Ferruccio Masini: differenze tra le versioni

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*Il rovesciamento di un opposto nell'altro, come la μεταβολή di Eraclito, non è sussumibile nella logica; di qui la vicinanza di quest'ottica alla dialettica [[Søren Kierkegaard|kierkegaardiana]] del "salto qualitativo", per la fondamentale riduzione, comune ad entrambi, della mediazione a paradosso e per la disintegrazione dell'identità logico-metafisica in cui si realizzava, per [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]], la "concretezza" razionale speculativa dell'Idea.<br/> Mentre per Hegel la scissione (''Entzweiung'') è la fonte del «bisogno della filosofia»,<ref>Da G. W .F. Hegel, ''Differenz des Fichteschen und Schellingschen System'', in ''Werke'', Berlin, 1832, I, p. 172. {{Cfr}} ''Lo scriba del caos'', nota di F. Masini a p. 114.</ref>» per Nietzsche è la filosofia che identificandosi nel movimento "estatico" della vita ''produce'' la scissione, esaspera i contrasti, impedendo perennemente una dialettica ''Aufhebung'' e una conciliazione assoluta.[...] (da ''Parte Seconda, cap. I, Per una filosofia degli estremi'', p. 114)
*È la «magia dell'estremo» l'elemento alchemico, 'mercuriale', del nichilismo nietzscheano e al tempo stesso il catalizzatore d'un processo sperimentale di esaustione del nichilismo stesso. Infatti è questa magia ad evocare una posizione estrema per superarla non già attraverso una mediazione, bensì attraverso un suo "assoluto" rovesciamento nell'estremo opposto: sta in ciò la tensione di un "confronto con il nulla" concepito come oltrepassamento. Nel nichilismo, in questo senso, si nasconde una comprensione della crisi che svolge fino in fondo tutte le sue contraddizioni esasperandole sino a un limite insostenibile, sino a provocare eccentricamente il suo "trascendimento". (da ''Parte Seconda, cap. I, Per una filosofia degli estremi'', p. 121)
*L'incantamento della verità “in sospensione”, la gioiosa attrattiva degli enigmi, la seduzione mortale e inebriante dei cento specchi di Circe, l'affrancarsi del «libero spirito» da ogni regola come da ogni limite fanno della ὕβϱις una specie di «Prometheia» distruttiva e insieme un'ambigua e stranamente beffarda “divina commedia” della conoscenza: «Noi facciamo violenza a noi stessi, non v'è dubbio, noi schaccianoci dell'anima, noi problematizzanti e problematici, come se la vita altro non fosse che schiacciar noci [...]»{{sic|)}}.<br/> La ὕβϱις è dunque una «posizione» coscientemente e temerariamente accettata, in cui l'apertura alla sperimentazione infinita coincide con un trascendimento in ''negativum''. Nella ὕβϱις come tale si identifica ora una scepsi dissolvente che pone l'uomo in funzione antagonista non soltanto di fronte alla natura e a Dio, ma anche – e soprattutto – di fronte a se stesso. (da ''Parte seconda'', cap. II, ''Übermut: una costellazione semantica'', pp. 131-132)
*Nel «fanciullo» della «terza metamorfosi» non si ha una semplice ripresentazione di quello eracliteo, nel quale Nietzsche vedeva l'istinto del gioco assimilato a quello dell'artista: non si tratta più di una giustificazione estetica del divenire, bensì di una tensione estatica strutturante l'anima dionisiaca. Lo ''Übermut'' è appunto quel ''höchste Zustand'' («stato supremo») in cui tutte le cose hanno il loro flusso e riflusso e diventano danza al di sopra del caso e della necessità: qui si celebra il segreto anticristiano e metacristiano − al di là del bene e del male − della «virtù che dona», del sacrificio e della resurrezione di Dioniso. (da ''Parte seconda'', cap. II, ''Übermut: una costellazione semantica'', p. 134)
*L'autodistruzione è l'ultimo atto del nichilismo attivo che si autodistrugge in quanto la volontà di distruzione, enormemente potenziata, si abbatte su se stessa: è di qui che Nietzsche si presenta come Zarathustra, «colui che va oltre»: «Ich liebe die – dirà nello ''Zarathustras Vorrede'' – welche nicht zu leben wissen, es sei denn als Untergehende, denn es sind die Hinübergehenden»<ref>«Io amo coloro che non riecono a vivere se non come tramontanti, poiché sono essi quelli che vanno oltre». Da [[Friedrich Nietzsche]], ''Also sprach Zarathustra'', ''Schlechta, Werke in drei Bänden'', II, p. 282 (4) in ''Werke in drei Bänden'', a cura di K. Schlechta, München, Hanser, ovv. Darmstadt (Wiss. Buchges.), s.d. (1954 ss.) (Index-Band). {{Cfr}} ''Lo scriba del caos'', nota di Ferruccio Masini a p. 157.</ref> (da ''Parte seconda, Cap. terzo, il ''Freigeist'' e la volontà del nulla'', p. 157)
