Sergej Aleksandrovič Esenin: differenze tra le versioni

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===[[Curzia Ferrari]]===
*Anche il suo abbigliamento, le sue abitudini e il suo modo di comportarsi denotavano l'aspirazione a trasformare un'esistenza assurda e scapigliata in favola popolare, nel vascello contadino di [[Cristo]]. [...] Egli era posseduto da un delirio d'[[amore]] per le stagioni antiche dell'animismo messianico; nessuno aveva mai lodato come lui la vita della campagna. E quel vento malandrino ''che solleva la veste alle betulle'', la luna ''che abbandona le briglie come un cavaliere malinconico'' [...], quanta verità svelavano nella loro straordinaria invenzione immaginifica. [...] Era convinto che la fedeltà ai riti antichi avrebbe conservato alla Russia la sua tradizionale santità. [...] Estero era per lui l'urbanesimo, il funzionalismo, la città ferrigna, la morte dell'anima, era tutto ciò che [[Majakovskij]] e i cubofuturisti amavano e desideravano si avverasse in Russia.
*C'erano poeti, allora, che erano cavalli da tiro come [[Majakovskij]]. Esenin sembrava un angelo caduto sulla terra per caso, a parte il carattere che forse di angelo non era e fu notevolmente peggiorato dal contatto con la città. Aveva il passo leggero, sapeva danzare con grazia – alla russa – la sua timidezza nascondeva una grande voracità di gloria, era volubile, ingenuo, istintivo, malinconico, depresso, elegante, bello – anzi bellissimo. Slanciato, profilo gentile, gli occhi di un azzurro intenso, e i capelli d'oro a boccoli. Da piccolo, lo vestivano da bambina. [...] Dal 1880 al 1893 avevano visto la luce [[Aleksandr Aleksandrovič Blok|Aleksandr Blok]], [[Andrej Belyj]], [[Velimir Chlebnikov]], [[Nikolaj Gumilëv]], [[Vladislav Chodasevič]], [[Nikolaj Kljuev]], [[Igor Severjanin]], [[Anna Achmatova]], [[Boris Pasternak]], [[Osip Mandel'stam]], [[Marina Ivanovna Cvetaeva|Marina Cvetaeva]], [[Majakovskij]]... un firmamento poetico affollato di stelle dove non sarebbe stato facile brillare.<br/> [...] egli era però il solo che provenisse dalla campagna – gli altri erano figli di professori universitari, di ingegneri, di commercianti, di militari, vivevano nelle città e molti di essi avevano viaggiato per l'Europa. Era il solo che avesse assimilato le usanze, i costumi, le tribolazioni trascendentali del popolo russo, indissolubilmente legate a un sentimento di adorazione e rassegnazione religiose.
*[[Sergej Michajlovič Ėjzenštejn|Ejzenstein]] in un suo spettacolo, lo aveva rappresentato con un costume diviso in due parti: mezzo pastorello in camicia con brachesse e stivali, e mezzo damerino in abito da sera, tal quale egli si descrive nel poema ''L'uomo nero''. Da una parte le radici e il rimpianto, dall'altra il frequentatore di night-club e teatri, il mettiscandali internazionale. Può apparire un'interpretazione superficiale per un poeta che scrisse sempre ''in limine mortis''; ma è una bipolarità che, a grandi linee, ribadisce il tanto discusso dissesto dell'io eseniano. [...] Aveva le tasche gonfie di versi. [...] Il demone del canto lo aveva afferrato da giovanissimo, lo teneva in pugno e lo scrollava come un albero.
*Tinta d'oro come una pittura bizantina, la Russia di Esenin appartiene a uno schema del cuore che si prolunga oltre il fatto poetico, e per questo diventa mito.[...] Ricorda [[Viktor Borisovič Šklovskij|Viktor Šklovskij]] che quell'«arcangelo contadino» passato tragicamente attraverso la poesia russa, sembrava guardare sempre dietro un vetro oleato. [...] Ripeteva spesso un verso di [[Puskin]]: «Dio mi ha condannato a morire sulla strada...»