Primo Levi: differenze tra le versioni

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[[Immagine:PrimoLevi.gif|right|thumb|Primo Levi]]
'''Primo Levi''' (1919 – 1987), scrittore italiano.
 
==Citazioni di Primo Levi==
*Devo dire che l'esperienza di [[Auschwitz]] è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. [...] C'è Auschwitz, quindi non può [[Problema dell'esistenza di Dio|esserci Dio]]. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo.<ref>Queste due ultime frasi furono aggiunte a matita sul dattiloscritto dell'intervista con Camon da Primo Levi stesso.</ref> (da [[Ferdinando Camon]], ''Conversazione con Primo Levi'', Guanda)
*[[Franz Kafka|Kafka]] comprende il mondo (il suo, e anche meglio il nostro d'oggi) con una chiaroveggenza che stupisce, e che ferisce come una luce troppo intensa. (da ''Tradurre Kafka'', in ''Racconti e saggi'')
*Le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Le leggi razziali erano il sintomo di una carnevalata: si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo (quello del delitto [[Giacomo Matteotti|Matteotti]], per intenderci): rimaneva da vederne quello sciocco. (dall'intervista di Giorgio De Rienzo, ''In un alambicco quanta poesia'', ''Famiglia Cristiana'', n. 29, 20 luglio 1975; ora in ''Echi di una voce perduta. Incontri, interviste e conversazioni con Primo Levi'', a cura di Gabriella Poli e Giorgio Calcagno, Mursia, 1992)
*[...] una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa, che sulla strada scelta tanti anni addietro sta tuttora proseguendo con energia geniale, e con quella rara combinazione di pazienza e d'impazienza che è propria dei grandi innovatori.<ref>Da ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/Itemid,3/action,detail/id,0996_01_1986_0241_0007_13753827/ Una piccola signora dal piglio principesco]'', ''La Stampa'', 14 ottobre 1986, p. 7.</ref> {{NDR|riferito a [[Rita Levi Montalcini]]}}
 
==''I sommersi e i salvati''==
===[[Incipit]]===
La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace. È questa una verità logora, nota non solo agli psicologi, ma anche a chiunque abbia posto attenzione al comportamento di chi lo circonda, o al suo stesso comportamento.
 
===Citazioni===
*Non era semplice la rete dei rapporti umani all'interno dei Lager: non era riconducibile ai due blocchi delle vittime e dei persecutori. […] L'ingresso in Lager era invece un urto per la sorpresa che portava con sé. Il mondo in cui ci si sentiva precipitati era sì terribile, ma anche indecifrabile: non era conforme ad alcun modello, il nemico era intorno ma anche dentro, il «noi» perdeva i suoi confini. (p. 25)
*E' ingenuo, assurdo e storicamente falso ritenere che un sistema infero, qual era il nazionalsocialismo, santifichi le sue vittime: al contrario, esso le degrada, le assimila a sé, e ciò è tanto più quanto più esse sono disponibili, bianche, prive di un'ossatura politica o morale. Da molti segni, pare che sia giunto il tempo di esplorare lo spazio che separa (non solo nei Lager nazisti!) le vittime dai persecutori. (p. 27)
*In secondo luogo, ed a contrasto con una certa stilizzazione agiografica e retorica, quanto più è dura l'oppressione, tanto più è diffusa tra gi oppressi la disponibilità a collaborare con il potere. (p. 30)
*Chi diventava Kapo? Occorre ancora una volta distinguere. In primo luogo, coloro a cui la possibilità veniva offerta, e cioè gli individui in cui il comandante del Lager o i suoi delegati (che spesso erano buoni psicologi) intravedevano la potenzialità del collaboratore: rei comuni tratti dalle carceri, […] Ma molti, come accennato, aspiravano al potere spontaneamente: lo cercavano i sadici […]. Lo cercavano i frustrati […] Lo cercavano, infine, i molti fra gli oppressi che subivano il contagio degli oppressori e tendevano inconsciamente ad identificarsi con loro. (p. 33)
*Non so, e non mi interessa sapere, se nel mio profondo si annidi un assassino, ma so che vittima incolpevole sono stato ed assassino no; so che gli assassini sono esistiti, non solo in Germania, e ancora esistono, e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità; soprattutto, è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della verità. […] Rimane vero che, in Lager e fuori, esistono persone grigie, ambigue, pronte al compromesso. La tensione estrema del Lager tende ad accrescerne la schiera. (p. 35)
*La vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. (p. 55)
*I "salvati" del [[Lager]] non erano i migliori, i predestinati al bene, i latori di un messaggio: quanto io avevo visto e vissuto dimostrava l'esatto contrario. Sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della "zona grigia", le spie. Non era una regola certa (non c'erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sì innocente, ma intruppato tra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri. Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti. (p. 63)
*Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo, purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca.
 
