Giovanni Papini: differenze tra le versioni

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===Citazioni===
*L'uomo, fra tutti gli esseri che sono in terra, è il solo che si sforzi d'imitare il suo padre antico, che tenti di tornare, nei suoi più vivi ed alti momenti, allo stato del sole o almeno di assomigliarsi a lui. (pagp. 23)
*La [[Luna]], per colui che pensa in termini di eternità, è il fulgente ''memento mori'' che Dio ripete ogni giorno alla «gran madre antica». (pagp. 27)
*Quando noi camminiamo, indifferenti o frenetici, sulla superficie della [[terra]], noi calpestiamo, in verità, quel che fu, un giorno, carne sensibile di esseri vivi. (pagp. 29)
*Il [[mare]] è un nemico che gli uomini si sforzano di amare. (pagp. 30)
*Nell'universo rinnovato da Cristo secondo spirito e verità non c'è posto per il mare; il mare era un di più; un avanzo della prima creazione, ora obliterata. La terra sarà tutta terra e tutta umana e gli uomini cercheranno l'infinito e la libertà soltanto nello splendore senza confine del cielo rifatto. (pagp. 35)
*La [[falena]] è innamorata di ciò che fa paura alla tigre. Ma l'uomo – fiera destinata a diventar farfalla angelica – è nello stesso tempo sbigottito e attirato dal [[fuoco]]. (pagp. 42)
*Quando il diavolo di Goethe dice: «se non mi fossi riservata la fiamma non avrei nulla per me» mentisce come sempre. Neppure la fiamma appartiene all'eterno Diseredato. Come Dio s'è riservato, tra i giorni, quello del riposo e tra i liquori della vita il sangue Egli ha preso per sé, tra gli elementi, l'amorosa tremendità del fuoco. (pagp. 44)
*L'incendiario è l'ateo che non ha saputo trovar Dio in se stesso e che lo cerca, per la via del delitto, nel simbolo fisico ed esteriore. Forsennato a somiglianza del mistico, di cui è l'antitesi, e non potendo incendiar d'amore l'anima sua per ricongiungerla al fuoco supremo, egli dà fuoco alle cose consumabili e gode in cuor suo nel contemplare le fiamme nate dalla sua vendetta. E come tutti gl'idolatri adora l'apparenza e non la sostanza d'Iddio. (pagg. 48-49)
 
====''Il mondo visto dal poeta''====
*È certo la primavera la stagione più triste dell'anno. Ondeggia, incespicante e trasognata tra la bianca severità dell'inverno e la focosa maestà dell'estate, come una «donzelletta» acerba che non è più vera bambina e non è ancora donna fatta. È ridotta, perciò, alle malfide risorse del doppio gioco. In certi giorni un baccanale di sole indora e accende tutte le cime e tutte le superfici, e un'improvvisa afosità simula ipocritamente la gialla offensiva del giugno. Ma poi, il giorno dopo, sipari di nuvolone seppiacee si calano sugli orizzonti come gramaglie, il vento settentrionale uggiola e morde, i piovaschi impazziscono in furori diluviali, i fiumi aprono brecce nelle ripe, sui monti si ammonta un'altra volta la neve, tardiva ed intempestiva, e le prime erbe dei prati, stupite e strapazzate, vorrebbero rientrare sotto la terra. Passata la furia boreale, tornano le giornate grigie e accidiose, con qualche golfo di azzurro che subito si richiude, le strade fradice e sudice, i muri bollati di gore umide, i fossi colmi d'acqua lotosa. Eppoi, in pochi meriggi, tutto s'asciuga, tutto s'infiamma, tutto arde, tutto si riscalda e ci s'accorge, con mortificante sorpresa, che la primavera è finita, senza aver potuto godere, meno che pochi istanti, le sue incantate e decantate meraviglie. (pagg. 55-56)
*Era la primavera, secondo le favole antiche, la stagione de' rinnovati o comincianti amori: e anche questa è [[leggenda]]. Gli uomini, più insaziabili delle bestie, non hanno più, e forse non hanno mai avuto, una sola stagione per la cocenza dell'amore. E semmmai l'hanno trasferita all'incandescente estate: già l'antichissimo Esiodo aveva notato che nell'agosto son più lascive le donne. Ma tutti i mesi, per l'uomo, sono ugualmente propizi, tanto più che l'amore entusiasmo, l'amore passione, l'amore pazzia, ai quali si riferivano i poeti e i trattati di Eros, vanno velocemente scomparendo dagli animi e dai costumi dei nostri popoli inciviliti fino all'imbecillità e oltre. (pagp. 59)
*L'ardente [[solitudine]] non annulla la possibilità degli amori. (pagp. 61)
*La vampa favorisce la caparbia volontà sella specie. Sembra che ogni vivente non abbia altro fine che quello di generare viventi simili a sé, senza curarsi se gli intervalli tra le successive creazioni siano odiosi o portentosi. (pagp. 61)
*I giorni di [[settembre]] sono, fino all'ultimo meriggio, ariose e melodiose strofe classiche che all'avvicinarsi della notte diventano troppo buiosamente romantiche. (pagp. 64)
 
