Tommaso Landolfi: differenze tra le versioni

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*Ciò che io contemplo è l’ultimo paese, / È l’estrema dimora del mio sguardo: / Ché se la morte attendo ad ogni istante, / Ogni istante è la morte (da "Viola di morte", Adelphi, pag. 161)
*Le responsabilità sono di chi se le prende, di chi le sente come tali, laddove io non ho mai sentito niente di simile nei confronti della famiglia, degli altri in generale e in ultima analisi di me stesso. Per la via della responsabilità si arriverebbe al famigerato rispetto per se medesimi e, chissà, forse anche della democrazia: ci mancherebbe altro! (da ''Tre racconti'', Rizzoli, 1990, p. 96)
*{{NDR|Si definisce}}[...] rappresentante genuino della gloriosa nobiltà meridionale. (da ''Opere'', I, Rizzoli, Milano, 1991, p. 667<ref>Citato in Luigi Matt, [http://www.treccani.it/enciclopedia/tommaso-landolfi_(Dizionario_Biografico)/'' LANDOLFI, Tommaso''], ''Treccani.it'' in ''Dizionario Biografico degli Italiani'', vol. 63, 2004.</ref>
*Una fede: come si può affrontare la morte senza fede (non parlo già di una fede propriamente religiosa) o senza ad essa diuturnamente e quotidianamente prepararsi? ''Estote, estote parati'', diceva quella zia, e il raddoppiamento dell'imperativo mi dava, non so perché, un'infrenabile allegria. E ancora eviterò, oggi e forse sempre, questo mio supremo argomento della morte, colla scusa della stanchezza e dell'impotenza. (non ho Pascal, e avrei bisogno di rileggere quelle sue prime pagine sulla morte. (da ''Rien va'', 10 giugno 1958)