==''Il sistema periodico''==
*Il [[fascismo]] non era soltanto un malgoverno buffonesco e improvvido, ma il negatore della giustizia; non aveva soltanto trascinato l'Italia in una guerra ingiusta ed infausta, ma era sorto e si era consolidato come custode di un ordine e di una legalità detestabili, fondati sulla costrizione di chi lavora, sul profitto incontrollato di chi sfrutta il lavoro altrui, sul silenzio imposto a chi pensa e non vuole essere servo, sulla menzogna sistematica e calcolata. (''Oro'')
*Ma venne in novembre lo sbarco alleato in Nord Africa, venne in dicembre la resistenza e poi la vittoria russa a Stalingrado, e capimmo che la guerra si era fatta vicina e la storia aveva ripreso il suo cammino. Nel giro di poche settimane ognuno di noi maturò, più che in tutti i vent'anni precedenti. Uscirono dall'ombra uomini che il fascismo non aveva piegati, avvocati, professori ed operai, e riconoscemmo in loro i nostri maestri, quelli di cui avevamo inutilmente cercato fino allora la dottrina nella Bibbia, nella chimica, in montagna. Il fascismo li aveva ridotti al silenzio per vent'anni. (''Oro'')
*Poiché anche la Natura è conservatrice, portiamo nel coccige quanto resta di una coda scomparsa. (''Cromo'')
*Davanti al 40 di Viale Gorizia c'era una panchina: Giulia mi disse di aspettarla, ed entrò nel portone come un vento. [...] Ha avuto molte traversie e molti figli; siamo rimasti amici, ci vediamo a Milano ogni tanto e parliamo di chimica e di cose sagge. Non siamo malcontenti delle nostre scelte e di quello che la vita ci ha dato, ma quando ci incrontriamo proviamo entrambi la curiosa e non sgradevole impressione (ce la siamo più volte descritta a vicenda) che un velo, un soffio, un tratto di dado, ci abbia deviati su due strade divergenti che non erano le nostre. (''Fosforo'')
 