====''I figli del quinto giorno''====
*[...] La pelle di Simba, del superbo imperatore della foresta africana, fu inondata e lordata dalla bava di quei due cuccioli dell'uomo di città. Finché divenuta troppo sordida e putente perfino per il non delicato olfatto della portinaia, fu sdegnosamente buttata sopra un monte di spazzatura, dove ebbe finalmente termine la sciagurata e immeritata infamia del re prigioniero.<br>Tale è spesso la miseranda sorte degli esseri migliori e non soltanto fra queli che nacquero, leoni, sulle sponde erbose di un gran fiume. (pagp. 88)
*Nel nostro mondo nulla muore o sparisce interamente e definitivamente e così un rito magico preistorico è contemporaneo, presso un popolo civile, delle più ardite applicazioni della fisica modernissima. (pagp. 90)
*L'omicidio, come tutti possono osservare leggendo le storie recenti e i giornali di ogni mattina, è sempre più fiorente tra i popoli di razza bianca. Qualunque motivo o pretesto è buono per sopprimere i nostri simili: la gelosia o la politica, la vendetta o il lucro, la punizione dei delinquenti o l'amore non corrisposto, la speranza di un premio o l'accecamento del furore, l'assillo del guadagno sognato o il sadismo sessuale, senza contare le carneficine di massa delle insurrezioni, delle fucilazioni e delle invasioni e neppure quegli omicidi gratuiti e perfetti venuti di moda attraverso la letteratura europea negli ultimi decenni.<br>Si vedono ogni giorno innamorati che uccidono le amanti, mogli che uccidono i mariti, mariti che uccidono le mogli, padre che uccidono i figli, figli che uccidono i genitori, fratelli che ammazzano i fratelli, ladri che ammazzano i derubati, criminali che sopprimono i polizziotti, polizziotti che sopprimono i criminali e perfino fanciulli e adolescenti che per gioco o per gola di pochi soldi strangolano e sgozzano i loro coetanei. Gli stati non sono meno risolutamente omicidi dei cittadini che li compomgono: le guerre di sterminio sono ancora frequenti e in quasi tutti i paesi cristiani i codici ammettono solennemante il diritto di contravvenire a uno dei più antichi e perentori comandamenti di Dio. Anche ai tempi nostri come in quelli delle «Soirées de St. Petersbourg» di Giuseppe de Maistre c'è sulla terra un perenne «ruissellement de sang». (pagg. 92-93)
*[...] le fiere selvatiche e i mammiferi giganti son vendicati, sempre dagli animali più microscopici che esitano, da quei microbi che prosperano nel corpo umano e che, ala fine, nella maggior parte dei casi, lo intossicano, lo divorano e lo spengono. Strano e singolare contrappasso, gli esseri infinitesimi e invisibili puniscono con la morte gli uccisori dei loro fratelli colossi. Gli umili, che son legione, fanno giustizia dei mediocri che ammazzano i potenti. (pagp. 93)
 
