8½: differenze tra le versioni

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*''Otto e mezzo'' è egualmente composto da una serie di affreschi: ma dedicati all'esistenza intima, non alla vita sociale. Lungi dal trarne vantaggio, la raffigurazione del protagonista soffre di sensibili squilibri; l'opera, apparentemente più fusa, tende in realtà alla dispersione, annoverando splendidi frammenti accanto a scene di scarsa necessità. Per ricomporla ad unità al regista non resta che ricorrere al colpo di scena: ripone via in fretta l'inquietante armamentario appena sciorinato e intona un allegro girotondo scacciapensieri. ([[Vittorio Spinazzola]])
*Poi vidi ''8½'', il culmine della sua carriera. Sembrava a quel tempo così strano per la fine aperta, così misterioso e ambiguo. Nei film americani si ha sempre la necessità di un inizio, una parte centrale e una fine. Fellini ha realizzato una sorta di decostruttivismo della realtà. ''8½'' è un puzzle che induce a porsi delle domande, pratica una sorta di impressionismo, il punto di vista del protagonista e della cinepresa si fondono. ([[Oliver Stone]])
*Se ''Otto e mezzo'' si differenzia dagli altri film "raddoppiati", non è soltanto perché in esso il raddoppiamento è più sistematico o più centrale, ma anche e soprattutto perché esso vi funziona diversamente. Infatti ''Otto e mezzo'', cosa che deve essere attentamente valutata, è un film ''due volte raddoppiato'', e se si dice che esso è costruito in abisso, è di una doppia costruzione in abisso che si dovrà parlare. Non abbiamo soltanto un film sul cinema, ma un film su un film che è a sua volta verte sul cinema; non soltanto un film su un cineasta, ma un film su un cineasta che riflette egli stresso sul proprio film. [...] Non basta dunque parlare di "film nel film": [...] ''Otto e mezzo'' è il film che in ''Otto e mezzo'' si va facendo; ''il "film nel film" è in questo caso il film stesso.'' [...] Questa costruzione a tre stadi dà il suo senso più vero all'elucidazione del film, che è stato diversamente interpretato. La versione definitiva stabilita da Fellini non comporta uno ma bensì tre scioglimenti successivi. [...] Se è giusto notare quanto c'è di paradossale e di clamoroso in ''Otto e mezzo'', meditazione potentemente creativa sull'impotenza di creare, bisogna osservare che questo stesso tratto rinvia, al di là di ogni possibile ammiccamento da parte di Fellini, a una situazione più fondamentale e meno paradossale di quanto non si dica. Da tutta la confusione di cui il film ci ha reso testimoni sta per nascere [...] un film mirabilmente costruito e il meno confuso possibile. ([[Christian Metz]])
*Un Ben Hur del cinema d'avanguardia. Il tentativo di un autoritratto in forma fantastica. Il diario di bordo di un autore. Il rapporto su un ingorgo esistenziale. Un film sulla confusione e sul disordine della vita. Uno dei massimi contributi a quel rinnovamento dei modi espressivi e alla rottura della drammaturgia tradizionale che ebbero luogo nel cinema a cavallo tra gli anni '50 e '60, rinnovamento che Fellini aveva già cominciato con "La Dolce Vita". Personaggi memorabili e sequenze d'antologia. Il suo vero contenuto è la fitta trama dei rapporti di Guido (Mastroianni, qui più che mai alter ego di Fellini) con la moglie e l'amante, con l'ambiente di lavoro e gli estranei, con i Guru della Chiesa e della Critica, col passato e l'avvenire, con sé stesso. "L'enfer c'est les autres", aveva detto Sartre. Fellini ribalta l'affermazione: la vita – e il cinema – sono gli altri, i vivi e i morti, gli esseri reali e le creature della fantasia. Bisogna accettarli tutti con amore, gratitudine, solidarietà. (''[[Il Morandini]]'')
*Un film come ''8½'', a differenza di ''[[La dolce vita]]'', che è un film positivamente datato, nel senso che si riferisce a un particolare momento e luogo come se fosse una capsula del tempo, è un film universale perché potrebbe essere in un posto qualsiasi e in un momento qualsiasi. ([[Oliver Stone]])