==''L'asimmetria e la vita''==
*[[Auschwitz]] è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell'aria. La peste si è spenta, ma l'infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo. In questo libro se ne descrivono i segni: il disconoscimento della solidarietà umana, l'indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l'abdicazione dell'intelletto e del senso morale davanti al principio d'autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un'idea. (dalla prefazione a Léon Poliakov, ''Auschwitz'', Veutro, Roma, 1968)
*È dell'uomo operare in vista di un fine: la strage di Auschwitz, che ha distrutto una tradizione ed una civiltà, non ha giovato a nessuno. (da ''Monumento ad Auschwitz'', ''La Stampa'', 18 luglio 1959)
*Esiste un contagio del [[male]]: chi è non-uomo disumanizza gli altri, ogni delitto si irradia, si trapianta intorno a sé, corrompe le coscienze e si circonda di complici sottratti con la paura o la seduzione [...] al campo avverso. (dalla prefazione a Jacob Presser, ''La notte dei girondini'')
*{{NDR|I nazisti e i fascisti}} Hanno dimostrato per tutti i secoli a venire quali insospettate riserve di ferocia e di pazzia giacciano latenti nell'uomo dopo millenni di vita civile, e questa è opera demoniaca. (da ''Deportati. Anniversario'', ''Torino'', anno XXXI, n. 4, aprile 1955)
*In questa nostra epoca fragorosa e cartacea, piena di propaganda aperta e di suggestioni occulte, di retorica macchinale, di compromessi, di scandali e di stanchezza, la voce della verità, anziché perdersi, acquista un timbro nuovo, un risalto più nitido. (da ''Il tempo delle svastiche'', ''Il giornale dei genitori'', anno II, n. 1, 15 gennaio 1960)
*In realtà, e nonostante alcune contrarie apparenze, il disconoscimento, il vilipendio del valore morale del lavoro era ed è essenziale al mito fascista in tutte le sue forme. Sotto ogni militarismo, colonialismo, corporativismo sta la volontà precisa, da parte di una classe, di sfruttare il lavoro altrui, e ad un tempo di negargli ogni valore umano. [...] Allo stesso scopo tende l'esaltazione della violenza, essa pure essenziale al fascismo: il manganello, che presto assurge a valore simbolico, è lo strumento con cui si stimolano al lavoro gli animali da soma e da traino. (da ''«Arbeit macht frei»'', ''Triangolo rosso'', ANED, novembre 1959)
*La maggior parte fra noi erano ebrei: ebrei provenienti da tutte le città italiane, ed anche ebrei stranieri, polacchi, ungheresi, jugoslavi, cechi, tedeschi, che nell'Italia fascista costretta all'antisemitismo dalle leggi razziali di Mussolini, avevano incontrato la benevolenza e la civile ospitalità del popolo italiano. (da ''Al visitatore''<ref>Testo scritto per l'inaugurazione del memoriale in onore degli italiani caduti nei campi di concentramento nazisti</ref>, aprile 1980)
*Nelle intenzioni fasciste, {{NDR|in Italia}} la caccia all'ebreo non avrebbe dovuto essere meno accanita che nella Germania alleata, ma è stata ampiamente vanificata dalla sensibilità umana degli italiani, dalla indifferenza politica di allora, e dal discredito di cui il fascismo si era ormai coperto. (da ''Perché non ritornino gli olocausti di ieri (le stragi naziste, le folle e la Tv)'', ''La Stampa'', 20 maggio 1979)
*Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti. (da ''Un passato che credevamo non dovesse tornare più'', ''Corriere della sera'', 8 maggio 1974)
*Sarà bene ricordare a chi non sa, ed a chi preferisce dimenticare, che l'olocausto si è esteso anche all'Italia, benché la guerra volgesse ormai alla fine, e benché la massima parte del popolo italiano si sia mostrata immune al veleno razzista. (da ''Le immagini di «Olocausto» – dalla realtà alla Tv'', in ''Speciale del "Radiocorriere TV"'', a cura di Pier Giorgio Martinelli, Eri, maggio 1979, p. 2-5)
 
