Giorgio Cosmacini: differenze tra le versioni

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'''Giorgio Cosmacini''' (1931 – vivente), medico e saggista italiano.
 
== Citazioni di Giorgio Cosmacini ==
 
*L'[[AIDS|Aids]] ha provocato la paura di una malattia sessualmente contagiosa e altrettanto peccaminosa, dalla quale bisognava chiamarsi "fuori" mettendo "dentro", nel sacco delle streghe o del diavolo, tutti quanti i "diversi", minacciosi come alieni.<ref name=peste>Da ''[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/09/23/dalla-peste-alla-suina-le-grandi-epidemie.html Dalla peste alla suina, le grandi epidemie]'', ''la Repubblica'', 23 settembre 2009.</ref>
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*[[Peste]], paura della "morte fisica". Per la peste vigeva la legge del "tutto o nulla": se non la si evitava, si moriva. Ma si poteva morire anche di angosciao di paura, come certificava nel 1348 un anonimo cronista spettatore della "peste nera", annoverando tra le cause di morte lo «sbigottimento delle genti».<ref name=peste/>
*[[Sifilide]], paura della "malattia vergognosa". Trasmessa per contagio genitale, per contatto sessuale con "femmine da coito impuro", era considerata morbosa per il corpo e peccaminosa per l'anima. Era non solo una infermità, ma anche una colpa, cui corrispondeva la paura di perdere la vita terrena e anche la vera vita nell'oltretomba.<ref name=peste/>
* Un [[medico]] che dovesse cercare ormeggio in una religione lo troverebbe o sceglierebbe nella ''religione di quel che si deve'', avente sede elettiva nella voce udita da [[Immanuel Kant]] e da lui chiamata ''coscienza [[morale]]''. Di tale ''religione del dovere'' ci parlano molte storie esemplari. Sono storie di una religiosità antropologica appartenente alla sfera dell'umano sentire e dell'essere medico, pur senza preclusione di ogni possibile altra sfera. (da ''La religiosità della medicina. Dall'antichità a oggi'', Laterza, Roma-Bari, 2007, p. IX; citato in Cosmacini 2010, p. 96)
 
== ''Testamento biologico'' ==
 
* La realtà domestica è come la monade [[leibniz]]iana, senza porte e senza finestre, chiusa in sé stessa e impenetrabile, impermeabile alla solidarietà del vicinato. In essa sovente non c'è spazio, né tempo, né cultura, né cura per [[malattia|malattie]] che non siano di breve durata e per malati che non siano autosufficienti, autocoscienti, o che siano morenti. Emarginato e inesaudito in [[ospedale]], chi [[morte|muore]] non è meno solo e incompreso in [[famiglia]], nella realtà spesso ostile di oggi. (cap. 3.2, p. 44)
* Il rispetto del paziente è il fondamento di un'etica [[medicina|medica]] intesa come nuova ''pietas'' finalizzata al bene altrui. (cap. 5.1, p. 82)
* Quando la [[vita]] biografica sia impedita da una malattia tormentosa, inguaribile e ingravescente (come nel caso di [[Piergiorgio Welby|Welby]]) o da un'irreversibile perdita di coscienza (come nel caso di [[Eluana Englaro|Eluana]]), la vita biologica può essere interrotta da una ''pietas'' che è il rispetto dell'altrui identità ed è l'unica manifestazione autentica della «proprietà riflessiva» dell'amore che lega chi vive a chi muore. (cap. 5.4, p. 92)
* Quanto ai medici, tengano ben presente che, nelle supreme indecisioni, le giuste decisioni maturano sempre al di dentro delle buone relazioni di cura. [...] Le terapie sono diverse dalle cure: aver cura di un malato in fin di vita, per un medico che sia dotato della religiosità che è propria del suo mestiere, comporta la pietà del rispetto, fino in fondo, per la persona curata. Non si tratta di un gesto terapeutico, tecnico, ma di un atto curativo umano. (pp. 120 sgg.)
 
==Note==
<references />
 
==Bibliografia==
 
* Giorgio Coasmacini, ''Testamento biologico. Idee ed esperienze per una morte giusta'', il Mulino, Bologna, 2010. ISBN 9788815134059
 
==Altri progetti==