Sicilia: differenze tra le versioni

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*Eccola, dunque, finalmente, ci dicevamo, questa Sicilia, la mèta del nostro viaggio, l'argomento delle nostre discussioni da tanti mesi, eccola tutta intera sotto i nostri piedi. Girando su noi stessi possiamo percorrerla in un istante; ne tocchiamo con gli occhi tutti i punti; quasi nulla ce ne sfugge ed essa è ben lungi dall'occupare l'orizzonte. Noi venivamo dall'Italia: avevamo calpestato la cenere dei più grandi uomini che furono mai esistiti e respirato la polvere dei loro monumenti, eravamo pieni delle grandezze della storia. Ma qualcos'altro ancora parlava, qui, all'immaginazione: tutti gli oggetti che scorgevamo, tutte le idee che venivano ad offrirsi, numerosissime, alla nostra mente, ci riportavano ai tempi primitivi. Toccavamo le prime età del mondo, quelle età di semplicità e di innocenza in cui gli uomini non erano ancora rattristati dal ricordo del passato, né spaventati dall'incertezza dell'avvenire, in cui, contenti della felicità presente e fiduciosi nella sua durata, raccoglievano quel che la terra dava loro senza coltivarla, e, vicini agli déi per la purezza del cuore, ne incontravano ancora ad ogni passo la traccia e vivevano, in un certo senso, in mezzo a loro; è qui che la leggenda ci mostra i primi uomini. È questa la patria delle divinità della mitologia greca. Vicino a questi luoghi, Plutone rapì Proserpina alla madre; in questo bosco che abbiamo appena attraversato, Cerere sospese la sua rapida corsa e, stanca delle sue vane ricerche, si sedette su una roccia e, benché dea, pianse, dicono i Greci, perché era madre. Apollo ha custodito le mandrie in queste valli; questi boschetti che si estendono fin sulla riva del mare hanno risuonato del flauto di Pan; le ninfe si sono smarrite sotto le loro ombre e hanno respirato il loro profumo. Qui Galatea fuggiva Polifemo, e Akis, sul punto di soccombere sotto i colpi del suo rivale, incantava ancora queste rive e vi lasciava il suo nome... In lontananza si scorge il lago d'Ercole e le rocce dei Ciclopi. Terra degli déi e degli eroi! ([[Alexis de Tocqueville]])
*Era per me doveroso portare alla luce la storia del jazz che affonda proprio qui in Sicilia le sue radici primordiali; Nick la Rocca fu uno dei pochi ad ottenere un considerevole successo ma sono decine e decine i nomi dei musicisti tutti siciliani che ne scrissero la storia. ([[Renzo Arbore]])
*{{NDR|Su [[Empedocle di Agrigento]]}} Fra questi primeggia Empedocle di Agrigento, | che entro le sue rive triangolari produsse l'isola | intorno a cui fluttuando negli ampi anfratti il mare | Ionio spruzza dalle onde glauche le salse spume, | e per angusto stretto acque impetuose dividono | con le onde le rive della terra Eolia dal suo territorio. | Qui è la devastatrice Cariddi e qui i boati dell'Etna | minacciano di raccogliere di nuovo le ire delle fiamme, | sì che ancora la sua violenza vomiti fuochi prorompenti | dalle fauci e al cielo lanci di nuovo folgori di fiamma. | E se questa regione appare in molti modi grande, meravigliosa | alle genti umane, e si dice che sia degna di essere veduta, | opima di cose buone, munita di molta forza di uomini, | pure sembra che in sé non abbia avuto nulla di più glorioso | che quest'uomo, nulla di più santo e mirabile e caro. | E invero i canti del suo petto divino | svelano a gran voce ed espongono gloriose scoperte, | sì che a stento sembra nato da stirpe umana. ([[Tito Lucrezio Caro]])
*{{NDR|Su [[Archimede]]}} Fu ad Archimede conceduto l'onor del sepolcro, quale l'avea egli desiderato. Ma questo sepolcro medesimo era ito in dimenticanza più di 100 anni dopo, quando Cicerone andò questore in Sicilia. Narra egli stesso in qual maniera gli venisse fatto di scoprirlo a' Siracusani, i quali tanto ne avean perduta ogni memoria, che assicuravano il sepolcro di Archimede non essere certamente tra loro. ([[Girolamo Tiraboschi]])
*''Giace de la Sicania al golfo avanti | un'isoletta che a Plemmirio ondoso | è posta incontro, e dagli antichi è detta | per nome Ortigia. A quest'isola è fama | che per vie sotto al mare il greco Alfeo | vien da Dòride intatto, infin d'Arcadia | per bocca d'Aretusa a mescolarsi | con l'onde di Sicilia.'' ([[Publio Virgilio Marone]])