Ferruccio Masini: differenze tra le versioni

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*«Nell'attimo fuggevole di un volto umano si sprigiona per l'ultima volta l'aura dalle prime [[fotografia|fotografie]]. È ciò che costituisce la loro bellezza carica di malinconia e inconfrontabile con qualsiasi altra.<ref>[[Walter Benjamin]], ''L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica'', traduzione di E. Filippini, Torino, 1966, p. 28; ''Das kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit,'' in ''Gesammelte Schriften,'' 6 vv., a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhäuser, Frankfurt a. M., 1972 sgg., p. 23 {{cfr}} ''Gli schiavi di Efesto'', nota a p. 316.</ref>» [...] La malinconica bellezza «inconfrontabile con qualsiasi altra» non era certo presente nella pace contemplativa dell'aura, ma lo è solo quando l'aura ''si sta estinguendo''. È in questo momento che la sua labilità diventa quella stessa della bellezza e se v'è ancora un brivido dell'irripetibile, questo nasce dalla coscienza di una perdita irrevocabile, dalla magia di un tramonto che non potrà più essere goduto ma che proprio per questo è carico di una sconfinata seduzione. (da ''Metacritica dell'aura'', p. 316)
*L'obiettività a cui tende il grottesco non è quella dell'umorismo, per il quale l'ideale viene confrontato col reale al punto che quest'ultimo viene esibito ''ad oculos'' nella sua cruda «nullità» (''Nichtigkeit''<ref>[[Frank Wedekind]], ''Der Witz und seine Sippe'', in ''Werke in drei Bänden'', a cura di M. Hahn, Berlin und Weimar, 1969, III (''Prosa''), p. 273. {{cfr}} ''Gli schiavi di Efesto'', nota a p. 336.</ref>). È invece la crudeltà del ''Witz'', dove i contraddittori devono coesistere, a impedire il recupero, anche soltanto formale, di ogni superiore umorismo, e quindi a problematizzare radicalmente la possibilità utopica di una natura redenta dalla contaminazione umano-sociale. (da '' Dall'enigma-vita alla pantragedia grottesca'', p. 336)
*[...] l'enigma del ''pathos'' vitale non poteva essere forzato in alcun altro modo se non attraverso una discesa nella profondità umana della miseria e nel dolore. Ma questo era necessario «perché – come scrisse [[Karl Kraus]] – in nessuno come in lui le strisce sanguinose lasciate dallo staffile dell'esperienza si sono trasformate in solchi aperti alla semina della poesia».(da '' Dall'enigma-vita alla pantragedia grottesca'', p. 338)<ref>da Karl Krauss, ''Il vaso di Pandora'', traduzione italiana di Roberto Calasso, in Frank Wedekind, ''Lulu'', traduzione italiana di E. Castellani, Milano, 1972, p. 24;. {{Cfr}} nota''Gli Schivi di FerruccioEfesto'', Masininota a p. 338 di ''Gli Schivi di Efesto''.</ref>
*L'umorismo [[Pirandello|pirandelliano]] smonta la convenzione logica, servendosi della logica, la convenzione sociale, servendosi delle figure della falsa coscienza, , ''distrugge la maschera con la maschera'': quella della protettiva e rassicurante costruzione logica, per esempio, con la maschera della follia, per la quale la logica «vola come una piuma». In questo sta il percorso straniante di una scrittura nella quale i discorsi simmetricamente antagonisti, le antilogie, diventano corpi lottanti, corpi avvinghiati nella contraddizione. (da ''L'umorismo pirandelliano e la scrittura teatrale come entelechia drammatica'', p. 350)
*[...] [[Dürrenmatt]] mira a innescare sul terreno di una cosciente mistificazione, che dalla manipolazione dei ''topoi'' drammatici trasferiti in moduli ''kitsch'' perviene alla contraffattura parodistica calcolata ''more geometrico'', un potenziale dirompente analogo a quello della «crisi» dialettica. In essa il radicalismo teologico-nichilista oppone il «no» dell'uomo e di un mondo inesorabilmente condannato, al «no» di Dio, fino alla loro consumazione, laddove il «colmo del peccato» diventa «il trionfo della grazia». (da ''L'incognita teologica nella tragicommedia di Dürrenmatt'', p. 359)