====''Gli ultimogeniti''====
*L'uomo non è che un quadrupede riottoso e maligno che, a forza di superbia, riesce a star ritto sulle zampe di dietro. (pagp. 97)
*– Chi aspira ad innalzarsi al di sopra della terra [...] è segno che in altri tempi ebbe le ali oppure che è destinato, in un lontano futuro, ad averle. (pagp. 98)
*Medievali debbono essere i versicoli [[lingua latina|latini]] che trovai, non so più dove, e che mi sono rimasti, non so come nella memoria.<br><br>''Homo? Humus<br>Fama? Fumus<br>Finis? Cinis.''<br>Con terribile brevità qui è contenuta la storia terrena di tutti gli uomini, anche dei sommi e dei gloriosi. [...] Nella poesia moderna non conosco nulla che sia ugualmente laconico e pauroso, all'infuori dei quattro versicoli popolari che da qualcuno sono attribuiti a Verlaine:<br>''Les marionettes<br>Font, font, font<br>Trois petits tour<br>Et puis s'en vont''.<br>Più profondamente e crudelmente è incisa l'umana sorte nei versi latini che mettono sotto gli occhi, con spietata evidenza, l'umiltà originaria e la distruzione finale, mentre nei versi francesi c'è qualcosa del teatrino bambinesco e soprattutto un senso comico ed ironico. Nel medioevale c'è il solenne epitaffio sul gran cimitero del mondo; nel moderno un semplice scherzo funebre sul palcoscenico dei burattini che si credono vivi. (pagg. 98-99)
*L'[[uomo]] può esser più bestiale delle bestie, più porcino dei [[maiale|porci]], più tigresco delle tigri, più velenoso dei serpenti, più flaccido dei vermi, più appestante di una carogna, ma è pur capace di spaziare con la mente fino agli ultimi confini del mondo, di misurare le stelle più remote, di scoprire i principi che reggono la natura, di assoggettare le forze della materia, di giudicare con la stessa morale gli stessi dei, di creare il Partenone e la cattedrale di Chartres, la Cappella Sistina e la Quinta Sinfonia, l<nowiki>'</nowiki>''Odissea'' e la ''Divina Commedia'', l<nowiki>'</nowiki>''Amleto'' e il ''Faust''. (pagp. 100)
*L'esistenza dell'uomo è una delle più sicure prove dell'esistenza di Dio. (pagp. 101)
*''Umano progresso''<br>In principio erano i mezzomini, cioè mezze bestie che però, con l'andar del tempo, diventarono, almeno in parte, grandi uomini, cioè eroi.<br>Nei tempi moderni sono spariti via via i [[gentiluomo|gentiluomini]], i galantuomini, e finalmente son quasi scomparsi perfino gli uomini.<br>Ora son rimasti sulla scena i sottomini che stanno fantasticando intorno ai superuomini. (pagp. 101)
*Ogni uomo, anche celebre, anche famoso, anche glorificato in vita, è uno sconosciuto e rimane per sempre sconosciuto a tutti, a quelli che lo procrearono, a quelli che lo amarono, a quelli che lo odiarono, a quelli che lo ammiravano e perfino – ed è la più grave sentenza del destino – rimane quasi ignoto anche a se stesso. (pagp. 102)
*Nella chiesa orientale alcuni teologi moderni, tra i quali Berdiaef, hanno proclamato che la figura dell'uomo è coeva di quella di Dio, in quanto la Seconda Persona, cioè Cristo, ha sempre avuto in sé l'immagine umana, ed è anzi l'uomo perfetto ''ab aeterno''. Ma questo non vuol dire che il genere umano al quale apparteniamo non abbia avuto principio e non sia il frutto di un atto creativo.<br>Non voglio finire senza riferire la curiosa dichiarazione di un mio vecchio amico scultore, eccellente scultore ed eccellente amico. Tutte le volte che egli discorre con me o con altri, sulla vita e sulla morte, conclude sempre con queste apocalittiche parole: io non morirò mai per la semplice ragione che non sono mai nato. (pagg. 104-105)
*I [[medico|medici]] sono più pericolosi delle malattie, ma le medicine sono ancor più pericolose dei medici. (pagp. 107)
*L'uomo si vendica col [[risata|riso]] di coloro dei quali non può fare a meno nei giorni del tremore, del dolore e del terrore. (pagp. 109)
*La bellezza è un dono della pietà divina. (pagp. 110)
*Tùndalo, filosofo impossibilista, scandagliava un giorno il suo viso nella specchiera di una locanda e diceva fra sé: «Vedo due sopraccigli, due occhi, due narici, e due orecchi. Perché mai Dio ci ha dato una sola bocca? Eppure io penso che ci vorrebbe una bocca per divorare, per mordere, per vomitare e per urlare e un'altra bocca per sorridere, per baciare e per cantare». (pagp. 112)
*Il Renouvier – filosofo assai noto nel passato secolo – immaginò che Dio avesse creato un mondo perfetto e che gli uomini, stolti e perversi, l'abbiano ridotto come ora si vede.<br>Fantasia poco persuadente e molto irriverente ma che oggi – scendendo dall'ordine teologico a quello storico – appare meno fantastica che a prima vista non sia. (pagp. 113)
 
