Una carezza per guarire: differenze tra le versioni

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'''''Una carezza per guarire: la nuova medicina tra scienza e coscienza''''', saggio di [[Umberto Veronesi]] e [[Mario Pappagallo]].
 
==[[Incipit]]==
La domanda non riguarda solo l'Italia ma tutto il mondo occidentale: come si può organizzare un [[servizio sanitario nazionale]] moderno che sia impostato a esclusivo favore del cittadino e privo di oneri (almeno per le classi più disagiate)? E che sia in grado di offrire sempre, a tutti, il massimo delle conoscenze mediche, delle tecnologie e delle terapie?
 
==Citazioni==
*Interessante [...] il fatto che Dio alla fine premia [[Libro di Giobbe|Giobbe]], che pure si era ribellato, e redarguisce invece i tre amici di Giobbe, che avevano cercato di convincerlo che la punizione divina cui era sottoposto era probabilmente dovuta a qualche suo cattivo comportamento. Ma Dio sapeva che questa non era la ragione e con la punizione dei tre amici voleva sottolineare che il potere di Dio è assolutamente imperscrutabile. (p. 81)
*Tra i vari movimenti di pensiero che in questi ultimi decenni hanno proposto al mondo civile nuove concezioni morali e sociali, uno dei più incisivi è certamente quello che sostiene un rapporto diverso tra uomo e [[natura]]. L'obiettivo finale consiste nel convertire la tradizionale cultura antropocentrica, che vede la natura asservita incondizionatamente ai bisogni della specie umana, in una cultura che potrebbe essere definita ecocentrica o naturocentrica o solidaristica. L'uomo è collocato nel contesto naturale come una delle tante componenti e la natura è la grande madre da cui uomini, piante e animali sono stati generati. Pertanto l'amore per l'ambiente non dovrebbe essere solo quello, sottilmente egoistico, che mira a valorizzarlo e a migliorarlo per rendere la vita più piacevole e più sana, ma è un dovere, un imperativo morale di rispetto quasi sacrale per madre natura che crea e nutre tutte le specie, quella umana compresa.<br />In questo contesto si pone la corrente filosofica che estende molti principiprincìpi etici consolidati per la specie umana (per esempio «non uccidere») anche al mondo animale. Si tratta di un'operazione molto ardita che ha già riscosso innumerevoli consensi e che ha condotto, tra l'altro, alla nuova definizione di «[[specismo]]» per descrivere quegli atteggiamenti di sopraffazione che caratterizzano il tradizionale comportamento dell'uomo nei confronti degli animali, un atteggiamento non dissimile da quello tipico del razzismo [...]. (pp. 187-188)
*È ormai chiaramente dimostrato che molti [[animale|animali]] delle specie più evolute non solo sono sensibili al dolore fisico, ma conoscono anche sensazioni di sofferenza, di gioia, di paura, di competizione, di gelosia e possono soggiacere a varie forme di stress, di nevrosi e persino a forme depressive. Gli animali non possono parlare (anche se molti primati hanno imparato alcuni elementi del linguaggio umano) e non è possibile quindi quantificare l'entità delle loro sensazioni. Tuttavia attraverso il linguaggio non verbale (lo stesso che si riscontra anche tra gli uomini) fatto di gesti, di movimenti e di sguardi possiamo decifrare e valutare le loro condizioni neuropsichiche. (p. 189)
*Qualcuno, a un convegno sulla [[sperimentazione animale]], chiese spiritosamente al pensatore australiano [[Peter Singer]], professore di filosofia e direttore del Centro di bioetica dell'Università di Melbourne: «Perché i maiali dovrebbero avere dei diritti e la lattuga no?»<br />Singer usò gli stessi argomenti con cui ha conferito autorevolezza al movimento animalista negli ultimi anni: «Perché gli animali soffrono, sia fisicamente se gli si fa del male, sia psicologicamente se gli vengono negati alcuni diritti "naturali": il loro habitat, la loro vita sociale, la loro prole». Problemi che la lattuga non ha... (pp. 189-190)
*Proviamo a sintetizzare perché per molti il principio dell'eguaglianza tra uomini e animali non è accettabile:<br />1. Perché il dolore che prova un animale, per esempio un ratto, non è uguale a quello provato da un uomo[...] Gli esseri umani hanno una complessa struttura neuropsichica che li porta a soffrire enormemente di più di quanto soffrirebbe un animale in circostanze simili.<br />2. Tra gli uomini esiste un dolore e una sofferenza indotta (dei genitori, dei figli, degli amici, di tutta una comunità etc[.)..] che non è esistente, o è minima, nella gran parte degli animali a causa della loro rudimentale struttura affettivo-sociale.<br />3. La coscienza e consapevolezza della propria esistenza, e del proprio futuro, porta gli uomini, in caso di sofferenza, a condizioni di angoscia che gli animali non possono provare, essendo incapaci di elaborare il concetto di futuro e di morte[...].