Mina (cantante): differenze tra le versioni

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*[...] Dovremmo, tutt[i] insieme, [...] ridere di gusto sugli sproloqui di chi vuole farci credere di intendersi di economia. Da circa una cinquantina d'anni, ogni giorno, in ogni telegiornale, su ogni giornale, in ogni intervista, in ogni dibattito, in ogni dichiarazione, molti, moltissimi, troppi, a diverso titolo, affermano di volerci informare sui problemi di economia, di consegnarci ricette adatte alla soluzione e di chiederci in cambio la fiducia espressa in un voto in cabina. Mi pare, ma posso anche sbagliarmi, che non sia successo mai niente che indirizzasse le nostre vite alla sicurezza di un lavoro, inteso come diritto, e alla stabilità, pur con i fisiologici alti e bassi che, sempre noi normali, potremmo accettare. L'economia basata sul debito, la distanza tra "ricchezza o povertà" e economia reale, l'antidemocraticità della finanza tramata in salotti, cupole e club, così silenziosa da fare ribrezzo, sono gli elementi della mia disillusione. E, siccome non voglio piangere, rido di chi, con sussiego o arroganza, cialtroneria o competenza, sincerità o folklore, interesse o irresponsabilità, finge di capire, di volermi far capire e, solo per questo, mi chiede qualcosa in cambio. Non darò niente in cambio. Solo una risata, il più irrispettosa possibile. [...] Faranno sempre i seriosi quelli che, se aprono bocca, sono capaci di invertire un andamento di borsa, fregandosene se ciò avverrà per un giorno solo, mentre l'anno, gli anni, le vite continuano a essere sul bordo di un precipizio. L'arma più certa per garantire il perpetuarsi della nostra illusione di libertà è tenerci nella paura sventolando gli incubi dei futuri bui. (dalla rubrica [http://minapervoi.vanityfair.it/2012/07/31/1349/ "Mina per voi"], 31 luglio 2012)
*E invece l'unica cosa che mi piace è proprio leggere, anzi rileggere. Adesso sono sprofondata in [[Joseph Roth]], come si fa a non impazzire per uno così? Per il resto vita debosciata: sono pigrissima, non voglio fare niente, la ginnastica mi fa schifo, lo sport lo seguo alla televisione, soprattutto il calcio, la natura non mi fa niente, già un albero mi innervosisce, sto anche quindici giorni senza uscire di casa, mi piace giocare a carte, scopone e poker, chiacchiere coi pochi amici che ho. Riprovevole ma almeno sto quieta. Mi avevano offerto, per esempio, di andare a cantare a Las Vegas, bello magari, ma dovevo starci tre mesi: tre mesi di galera, lontano da casa, ci ho rinunciato subito. (dall'intervista di [[Natalia Aspesi]], ''Ecco Mina più grassa più bella e più brava'', ''la Repubblica'', 4 luglio 1978)
*{{NDR|Su [[Pino Daniele]]}, rispondendo a un lettore che scrive "Lo sento molto nostro, dato che io sono di Napoli"}} È vostro, ma è anche molto mio e di chi ama la musica, oserei dire, aristocratica. La musica fatta con serietà e rispetto. E con una qualità, con un talento purissimo e raro. Insostituibile. Onore a Pino Daniele. (dalla rubrica [http://minapervoi.vanityfair.it/2015/01/08/daniele-talento-purissimo-e-raro/#more-2143 "Mina per voi"], 8 gennaio 2015)
*Essere buoni oggi, e anche ieri, significa non essere umani, evidentemente. Perché noi uomini stiamo mettendocela tutta per dimostrare di essere delle belve sanguinarie, prevaricatrici, senza rispetto, senza amore, senza comprensione, senza compassione. Non so se i "buoni" esistono e dove. Qui, forse, si possono trovare i troppo buoni. Diffiderei anche di loro. (da ''Vanity Fair'', n. 34, 3 giugno 2004)
*Fa male che la tv rappresenti così abbondantemente la violenza. Come se fosse l'unica manifestazione dell'uomo interessante da mostrare. Specialmente in questo periodo è facile assistere a telegiornali che su undici o dodici servizi ne trasmettono almeno otto riguardanti morte. Senza voler fare lo struzzo, mi rifiuto di pensare che siano i più importanti. Suscitare raccapriccio, angoscia da aggiungere al dolore che già ci strangola è un'operazione scorretta. Solitamente si tratta di attirare attenzione e strumentalizzare pensieri privati o comuni. Che l'intenzione non sia solo quella buona, di informare, ma piuttosto quella di giustificare prese di posizione e relativa propaganda, lo si può intuire da quanto eventi di orrore e terrore servano a provocare e prolungare dibattiti inutili, sconvenienti, banali. Per non parlare di quanto sia ridicolo, in certe occasioni, ripetere l'invito al silenzio necessario e continuare a dissertare animosamente proprio sull'evento che meriterebbe il silenzio. (da ''Vanity Fair'', n. 53, 14 ottobre 2004)