====''Ave Eva''====
*La vita umana si riduce tutta a errori e rinunzie. Finché siamo giovani gli errori son più numerosi delle rinunzie; nella vecchiaia aumentano le rinunzie ma non per questo diminuiscono gli errori. (pagp. 135)
*Ogni [[idea]], per quanto assurda sembri al primo suo apparire, è una favilla che, con l'andar del tempo, incendia il mondo. (pagp. 139)
*La vita non è illusione né finzione ma i [[sogni]] e le illusioni fanno parte della vita, son elementi essenziali della realtà; sono la più alta e degna e nobile espressione della vita.<br>Il sogno non è sogno ma è vita. (pagp. 146)
*[...] E si potrebbe con eguale approssimazione affermare che nulla nel mondo umano è permesso, perché non c'è azione o manifestazione degli uomini che non sia vietata da qualche legge divina o umana, scritta o tacita, giuridica o rituale, filosofica o politica.<br>Se uno di noi fosse scrupoloso, guardingo e remissivo fino al punto di osservare fedelmente tutte le norme e le regole dei codici, dei decaloghi, dei galatei e simili, costui non potrebbe mai muovere foglia perché anche negli atti considerati più innocenti correrebbe il rischio di infrangere un antico precetto sacerdotale o di contravvenire a un semplice regolamento municipale. (pagp. 158)
*Se i cristiani credessero effettivamente a Cristo farebbero il più delle volte il contrario di ciò che fanno e sarebbero l'opposto di quel che sono in quasi tutte le ore della vita cioè superbi, avidi, avari, vendicativi, violenti, carnali e bestiali.
*La [[felicità]] non accompagna mai né la potenza né il genio né la bellezza, benché questi tre doni siano i più desiderati dalle creature umane. Eppure la felicità è uno dei sogni più comuni degli uomini e molti credono conseguirla attraverso quei tre beni che invece la fanno impossibile. E siccome la felicità può essere difficilmente ottenuta dai deformi, dagli imbecilli e dai deboli risulta chiaramente che la ''chasse au bonheur'' che, secondo Stendhal, era la grande occupazione della vita, equivale alla [[caccia]] del liocorno o della fenice. (pagg. 164-165)
*Se consideriamo tutta la terra abitata si vedrà che le moltitudini di quelli che vivono a spese del male – cioè della sventura e del peccato – sono, contando anche quelli che fanno parte della loro cerchia, sterminate e immense. Ho calcolato per mio conto che un quarto almeno dell'umanità vive alle spalle della malattia e del delitto. (pagp. 166)
*Non è vero che la sventura genera sventura; molte volte essa non è che il pagamento anticipato di un dono che vale assai più della caparra. (pagp. 166)
*[[Ridere]] significa aver paura. L'uomo è «l'animale che ride» perché lui solo sa di dover morire.
*Tutto ciò che è davvero desiderabile è per gli uomini impossibile; tutto ciò che è possibile abbassa o delude, cioè non è desiderabile. (pagp. 182)
*La [[riconoscenza]] del beneficato arriva difficilmente fino al punto di perdonare al suo benefattore. (pagp. 187)
*L'[[adulazione|adulatore]] è colui che dice – senza pensarle – le cose medesime che l'adulato pensa di sé – senza avere il coraggio di dirle. (pagp. 187)
*Disgraziatamente coloro che dicono male di noi lo dicono quasi sempre assai bene mentre coloro che dicono bene di noi lo dicono quasi sempre piuttosto male. (pagp. 187)
*La [[malizia]] è una musa più efficacemente ispiratrice che non l'amicizia. (pagp. 187)
 
{{NDR|Giovanni Papini, ''La spia del mondo'', Vallecchi Editore Firenze, 1955.}}
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===Citazioni===
*La non resistenza al male repugna profondamente alla nostra natura. (pagp. 144)
*Nulla è più comune tra gli uomini che della bramosia delle ricchezze. (pagp. 145)
*Tutta la storia degli uomini non è che il terrore della secondità. (pagp. 145)
*L'[[avarizia]] degli uomini è tanto grande che ciascuno s'ingegna quanto può di prender molto dagli altri e di render poco. (pagp. 147)
*L'odio verso sé stessi e l'amore verso i nemici è il principio e la fine del [[Cristianesimo]]. (pagp. 148)
*[[Amare]] i [[nemici]] è l'unica via perché non resti sulla terra neanche un nemico. (pagp. 148)
*Il mondo antico non conosce l'Amore. Conosce la passione per la donna, l'amicizia per l'amico, la giustizia per il cittadino, l'ospitalità per il forestiero. (pagp. 161)
*Nel più nobile mondo eroico dell'antichità non c'è posto per l'[[amore]] che distrugge l'[[odio]] e piglia il posto dell'odio, per l'amore più forte della forza dell'odio, più ardente, più implacabile, più fedele; per l'amore che non è oblio del male ma amore del male – perché il male è una sventura per chi lo commette più che per noi – non c'è posto per l'amore dei nemici.<br>Di questo amore nessuno parlò prima di [[Gesù]]: nessuno di quelli che parlarono d'amore. Non si conobbe quest'amore fino al ''[[Discorso della Montagna|Discorso sulla montagna]]''. (pagp. 163)
*L'idea di Gesù è una sola, questa sola: trasformare gli Uomini da Bestie in Santi per mezzo dell'Amore. Circe, la maga, la consorte satanica delle belle mitologie, convertiva gli eroi in bestie per mezzo del piacere. Gesù è l'antisatana, l'anticirce, colui che salva dall'animalità con una forza più potente del piacere. (pagp. 165)
*La tristezza del discendere è il prezzo pattuito della gioia del salire. (pagp. 178)
*Il [[matrimonio]] è una promessa di felicità e un'accettazione di martirio. (pagp. 198)
 
{{NDR|Giovanni Papini, ''Storia di Cristo'', Vallecchi Editore Firenze, 1935.}}