<br />4. Gli animali sono aggressivi tra di loro e spesso quelli di una specie uccidono e mangiano quelli di altre: sono in altre parole i più deteriori esempi di specismo[...]. Perché rispettare regole che gli animali per primi non rispettano?<br />5. Esiste una legge naturale, darwiniana, secondo la quale il più forte e il più intelligente ha la meglio sul più debole, che asserve o semplicemente uccide e mangia[...]. L'uomo è il risultato anche di questa regola vecchia di milioni di anni e[...] farebbe bene, proprio per rispetto alle leggi naturali, a non cambiarla.<br />I nuovi filosofi rispondo a queste obiezioni in modo semplice e, nel complesso, convincente. Riguardo ai primi tre punti si fa notare che anche nella specie umana vi sono condizioni (spesso definite «casi marginali»)[...] il cui livello di elaborazione psichica della sofferenza e di capacità di percezioni esistenziali e di angoscia sono nulle o minime (neonati, ritardati, cerebrolesi, malati di Alzheimer[...]) ma nessuno riterrebbe tali condizioni sufficienti per uccidere questi esseri o per usarli per esperimenti.<br />Alla quarta obiezione si risponde che proprio questi comportamenti sono quelli che vengono definiti «bestiali» e che certamente non vanno presi come guida morale ([[Peter Singer|Singer]]). Inoltre, gli animali spesso non sono in grado di considerare possibili alternative e soprattutto non hanno princìpi etici sul modo di alimentarsi. Per quanto riguarda l'ultimo punto, è facile obiettare innanzitutto che è sbagliato pensare che il consumo di animali (come cibo, per esperimenti e per decine di altri usi)[...] sia parte del disegno evolutivo naturale. In secondo luogo, quand'anche lo fosse, sarebbe giusto correggere, come si è fatto in molte altre circostanze, una legge naturale ingiusta e iniqua. (pp. 190-191)
*[...] fino a che punto è necessario il ricorso agli animali per la ricerca e quando invece si può ricorrere a metodi alternativi? I fatti sono eloquenti: negli ultimi anni gli scienziati stessi hanno messo a punto metodi che non fanno uso di animali. [...] Nel complesso l'uso di animali nellaper la ricerca biologica è in netta diminuzione ovunque, sia per la pressione dei movimenti antivivisezionisti sia, soprattutto, per la presa di coscienza da parte degli uomini di scienza più illuminati di un problema nuovo che si inserisce nelle concezioni etiche più avanzate di cui si è già detto all'inizio di questo capitolo[...]. (pp. 195-196)
*Chi è sensibile ai problemi della sofferenza negli animali di laboratorio, come può restare insensibile davanti al trattamento crudele cui sono sottoposti gli animali di allevamento? Sono ormai considerati «macchine di trasformazione» di una merce a costo noto (i mangimi) in un'altra (la carne) il cui prezzo deve essere remunerativo al massimo, detratte le spese di allevamento che devono risultare contratte al minimo. Se nell'usare, sia pure con tante cautele e con la necessaria salvaguardia dal dolore fisico, i piccoli roditori per un esperimento biologico si può essere colti da crisi di coscienza, che cosa dire del modo con cui i più elementari princìpi di solidarietà con il mondo animale vengono calpestati come nel caso degli allevamenti? Anche la pratica della macellazione risveglia un senso di ripugnanza nel vedere come l'animale viene inizialmente solo stordito per poi essere sgozzato in modo che la morte avvenga per dissanguamento [...], affinché la sua carne prenda quel colorito bianco che piace tanto agli italiani. Quanti ragazzi allora, dopo aver firmato all'uscita dalla scuola le petizioni contro la vivisezione, arrivati a casa si avventano sul piatto di carne tenera che la mamma ha premurosamente preparato? [...] Le statistiche sono drammaticamente chiare: davanti all'esercito di antivivisezionisti vi sono solo pochi sparuti drappelli di [[vegetarianismo|vegetariani]]. (pp. 198-199)
*Il movimento animalista ha, comunque, molti meriti, tra cui quello di avere imposto precisi limiti alla sperimentazione animale. È passato ormai il principio di massima che «l'assenza di dolore, di angoscia e anche di semplice disagio animale è da considerare ― come ha scritto nel 1997 il Comitato nazionale per la bioetica ― un fattore essenziale per quanto attiene la buona condotta della ricerca sull'animale e pertanto è sempre da perseguire». E quando non è possibile? Bisognerà incrementare le tecniche alternative.<br> [...] Sempre di più le colture cellulari vanno sostituendo le cavie animali. E ormai anche le riviste scientifiche rifiutano le pubblicazioni di studi che comportino [[maltrattamento di animali]], soprattutto quando non appare necessario ai fini delle conoscenze. Quando si sconfina nella futilità, e quindi in un certo senso in una sorta di sadismo, la condanna è unanime. (pp. 199-200)
 
==Bibliografia==