Fernando Pessoa: differenze tra le versioni

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*Non sono stato l'attore, non i suoi gesti. (1992, p. 120)
*Mi pesa, realmente mi pesa, come una condanna a conoscere questa nozione repentina della mia vera identità, di questa che ha sempre viaggiato sonnolenta tra ciò che sente e ciò che vede. (1992, p. 121)
*Preferisco una sconfitta consapevole della bellezza dei fiori, piuttosto che una vittoria in mezzo ai deserti, una vittoria colma della cecità dell'anima, di fronte alla sua nullità separata. (2001, p. 128)
*Ci sono momenti in cui tutto ci stanca, perfino ciò che potrebbe riposarci, quello che ci stanca perché ci stanca; quello che potrebbe riposarci perché l'idea di ottenerlo ci stanca. (1992, p. 135)
*''Litania'' Noi non ci realizziamo mai. Siamo due abissi – un pozzo che fissa il Cielo. (1992, p. 139)
*Il tedio... Pensare senza che si pensi, con la stanchezza di pensare; sentire senza che si senta, con l'angoscia del sentire; non volere senza che non si voglia, con la nausea di non volere. (1992, p. 140)
*Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta ed è la più terribile delle stanchezze. Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell'emozione. È un peso della consapevolezza del mondo, una impossibilità di respirare con l'anima. (1992, p. 142)
*[...] Ho una intima paura dei gesti da abbozzare, una timidezza intellettuale delle parole da dire. Tutto mi sembra sordido in anticipo. <br/> L'insopportabile tedio di tutti questi visi, ebeti di intelligenza o della mancanza di essa, grotteschi fino alla nausea da quanto sono felici o infelici, orrendi perché esistono, marea separata di cose vive che mi sono estranee... (2001, p. 145)
*La vita è un gomitolo che qualcuno ha aggrovigliato. Essa ha un senso se è srotolata e disposta in linea retta, o ben arrotolata. Ma così com'è e un probema senza nucleo, un avvolgersi senza un dove attorno a cui avvolersi. (1992, p. 185).
*I [[sentimento|sentimenti]] più dolorosi e le [[emozione|emozioni]] più pungenti, sono quelli assurdi: l'ansia di cose impossibili, proprio perché sono impossibili, la [[nostalgia]] di ciò che non c'è mai stato, il [[desiderio]] di ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro, l'insoddisfazione per l'esistenza del mondo. (1992, p. 195)
*Il peso del sentire! Il peso del dover sentire! (1992, p. 197)
*Vivere una vita raffinata e senza passioni, al riparo delle idee, leggendo, sognando e pensando a scrivere; una vita abbastanza lenta da poter essere sempre sul limite del tedio, sufficientemente meditata da non trovarvisi mai. Vivere quella vita lontano dalle emozioni e dai pensieri, soltanto nel pensiero delle emozioni e nell'emozione dei pensieri. Indugiare al sole, doratamente, come un lago oscuro contornato di fiori. Avere, nell'ombra, quell'aristocrazia dell'individualità che consiste nel non insistere con la vita. [...] (2001, p. 203)
*Esiste una sonnolenza dell'attenzione volontaria, che non so spiegare, e che frequentemente mi assale se, di una cosa così sfumata, si possa dire che assalga qualcuno. Cammino per strada come se stessi seduto, e la mia attenzione, vigile su tutto, ha tuttavia l'inerzia di un corpo in assoluto riposo.[...] È la sensazione di un'ebrezza da inerzia, di una sbornia senza allegria, né in sé, né per ciò che causa. È una malattia che non ha speranza di convalescenza. È una morte alacre.
*I fuochi fatui della nostra putredine, sono almeno luci nelle nostre tenebre. (1992, p. 204)