare e condurre verso una cima fulgente: la poesia. È il viatico che deve portare un libro alla moltitudine.<ref>Da ''Palazzeschi allo specchio'', ''Omnibus'', I 9, 29 maggio 1937, p. 6.</ref>