==''La chiave a stella''==
*[...] perché il [[martello]] aggiusta tutto, tanto che alla [[Lancia (azienda)|Lancia]] lo chiamavano "l'ingegnere".
*L'ho contattato, che poi vuol dire che gli ho telefonato ma è più elegante.
*Pena e dispetto come fanno i [[malattia|malati]], che anche se uno non gli vuole bene finisce col dare una mano perché guariscano, così almeno non si lamentano più.
*Non è mica un caso che quelli che hanno più fretta di fare il [[funerale]] sono proprio quelli che sentono più colpa.
*Lei deve sapere che farmi avanti quando tutti si fanno indietro a me mi è sempre piaciuto, e mi piace ancora.
*Infatti, come c'è un'arte di raccontare, solidamente codificata attraverso mille prove ed errori, così c'è pure un'arte dell'ascoltare, altrettanto antica e nobile, a cui tuttavia, che io sappia, non è stata mai data norma.
*Conviene essere sempre d'accordo con chi racconta, se no lo si intralcia e gli si fa perdere il filo.
*Perché sa, a me il mare non è mai piaciuto: si muove sempre, ci fa umido, c'è l'aria molle e marinosa, insomma non mi dà fiducia e mi fa venire le lune.
*Perché certe imprese per capirle bisogna farle, o almeno vederle;
*L'amare il proprio [[lavoro]] (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono.
*E malinconicamente vero che molti lavori non sono amabili, ma è nocivo scendere in campo carichi di odio preconcetto: chi lo fa, si condanna per la vita a odiare non solo il lavoro, ma se stesso e il mondo.
*Si può e si deve combattere perché il frutto del lavoro rimanga nelle mani di chi lo fa, e perché il lavoro stesso non sia una pena, ma l'amore o rispettivamente l'odio per l'opera sono un dato interno, originario, che dipende molto dalla storia dell'individuo, e meno di quanto si creda dalle strutture produttive entro cui il lavoro si svolge.
*Anche se poi, se lei mi chiedesse perché sono al mondo, sarei un po' imbarazzato a risponderle.
*Perché quando c'è la fame uno si fa furbo.
*Perché la brava gente si somiglia dappertutto.
*Ma sa come succede quando uno incontra una difficoltà e allora gli pare come se avesse fatto una scommessa e gli spiace di perderla.
*Io ho idea che se certi lavori li insegnassero a scuola, invece di Romolo e Remo, si guadagnerebbe.
*Io sulle prime credevo che fosse una ragazza un po' strana, perché non avevo esperienza e non sapevo che tutte le ragazze sono strane, o per un verso o per un altro, e se una non è strana vuol dire che è ancora più strana delle altre, appunto perché è fuori quota, non so se mi spiego.
*Il termine «libertà» ha notoriamente molti sensi, ma forse il tipo di libertà più accessibile, più goduto soggettivamente, e più utile al consorzio umano, coincide con l'essere competenti nel proprio lavoro, e quindi nel provare piacere a svolgerlo.
*Può essere che invece non mi segua il lettore, qui ed altrove, dove è questione di mandrini, di molecole, di cuscinetti a sfere e di capicorda; bene, non so che farci, mi scuso ma sinonimi non ce n'è. Se, come è probabile, ha accettato a suo tempo i libri di mare dell'Ottocento, avrà pure digerito i bompressi e i palischermi: dunque si faccia animo, lavori di fantasia o consulti un dizionario. Gli potrà venire utile, dato che viviamo in un mondo di molecole e di cuscinetti.
*Ma per me un uomo che non abbia mai avuto un collaudo negativo non è un uomo, è come se fosse rimasto alla prima comunione.
*E già difficile per il chimico antivedere, all'infuori dell'esperienza, l'interazione fra due molecole semplici; del tutto impossibile predire cosa avverrà all'incontro di due molecole moderatamente complesse. Che predire sull'incontro di due esseri umani?
*Meglio sbagliare per omissione che per commissione: meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già così difficile ed incerto pilotare il proprio.
*Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l'amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono.
 
==''La tregua''==
===[[Incipit]]===
Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell'Armata Rossa, i tedeschi avevano evacuato in tutta fretta il bacino minerario slesiano. Mentre altrove, in analoghe condizioni, non avevano esitato a distruggere col fuoco e con le armi i Lager insieme con i loro occupanti, nel distretto di Auschwitz operarono diversamente.<br>
{{NDR|citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993}}
 
===Citazioni===
*''Sognavamo nelle notti feroci | Sogni densi e violenti | Sognati con anima e corpo: | Tornare; mangiare; raccontare. | Il comando dell'alba: | "Wstawać"; | E si spezzava in petto il cuore. || Ora abbiamo ritrovato la casa, | Il nostro ventre è sazio, | Abbiamo finito di raccontare. | È tempo. Presto udremo ancora | Il comando straniero: | "Wstawać".''<ref>Poesia introduttiva.</ref>
*In ogni gruppo umano esiste una [[vittima]] predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su cui nascono dicerie insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali umori e il loro desiderio di nuocere.
*L'uomo è gregario, e ricerca più o meno consapevolmente la vicinanza non già del suo prossimo generico, ma solo di chi condivide le sue convinzioni profonde (o la sua mancanza di tali convinzioni).
*Quando c'è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle [[scarpa (calzatura)|scarpe]], in secondo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l'inverso. – Ma la guerra è finita, – obiettai: e la pensavo finita, come molti in quei mesi di tregua, in un senso molto più universale di quanto si osi pensare oggi. – Guerra è sempre, – rispose memorabilmente Mordo Nahum.
 
