Ferruccio Masini: differenze tra le versioni

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*In questo istante di estatica sospensione («Affocato meriggio dorme sui campi. Non cantare! Taci!»), sacro al sonno del dio [[Pan]] che si riposa dalla caccia, la natura stessa sembra sepolta in un misterioso, impenetrabile sopore: i venti sono caduti e il sole, a perpendicolo sull'orizzonte, è come un'alta fiamma pietrificata. A questo punto si tronca repentinamente lo scorrere del tempo («Non se n'è volato via il tempo?») e Zarathustra sprofonda nel pozzo dell'eternità («Fiel ich nicht – horch! in den Brunnen der Ewigkeit?») ed ecco che emerge silenziosamente il mondo dalla sua perfezione, o meglio quella eternità, calata nella profondità del mondo, che costituisce la sua perfezione («Die Welt ist vollkommen»)<ref>Da [[Friedrich Nietzsche]], ''Also sprach Zarathustra''; ''Schlechta, Werke in drei Bänden'', II, p. 514 (''Mittags'') {{Cfr}} ''Lo scriba del caos'', nota a p. 200. </ref>. Gli stessi attributi di questa perfezione, «maturo» e «rotondo» («Non era infatti il mondo perfetto, rotondo e maturo?», rimandano alla perfezione del circolo, in cui il movimento è conchiuso in se stesso e non si dispiega più in una progressione indefinita. L'anima e il mondo sono ora immersi in una trasognata mescolanza che ha lo stupore del possesso. (da ''Parte seconda, cap. settimo, Il "mezzodì" come metafora cosmico-estatica della eternità'', pp. 200-201)
*E tuttavia è nella disciplina ritmico-musicale della danza – questo incatenamento del demone – che sembra riflettersi l'immagine stessa del «ritorno» come quella di un fluido dominio del movimento che incatena il divenire senza distruggerlo. La danza come armonia sensibile, in cui il mondo ritorna a sé con tutti i suoi esseri viventi gioiosamente restituiti al labirinto del caso, diventa in Nietzsche la prefigurazione di una esistenza nuovamente divinizzata, di una φύσις ancora piena di dèi [...] (da ''Parte terza, cap. primo, L'uomo che diviene'', p. 246)
*La totalità del mondo, che accoglie in sé tutto quanto è umano e divino [...] si genera, cioè si rivela nella parola, ma non – si badi bene – in una parola “cercata”, costruita con i procedimenti astratti e scompositivi dell'intelletto, bensì in una parola che sigilla prodigiosamente in se stessa, in una sorta di estatica trasparenza, la compenetrazione di interno ed esterno, così da ricomporre l'identità antepredicativa del divino e dell'umano; è la parola impronunciata<ref>«gotes sprechen ist sîn gebern» (il parlare di Dio è il suo generare), [...] Dio [...] è parola non pronunciata che pronuncia se stessa («got ist ein wort, ein ungesprochen wort [...] daz sich selber sprichtet») (Meister Eckhart, ''Predigten, Traktate'', a cura di F. Pfeiffer in ''Deutsche Mystiker des 14. Jahrhunderts'', 2 voll., Leipzig, 1857, (rist. Aalen 1962) (notanote bibliograficabibliografiche – con più dettagliati riferimenti nel testo – di Ferruccio Masini a p. 256), citato da Ferruccio Masini in ''Lo scriba del caos'', p. 256.</ref> del divenire che cerca la metafora e si fa metafora così da poter ripetere, nel suo “discorrere”, l'innocente ebbrezza della metamorfosi, l'intatta pienezza della vita vivente. (da ''Parte terza, cap. secondo, I “campi di significato” del {{sic|così}} parlò Zarathustra, I, La scrittura metasemantica '', p. 256)
*In esso {{NDR|nello Zarathustra}} le immagini ritmiche, i parallelismi sintattici, (caratteristici della poesia veterotestamentaria), le paronomasie e le figure etimologiche, le modulazioni e le variazioni del ''Satzbau'', la stessa delicata architettura della similitudine e delle metafore costituiscono gli equivalenti di questi atteggiamenti mimici che sono propri della danza. L'intera μηχανή retorico-stilistica dello ''Zarathustra'' mira dunque a “persuadere” i sensi con mezzi sensuali, creando una sorta di “costringimento” magico-musicale in cui il ritmo evoca e al tempo stesso placa il tumulto dionisiaco della danza. Si ha proprio qui quella suadente disciplina, quel «soggiogamento elementare», quella misura apollinea che incatena Dioniso («Apollo, dio dei ritmi») [...]. (da ''Parte terza, cap. secondo, I “campi di significato” del {{sic|così}} parlò Zarathustra, I, La scrittura metasemantica '', pp. 261-262)
*{{NDR|In Nietzsche}} La malattia "apre" le antinomie radicalizzandole, ma al tempo stesso "dischiude" la possibilità di quel trascendimento estatico che rovescia gli opposti, l'estremo nell'estremo, l'assoluta afflizione-costrizione, la terribile ''Not'' dell'«uomo più brutto» nella ''Wende der Not'', la malattia mortale nella «superiore salute». [...] Mentre la trasfigurazione classica (si pensi al [[Lessing]] del ''Laocoonte'') svuota il tormento tragico nella compostezza del bello, in Nietzsche il volto di Dioniso «signore delle antitesi» (''Herr der Gegensätze''), irradia la sua insondabile gioia attraverso la maschera atroce di una sofferenza indicibile. (da ''Parte quarta , cap. primo, Saggiare, tentare, provocare. Nietzsche e Th. Mann'', pp. 305-306)