*Proprio l'atteggiamento anti-classico, con cui gli opposti diventano i termini diadici di una tensione esistenziale fino ad una tragica identificazione («Dioniso contro il Crocifisso» diventerà 'Dioniso crocifisso'), costituisce lo stigma profondo di una filosofia in cui la «magia degli estremi» si risolve nella magia di una lotta a cui non è risparmiato l'orrore d'un sanguinoso campo di battaglia, di una atroce autodafé. [...] Sia in [[Jean Paul]]<ref>Il riferimento è a Jean Paul, ''Discorso di Cristo morto dall'alto dello universo, in cui si afferma che Dio non è'', in app. a F. Masini, ''Nichilismo e religione in Jean Paul'', Bari, 1974, pp. 107 ss. [Jean Paul, ''Rede des toten Christus'', in ''Werke'', a cura di N. Miller e G. Lohmann, 6 voll., München, 1959-1963, II, pp. 266-271]. {{Cfr}} ''Lo scriba del caos'', nota a p. 172.</ref> che in Nietzsche, la follia centrifuga in cui si disgrega l'edificio cosmico, la polverizzazione ontologica, la rottura di tutte le coordinate discendono dall'assenza di un centro di gravità costituito appunto da un ''Summum Ens''. (da ''Parte seconda, cap. quinto, L'autodafè del nichilismo'', p. 171)
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*E tuttavia è nella disciplina ritmico-musicale della danza – questo incatenamento del demone – che sembra riflettersi l'immagine stessa del «ritorno» come quella di un fluido dominio del movimento che incatena il divenire senza distruggerlo. La danza come armonia sensibile, in cui il mondo ritorna a sé con tutti i suoi esseri viventi gioiosamente restituiti al labirinto del caso, diventa in Nietzsche la prefigurazione di una esistenza nuovamente divinizzata, di una φύσις ancora piena di dèi [...] (da ''Parte terza, Cap. primo, L'uomo che diviene'', p. 246)
*{{NDR|In Nietzsche}} La malattia "apre" le antinomie radicalizzandole, ma al tempo stesso "dischiude" la possibilità di quel trascendimento estatico che rovescia gli opposti, l'estremo nell'estremo, l'assoluta afflizione-costrizione, la terribile ''Not'' dell'«uomo più brutto» nella ''Wende der Not'', la malattia mortale nella «superiore salute». [...] Mentre la trasfigurazione classica (si pensi al [[Lessing]] del ''Laocoonte'') svuota il tormento tragico nella compostezza del bello, in Nietzsche il volto di Dioniso «signore delle antitesi» (''Herr der Gegensätze''), irradia la sua insondabile gioia attraverso la maschera atroce di una sofferenza indicibile. (da ''Parte quarta , cap. primo, Saggiare, tentare, provocare. Nietzsche e Th. Mann'', pp. 305-306)
*Col Leverkühn<ref>Adrian Leverkühn, protagonista del romanzo ''Doctor Faustus'' di Thomas Mann.</ref> la nemesi è cooriginaria alla stessa eccezionalità del genio e il filtro dell'assoluto arbitrio accoglie, nella sua feccia, un veleno mortale. Quel che era per Nietzsche «l'inclinazione intellettuale [...] al problematico» diventa definizione astratta di una spietata solitudine cui è estraneo lo stesso pathos della distanza. Il circolo si chiude: la seduzione del problematico è giunta al limite della disgregazione patologica divorando il margine stesso delle possibilità. La pietrificazione dell'arbitrio nel necessario ha tolto ogni spazio al freddo rigore di un'intelligenza intossicata di se stessa, un'intelligenza divenuta – direbbe Musil – «non intelligente». (da ''Parte quarta , cap. primo, Saggiare, tentare, provocare. Nietzsche e Th. Mann'', pp. 306-307)
*La conversione, sia pure mitica, delle contraddizioni non mira, in realtà, ad eliminarle o a mascherarle: la regressione può essere una fuga dal sociale, ma può anche costituire il sintomo di una radicalizzazione delle contraddizioni che non possono essere più in alcun modo dissimulate o esorcizzate. Il rifiuto dell'umanesimo come cardine di un mondo di valori consacrato dal potere borghese ha nella sua intima sostanza, questo significato. «Il caos non si lascia truccare» ed è proprio il motivo dell'inesorabilità del caos a legare strettamente Nietzsche all'[[Espressionismo]]. (da ''Parte quarta, cap. II, L'uomo senza contenuto. Nietzsche e l'espressionismo''. p. 319)