==''Ranocchi sulla luna e altri animali''==
*La [[coccinella]] socchiude le elitre, armeggia per districare le ali, infine le distende, solleva le elitre obliquamente, ed inizia il suo volo, non agile né veloce. Pare se ne debba concludere che per una buona corazzatura si può pagare un prezzo alto.<br />Ma la corazza dei [[coleottero|coleotteri]] è una struttura ammirevole: da ammirarsi, purtroppo, solo nelle vetrine dei musei zoologici. È un capolavoro di ingegneria naturale, e ricorda le armature di tutto ferro dei guerrieri medioevali. (p. 147)
*La somiglianza fra uno [[scarabeo]] che avanza scartando l'erba, lento e possente, e un [[carro armato]], è tale da far subito sorgere in mente una metafora nei due sensi: l'insetto è un piccolo panzer, il panzer è un enorme insetto. E il dorso dello scarabeo è araldico: convesso o piatto, opaco o rilucente, è uno stemma nobiliare: anche se il suo aspetto non ha alcun rapporto simbolico con il «mestiere» del suo titolare, cioè col suo modo di sfuggire agli aggressori, di riprodursi e di alimentarsi. (p. 147)
*Non c'è materiale organico, vivente o morto o decomposto, che non abbia trovato un amatore fra i coleotteri. (p. 147)
*Le bellissime cetonie (care a [[Guido Gozzano|Gozzano]]: «Disperate cetonie capovolte», uno dei più bei versi che siano mai stati composti nella nostra lingua) si nutrono solo di rose, e i non meno belli [[scarabeo sacro|scarabei sacri]], solo di escrementi bovini: il maschio ne confeziona una pallina, l'afferra fra i tarsi posteriori come tra due perni, e parte a marcia indietro spingendola e facendola rotolare, finché trova un terreno adatto a seppellirla: allora entra in scena la femmina, e vi depone un solo uovo. La larva si nutrirà del materiale (ormai non più ignobile) a cui la coppia previdente ha dedicato tanta fatica, e dopo la muta emergerà dalla tomba un nuovo scarabeo: anzi, secondo alcuni antichi osservatori, lo stesso di prima, risorto dalla morte come la Fenice. (p. 148)
*Una volta, viaggiando a notte su un'autostrada illuminata dalla luna, ho sentito i vetri e il tetto dell'auto bombardati come dalla grandine: era uno sciame di [[ditisco|ditischi]], lucidi, bruni ed orlati di arancio, grossi come una mezza noce, che avevano scambiato l'asfalto della strada per un fiume, e tentavano invano di ammararvi. Questi scarabei, per ragioni idrodinamiche, hanno raggiunto una compattezza e semplicità di forme che credo unica nel regno animale: visti dal dorso, sono ellissi perfette, da cui sporgono solo le zampe mutate in remi. (p. 148)
 
==''Se non ora, quando?''==
===[[Incipit]]===
- Al mio paese, di orologi ce n'erano pochi. Ce n'era uno sul campanile, ma era fermo da non so quanti anni, forse fin dalla rivoluzione: io non l'ho mai visto camminare, e mio padre diceva che neanche lui. Non aveva orologio neppure il campanaro.<br>
- Allora come faceva a suonare le campane all'ora giusta?<br>
- Sentiva l'ora alla radio, e si regolava col sole e con la luna. Del resto, non suonava tutte le ore, ma solo quelle importanti. Due anni prima che scoppiasse la guerra si era rotta la corda della campana: si era strappata in alto, la scaletta era fradicia, il campanaro era vecchio e aveva paura di arrampicarsi fino lassù per mettere una corda nuova. Da allora in poi ha segnato le ore sparando in aria col fucile da caccia: uno, due, tre, quattro spari. È andato avanti così finché sono venuti i tedeschi; il fucile glielo hanno preso, e il paese è rimasto senza ore.
 
===Citazioni===
*Perché ognuno è l'ebreo di qualcuno, perché i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi. Perché Edek è un uomo mite che ha imparato a combattere; ha scelto come me ed è mio fratello, anche se lui è polacco e ha studiato, e io sono un russo di villaggio e un orologiaio ebreo. (ora in "Opere", a cura di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino, 1997, vol. II, p. 427).
 
