Sydney Pollack: differenze tra le versioni

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*Non ho mai avuto un desiderio folle di diventare regista, né ho dovuto porre l'assedio a un produttore per soddisfare questo desiderio. Semplicemente, io ''sono'' diventato regista. Meglio ancora: ero regista, e non sapevo minimamente che cosa significasse né cosa bisognasse fare. Per molto tempo sono stato regista senza rendermi conto che era la realizzazione di un sogno di bambino. (p. 194)
 
*Ho qualche teoria radicale sulla differenza tra recitare sul palcoscenico e recitare davanti alla macchina da presa. [...] In uno [[teatro|spettacolo teatrale]] il punto focale – e l'obiettivo in ogni momento – consiste nel privare l'attore della dipendenza dal suo [[regista]], perché il regista è inutile una volta alzato il sipario. Al cinema è il contrario. Nel momento veramente importante, è il regista che si ritrova solo, con le sue bobine, al momento del montaggio finale. [...] Non penso che si possa parlare di una vera e propria performance di attori durante le riprese cinematografiche. Ci sono solo delle ripetizioni, è meccanico, frammentario, perché si può sempre rifare e rifare ancora. (p. 195)
 
*[[Robert Redford|Redford]] è un ottimo collaboratore, una specie di alter ego per me: era quel giovane principe biondo in apparenza, che aveva tuttavia un'interiorità molto più cupa. Era chiaramente una metafora dell'America. E la maggior parte delle storie che abbiamo girato insieme sono diventate film d'amore, film romantici. Di questo tipo di vicende lui era il prototipo ideale, secondo me. Non ci siamo mai stancati di lavorare insieme. Siamo sempre stati in qualche modo esigenti l'uno nei confronti dell'altro, cercando di ricavare il massimo da ciascuno di noi due. E non perdevamo tempo per sapere quello che avrebbe funzionato o no. Era un grande vantaggio: ci conoscevamo alla perfezione. (p. 199)