Fëdor Dostoevskij: differenze tra le versioni

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==''L'idiota''==
===[[Incipit]]===
====GianlorenzoAlfredo PaciniPolledro====
Verso le nove del mattino di d'una giornata di fine no­vembresgelo, insul tempofinir di disgelonovembre, il treno della linea ferroviariaferrovia Pietroburgo-Varsavia marciavasi avvicinava a tutto vapore versoa Pietroburgo. Il tempo era così umido e nebbioso, che ila giornostento faticavasi aera mo­strarsifatto giorno; giàdifficile aera unadistinguere decinaqualche dicosa passidai difinestrini distanzadella dallacarrozza stradaa ferrata,dieci siapassi di distanza, a destra checome a sinistra, eradella difficile scorgere qualcosa dai finestrini del vagonelinea. TraDei iviaggiatori, passeggeri ve n'erano ­alcuni che tornavano in patriatornavan dall'estero,; ma isoprattutto piúerano pieni di tutti eranoaffollati gli scompartimenti di terza classe, affollatie tutti di gente abbastanzaminuta miserae d'affari che viaggiava per le proprie faccende e non veniva da molto lontano. Tutti, com'ècome naturalesuccede, erano stanchi, infreddoliti, con gli occhi cerchiatiassonnati pere lail notteviso passata in biancogiallognolo, eintonato ial lorocolor volti appa­rivano giallastri in quella luce filtrata dalladella nebbia. <brBR> In unouna deidelle vagonivetture di terza classe, fin dall'alba, si eranoeran ritrovati seduti, l'unotrovati di fronte all'altro, accantopresso allo stesso finestrino, due passeggeri entrambiviaggiatori: giovani, entrambi, quasi senzasprovvisti di bagaglio, vesti­tie vestiti senza eleganza, contutti dellee fisionomiedue piutto­stoabbastanza notevoli edper entrambi,la infineloro fisionomia, desiderosie tutti e due presi finalmente dal desiderio di attaccarmettersi a discorrere discorsoinsieme. Se o­gnunociascuno deidi dueloro avesse saputo che cosa proprio, in quel momento li, rendeva reciprocamentel'altro interessanti,particolarmente certointeressante, si sarebbero entrambicerto meravigliati dello stranodel caso che così stranamente li aveva fatti incontrare, sedutisedere l'uno di frontefaccia all'altro, in ununa vagonecarrozza di terza classe del treno Varsavia-Pietroburgo.
 
{{NDR|Fëdor Dostoevskij, ''L'idiota'', traduzione di GianlorenzoAlfredo PaciniPolledro, FeltrinelliEinaudi, 19981941.}}
====Licia Brustolin====
Alla fine di novembre, durante il disgelo, il treno della linea ferroviaria Pietroburgo-Varsavia si andava avvicinando a tutta velocità, verso le nove del mattino, a Pietroburgo. L'umidità e la nebbia erano tali che s'era fatto giorno a fatica; dai finestrini del vagone era difficile distinguere alcunché a dieci passi a destra e a sinistra. Fra i passeggeri c'era anche chi tornava dall'estero, ma erano affollati soprattutto gli scompartimenti di terza classe, pieni di piccoli uomini d'affari che non venivano da troppo lontano. Tutti, com'è logico, erano stanchi, gli occhi appesantiti per la nottata trascorsa, tutti infreddoliti, i visi pallidi, giallastri, color della [[nebbia]].
 
{{NDR|Fëdor Dostoevskij, ''L'idiota'', traduzione di Licia Brustolin, Garzanti, 1990.}}
====Gianlorenzo Pacini====
Verso le nove del mattino di una giornata di fine no­vembre, in tempo di disgelo, il treno della linea ferroviaria Pietroburgo-Varsavia marciava a tutto vapore verso Pietroburgo. Il tempo era così umido e nebbioso che il giorno faticava a mo­strarsi; già a una decina di passi di distanza dalla strada ferrata, sia a destra che a sinistra, era difficile scorgere qualcosa dai finestrini del vagone. Tra i passeggeri ve n'erano ­alcuni che tornavano in patria dall'estero, ma i piú pieni di tutti erano gli scompartimenti di terza classe, affollati di gente abbastanza misera che viaggiava per le proprie faccende e non veniva da molto lontano. Tutti, com'è naturale, erano stanchi, infreddoliti, con gli occhi cerchiati per la notte passata in bianco, e i loro volti appa­rivano giallastri in quella luce filtrata dalla nebbia. <br> In uno dei vagoni di terza classe fin dall'alba si erano ritrovati seduti, l'uno di fronte all'altro, accanto al finestrino, due passeggeri entrambi giovani, entrambi quasi senza bagaglio, vesti­ti senza eleganza, con delle fisionomie piutto­sto notevoli ed entrambi, infine, desiderosi di attaccar discorso. Se o­gnuno dei due avesse saputo che cosa proprio in quel momento li rendeva reciprocamente interessanti, certo si sarebbero entrambi meravigliati dello strano caso che li aveva fatti incontrare, seduti l'uno di fronte all'altro, in un vagone del treno Varsavia-Pietroburgo.
 
{{NDR|Fëdor Dostoevskij, ''L'idiota'', traduzione di Gianlorenzo Pacini, Feltrinelli, 1998.}}
====Federigo Verdinois====
Sulla fine di novembre, verso le nove del mattino, il treno di Varsavia arrivava a tutto vapore a Pietroburgo e trovava un tempo umido e freddo. La nebbia era così fitta che il sole dell'alba faceva luce a stento: a destra e a sinistra, guardando fuori dai finestrini del vagone, era difficile distinguere qualcosa. Fra i passeggeri, alcuni stavano rimpatriando; ma erano soprattutto piene le carrozze di terza classe, e la povera gente che le occupava non veniva da molto lontano. Tutti, come sempre accade, erano stanchi, gli occhi pesanti, le membra intirizzite, le facce ingiallite dalla fatica e dalla nebbia.