Sergio Quinzio: differenze tra le versioni

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*La [[bellezza]] è qualcosa di indotto, di secondario, persino di tardivo, di fittizio, alla fine addirittura di vizioso. (da ''Aforismi'', ''Astolfo'', anno I, n. 3, settembre-dicembre 1994)
*La verità di un uomo non è tale che dinanzi alla sua morte. Così anche la storia. (da ''L'esilio e la gloria'' – ''In forma di parole'', Gianni Scalia, Bologna, 1998)
*Ma anche 'sta maggioranza, poi... Confesso che io non credo nella [[democrazia]]: prova ne sia che non ho mai votato. Penso che l'unica possibilità di convivenza sia quella che nasce da una cultura comune. E quando questo criterio del consenso della maggioranza viene radicalizzato, quando non c'è più nessun riferimento a un ambito sia pure minimo di necessità, allora resto perplesso.<ref name=qunzegstampa95/>
*Quando l'essere umano è sentito come qualcosa di scomponibile e sostituibile nelle sue parti, è già inesorabilmente ridotto a cosa e ogni cosa ha necessariamente il suo prezzo e il suo mercato. (da [http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,0955_01_1988_0008_0001_12925628/ ''I magazzini dell'orrore''], ''La Stampa'', 10 gennaio 1988)
*Quel che va sotto il nome di «[[democrazia]]» (ben oltre il significato dottrinario del termine) è il tentativo di sostituire alla sostanza la forma, all'autorità il meccanismo, al rischio il controllo, alla persona la struttura. Un prodotto dell'«era della macchina». (da ''Religione e futuro'', Realtà nuova, Firenze, 1962, p. 96)
*Questo lo diceva il Tao: "L'imperatore non fa mai leggi, perché se emanasse una norma vorrebbe dire che qualcosa non va". Ogni legge in qualche modo è la spia di una condizione imperfetta: l'ideale sarebbe non averne bisogno.<ref (daname=qunzegstampa95>Da Sergio Quinzio, [[Gustavo Zagrebelsky]], ''Democrazia e Apocalisse'', a cura di Maurizio assalto, ''La Stampa'', 28 maggio 1995, p. 21).</ref>
*[[Salvatore Satta|Satta]] vuole di più, cerca una fede che non può stare nel solco millenario della religione tradizionale. La stessa fede, certo, ma non riducibile senza residui a come è stata fin qui pensata e vissuta. Questo lo avvicina ai grandi autori russi nutriti in profondità dalla fede ortodossa - Gogol', Dostoevskij, Solov'ëv, Rozanov - che invano si è tentato di riportare interamente alla tradizione ecclesiastica. In realtà, essi, e anche Satta, hanno domande troppo terribili per i pastori e per i teologi. (da ''Cercava una fede di là dalla religione tradizionale'', ''Prospettive libri'', giugno-luglio 1981, p. 19)
*Se l'amore cristiano si distingue non solo, e nettamente, dall'amore predicato da tradizioni religiose lontane [...] ma dallo stesso amore veterotestamentario, perché la morte del Messia scuote dalle fondamenta l'antico edificio, si distingue anche dall'amore concepito dai moderni solidarismi e dalle moderne filantropie, che hanno tuttavia origini confusamente cristiane. Se ne distingue proprio perché l'amore cristiano è, nella conformità alla croce, consapevole di dover scendere nella morte. (da ''La fede sepolta'', Adelphi, Milano, 1997, pp. 66-67)