Franco Fochi: differenze tra le versioni

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*L'infuriare d'una rivoluzione — come tutto ciò che è critico; e nessuno, in un senso o in un altro, vorrà negare che lo stato della lingua italiana d'oggi sia tale — richiede ben altro che la sovrana flemma del teorico. Si voglia imbrigliarla o guidarla, non si avrà da lui più di questo: una volta arrivati a chiudere quel certo particolare problema nel complesso quadro dei suggerimenti attinti da trattati e codici, e trovato quindi, finalmente, come affrontarlo, gli sviluppi avranno cambiato faccia all'intera situazione, così da obbligare a un nuovo studio daccapo, su un nuovo problema particolare. Non rimarrà dunque, come risultato, che assistere passivamente. Ed è ciò che appunto fanno il Migliorini e chi ne segue i princìpi [...]. [...] Non la ''glottotecnica'', ma il ''videotecnico'' (si veda a suo luogo), ha potere sull'italiano dei nostri giorni; cioè il popolo, secondo un ordine o disordine molto più naturale; cioè tutti, nel senso proprio che quest'aggettivo non ha mai avuto quanto oggi: senza distinzione di soggetti, com'è ormai senza distinzione di generi la lingua stessa, l'oggetto. Tutti, dunque, con mano libera sulla lingua di tutti (che non è più né comune né tecnica né letteraria e via dicendo).<br>Volgo disperso, anche se in begli abiti, quei tutti mancano d'una vera guida; perché manca, come abbiamo visto, l'altro elemento naturale nella fucina della lingua nuova: il ''poietès'', l'artigiano studioso e colto... Se n'è andato, se ne va continuamente ("evadendo"); va e viene secondo il comodo o secondo, diremo meglio, il costume dei tempi. Eppure, c'è chi ancora, contro il sovvertimento d'ogni idea, guarda a lui, alla sua ideale e naturale torretta, aspettando di lì, e non da quella del ''linguista'', i lumi. Giacché una lingua non può far a meno di saldi e disciplinati e meditati esemplari scritti: modelli vivi, che ricompongano, nella città dei parlanti e scriventi, l'armonia fra popolo e maestri.<br>Maestro di lingua, in ogni tempo, è sempre stato prima di tutti lo scrittore. E gli stessi maestri con titolo, insegnanti d'ogni grado di scuola, l'hanno imparata da. lui, più che dalle università. Da lui sono stati educati; da lui, nella sciatteria e nella "facilità", diseducati. (''Filologi e scrittori'', p. 349)
 
==''E con il tuo spirito — Chiesa e lingua italiana a più di trent’anni dalla riforma liturgica''==
*Un efficace e serio messale italiano non s’avrà mai fuori dal solco d’una lingua viva, chiara, corretta e di facile pronuncia. Altro che “lingua sacra”, come sognano alcuni [...]. Van lasciati da parte [...] certi surrogati stranieri di quella che è stata la nostra “lingua sacra” per secoli: per i quali avremmo rinunciato al “latino sincero, sacrosanto” “della messa”, che Renzo, in fondo, sapeva in qualche modo afferrare. Abbiamo rinunciato a questo — e non è esagerato il verbo, che implica l’idea di sacrificio: cfr. Paolo VI, Insegnamenti, vol. VII, 1969, pp. 1121-1128 — per averla in casa la messa, col parlare di casa, di casa nostra: nostra, nostra, nostra il più possibile. E qui è il caso di dire: così sia. (ppp. 66-67)
 
==Note==
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*Franco Fochi, ''Maschere in ombra'', SEI, Torino, 1962.
*Franco Fochi, ''Lingua in rivoluzione'', Feltrinelli, Milano, 1966.
*Franco Fochi, ''E con il tuo spirito. Chiesa e lingua italiana a più di trent’anni dalla riforma liturgica'', Neri Pozza, Vicenza, 1997.
 
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