==''Se questo è un uomo''==
===[[Incipit]]===
Voi che vivete sicuri<br>Nelle vostre tiepide case,<br>Voi che trovate tornando a sera<br>Il cibo caldo e visi amici:<br>Considerate se questo è un uomo<br>Che lavora nel fango<br>Che non conosce pace<br>Che lotta per mezzo pane<br>Che muore per un sì o per un no.<br>Considerate se questa è una donna,<br>Senza capelli e senza nome<br>Senza più forza di ricordare<br>Vuoti gli occhi e freddo il grembo<br>Come una rana d'inverno.<br>Meditate che questo è stato:<br>Vi comando queste parole.<br>Scolpitele nel vostro cuore<br>Stando in casa andando per via,<br>Coricandovi alzandovi;<br>Ripetetele ai vostri figli.<br>O vi si sfaccia la casa,<br>La malattia vi impedisca,<br>I vostri nati torcano il viso da voi.
 
===Citazioni===
*A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni [[straniero]] è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il [[Lager]]. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.
*[...] accade facilmente, a chi ha perso tutto, di [[Perdita|perdere]] se stesso.
*Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un [[uomo]]. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la [[realtà]] ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il [[nome]]: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.
*Avevamo deciso di trovarci, noi italiani, ogni domenica sera in un angolo del Lager; ma abbiamo subito smesso, perché era troppo triste contarci, e trovarci ogni volta più pochi, e più deformi, e più squallidi. Ed era così faticoso fare quei pochi passi: e poi, a ritrovarsi, accadeva di ricordare e di pensare, ed era meglio non farlo.
*Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.
*E infine, si sa che sono qui di passaggio, e fra qualche settimana non ne rimarrà che un pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un registro un numero di matricola spuntato. Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una opaca intima [[solitudine]], e in solitudine muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella [[memoria]] di nessuno.
*Essi {{NDR|gli altri prigionieri di Auschwitz}} popolano la mia [[memoria]] della loro presenza senza volto, e se potessi racchiudere in una immagine tutto il [[male]] del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di pensiero.
*Guai a [[sogno|sognare]]: il momento di coscienza che accompagna il risveglio è la sofferenza più acuta. Ma non ci capita sovente, e non sono lunghi sogni: noi non siamo che bestie stanche.
*Il sopravvivere senza aver rinunciato a nulla del proprio mondo morale, a meno di potenti e diretti interventi della fortuna, non è stato concesso che a pochissimi individui superiori, della stoffa dei martiri e dei santi.
*In questo Ka-Be, parentesi di relativa pace, abbiamo imparato che la nostra [[personalità]] è fragile, è molto più in pericolo che non la nostra vita; e i savi antichi, invece di ammonirci «ricordati che devi morire», meglio avrebbero fatto a ricordarci questo maggior pericolo che ci minaccia.
*La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente, e meriterebbe uno studio approfondito. Si tratta di un prezioso lavorio di [[adattamento]], in parte passivo e inconscio, e in parte attivo [...]
*La loro [[vita]] è breve ma il loro numero sterminato; sono loro, i Musulmänner, i sommersi, il nerbo del campo; loro, la massa anonima, continuamente rinnovata e sempre identica, dei non-uomini che marciano e faticano in [[silenzio]], spenta in loro la scintilla divina, già troppo vuoti per soffrire veramente. Si esita a chiamarli vivi: si esita a chiamar [[morte]] la loro morte, davanti a cui essi non temono perché sono troppo stanchi per comprenderla.
*La persuasione che [[senso della vita|la vita ha uno scopo]] è radicata in ogni fibra di uomo, è una proprietà della sostanza umana.
*Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona «a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto».
*Oggi è domenica lavorativa, Arbeitssonntag: si lavora fino alle tredici, poi si ritorna in campo per la doccia, la rasatura e il controllo generale della [[scabbia]] e dei pidocchi, e in cantiere, misteriosamente, tutti abbiamo saputo che la selezione sarà oggi. La notizia è giunta, come sempre, circondata da un alone di particolari contraddittori e sospetti: stamattina stessa c'è stata selezione in infermeria; la percentuale è stata del sette per cento del totale, del trenta, del cinquanta per cento dei malati. A Birkenau il camino del Crematorio fuma da dieci giorni. Deve essere fatto posto per un enorme trasporto in arrivo dal ghetto di Posen. I giovani dicono ai giovani che saranno scelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che saranno scelti solo i malati. Saranno esclusi gli specialisti. Saranno esclusi gli ebrei tedeschi. Saranno esclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Sarò escluso io.
*Oggi io penso che, se non altro per il fatto che un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di [[Provvidenza]]: ma è certo che in quell'ora il ricordo dei salvamenti biblici nelle avversità estreme passò come un vento per tutti gli animi.
*Pochi sono gli uomini che sanno andare a morte con dignità, e spesso non quelli che ti aspetteresti.
*Quest'anno è passato presto. L'anno scorso a quest'ora io ero un uomo libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime cose: al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle cose e alle leggi che governano l'agire umano; e inoltre alle montagne, a cantare, all'amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino, e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l'avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere.
*Se [[comprensione|comprendere]] è impossibile, [[conoscenza|conoscere]] è necessario. (dall'appendice all'edizione scolastica, 1976)
*Se io fossi Dio, sputerei a terra la preghiera di Kuhn.
*Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la [[felicità]] perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una [[infelicità]] perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell'altro, incertezza del domani.
 
