Sicilia: differenze tra le versioni

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*Nei miei arrangiamenti e nelle armonie c'è molta Sicilia. Adoro anche il lavoro che fa Camilleri sulla lingua, riutilizzanndo vocaboli siciliani (talia al posto di guardare ad esempio). È il recupero di uno dei tanti colori d'Italia e noi di colori ne abbiamo tanti. Noi siciliani siamo gente piuttosto impegnativa: pensa alla caponata, un piatto unico che è una mescolanza di mille sapori. Non è significativo? ([[Carmen Consoli]])
*Nella Sicilia, ahimè! foreste, sorgenti, ruscelli, sono parole vuote di senso; e anche per questo rispetto ci sentiamo già in Oriente. Nudi si elevano i monti siciliani: pini isolati, talvolta in gruppi, nelle piccole vallate, dove sono protetti dal [[vento]], interrompono le loro linee duramente profilate. ([[Augusto Schneegans]])
*{{NDR|Nel primo centenario della nascita di [[Vincenzo Bellini]]}} ''Nell'isola divina che l'etnèo | Giove alla figlia di Demetra antica | donò ricca di messi e di cavalli, | di lunghe navi e di città potenti, | d'aste corusche e di cerate canne, | di magnanimi eroi e di pastori | melodiosi, | dal santo lido ove apparì l'Alfeo | terribile che tenne la sua brama | immune dentro all'infecondo sale, | da Ortigia ramoscel di Siracusa, | che fu sorella a Delo e abbeverava | nell'orrore notturno la sirena | ai fonti ascosi, [...] Dove il veglio Stesicoro per Ilio | ereditò la cecità di Omero, | dove Pindaro assunse ai cieli il carro | del re Ierone fondatore d'Etna | e Teocrito addusse tra i bifolchi | eloquenti le Càriti dal fresco | fiato silvano, | [...] Egli è morto, l’Orfeo dorico è morto! | Sicelie Muse, incominciate il carme | fùnebre! O rosignoli, annunziate | ad Aretusa ch’egli è morto [...] Inno di gloria, irràggiati dei raggi | più fulgidi recando all'ansiosa | moltitudine, accolta nel Teatro | riconsacrato dalla reverenza, | l'imagine del giovine Cantore. | auspice e i testimonii del fatale | suolo ove nacque.'' ([[Gabriele D'Annunzio]])
*Nessuna isola erge sull’orizzonte della nostra civiltà una fronte più radiosa della Sicilia. Essa punta verso tre continenti e ne sintetizza le caratteristiche. Tre volte, nel corso dei secoli, fu il più fulgido centro del mondo mediterraneo ([[Roger Peyrefitte]])
*{{NDR|Sulla festa dei morti in Sicilia}} Noi siamo stati un popolo che ha subito ben tredici dominazioni. Forse la dominazione che avrebbe potuto riscattarci, in un certo senso, dal carattere, sarebbe stata quella francese. Ma le altre, la greca, la romana, l'araba e la spagnola, sono state dominazioni che avevano un acutissimo senso della morte ed un altissimo senso della ritualità connessa ad essa. Quando ero bambino, ricevevo il regalo il 2 novembre, vale a dire il giorno dei morti, perchè la tradizione voleva che in quel giorno i morti, durante la notte precedente, fossero tornati nelle loro case e portassero i regali ai loro discendenti. Come si svolgeva questo rito? Prima di andare a dormire, mettevamo sotto il letto un canestrino, e aspettavamo che il morto o la morta di casa, a cui avevamo scritto una letterina, come si fa oggi con Babbo Natale, ci portasse i regali. I dolci erano il regalo che avevamo scelto. Nessuna paura di un morto, anzi la voglia di averlo in qualche modo presente. Quindi di mattina, appena svegliati, andavamo alla ricerca di questo cestino. La ricerca dei regali era una cosa fantastica. Finalmente trovavi il cestino e quindi si andava tutti assieme al cimitero per ringraziare il morto che ci aveva portato i regali. Quel cimitero il 2 novembre si animava come a festa, perchè noi bambini, nei vialetti, ci scambiavamo i doni, e il giorno dei morti era una festa meravigliosa. Poi nel 1943 arrivarono gli americani, lentamente i morti persero la strada di casa e vennero sostituiti dell'albero di Natale. Credo che però le tradizioni non si perdano del tutto. Non si trovano più i regali, i bambini non mettono più il cestino sotto il letto. Ciò non toglie che tutte le pasticcerie siciliane, per il 2 novembre, preparino quei dolci speciali che servivano una volta per il cestino dei bambini. Mi riferisco ai pupi di zucchero, ai frutti di martorana, oppure a quei dolci di miele, tra l'altro squisiti, detti ossa di morto. Questo è un modo di conservare comunque la memoria delle tradizioni. Credo non possa esserci un popolo senza memoria delle proprie tradizioni. Le tradizioni si modificano ma è fondamentale continuare a conservarle, in qualche modo, perchè in un'epoca come la nostra, che è un'epoca di mutamenti, l'unico modo per non avere paura di tutto ciò che sta avvenendo, è sapere chi sei, senza bisogno di dirlo, di proclamarlo. Ma se sai chi sei, con le tue tradizioni, non perderai mai la tua identità. ([[Andrea Camilleri]])