==Citazioni su Primo Levi==
*È la completezza. Con lui si impara a leggere, scrivere, parlare. Levi insegna una lingua e quella lingua esprime qualcosa che non è solo vicenda, ma ventaglio di strumenti. ([[David Bidussa]])
*L'ultimo appello di Primo Levi non dice: «Non dimenticatemi!»; bensì «Non dimenticate!». ([[Claudio Toscani]], ''Come leggere Se questo è un uomo di Primo Levi'', Mursia, 1990²)
*La [[memoria]] è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare: è il testamento che ci ha lasciato Primo Levi. ([[Mario Rigoni Stern]])
 
==Bibliografia==
*Primo Levi, ''Se questo è un uomo'', Einaudi, Torino, 1956.
*Primo Levi, ''La tregua'', Einaudi, Torino, 1962.
*Primo Levi, ''Storie naturali'', Einaudi, Torino, 1966.
*Primo Levi, ''Vizio di forma'', Einaudi, Torino, 1971.
*Primo Levi, ''Lilit e altri racconti'', Einaudi, Torino, 1971.
*Primo Levi, ''Il sistema periodico'', Einaudi, Torino, 1975.
*Primo Levi, ''L'osteria di Brema'', Edizioni Scheiwiller, 1975.
*Primo Levi, ''La chiave a stella'', Einaudi, Torino, 1978.
*Primo Levi, ''La ricerca delle radici'', Einaudi, Torino, 1981.
*Primo Levi, ''Se non ora, quando?'', Einaudi, Torino, 1982. ISBN 8806054015
*Primo Levi, ''Ad ora incerta'', Garzanti, 1984.
*Primo Levi, ''L'altrui mestiere'', Einaudi, Torino, 1985.
*Primo Levi, ''I sommersi e i salvati'', Einaudi, Torino, 1991. ISBN 8806126954
*Primo Levi, ''Racconti e saggi'', Edizioni La Stampa, Torino, 1986.
*Primo Levi, ''L'ultimo natale di guerra'', Einaudi, Torino, 2000.
*Primo Levi, ''L'asimmetria e la vita. Articoli e saggi 1955-1987'', a cura di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino, 2002.
*Primo Levi, ''Ranocchi sulla luna e altri animali'', a cura di Ernesto Ferrero, Einaudi, Torino, 2014. ISBN 978-88-06-22159-1
 
==Note==
<references/>
 
==Altri progetti==
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===Opere===
*{{Pedia|Se questo è un uomo||(1947)}}
*{{Pedia|La tregua (romanzo)|''La tregua''|(1963)}}
*{{Pedia|La chiave a stella||(1978)}}
 
{{DEFAULTSORT:Levi, Primo}}
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