Indro Montanelli: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 143:
*Una delle eterne regole italiane: nel settore pubblico, tutto è difficile; la buona volontà è sgradita; la correttezza, sospetta. Per questo, le persone capaci continueranno a tenersi a distanza di sicurezza dalla «cosa pubblica», lasciando il posto ai furbastri (magari bravi) e alle mezze cartucce (magari oneste). Così, purtroppo, vanno le cose in questo bizzarro paese. (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/1996/gennaio/26/Impegno_politico_caduta_delle_illusioni_co_0_9601261298.shtml Impegno politico: la caduta delle illusioni]'', 26 gennaio 1996, p. 36)
 
*Se si mettono a raffronto i due rivali come faccia, come presenza, come eloquio, come cordialità, insomma come simpatia umana, non c'è dubbio che Albertini ne ispira molto meno di Fumagalli, anzi diciamo la verità tutta intera: non ne ispira punta. Ed io, cittadino ed elettore milanese, proprio di questo sentivo il bisogno: di un sindaco antipatico, di faccia arcigna e poco invogliante alla pacca sulla spalla, al confidenziale «tu» e al pappecciccia coi sottoposti, e poco, anzi punto disponibile a quelle benevolenze, condiscendenze e indulgenze che rappresentano le supposte di glicerina di tutte le corruzioni. [...] Con Albertini ho parlato una sola volta. Ma mi è bastata per capire che, per rendersi antipatico, non ha bisogno di fare sforzi. Basta che si mostri com'è e come spero che rimanga: una specie di Molotov di Palazzo Marino, chiuso nei suoi caparbi ''niet'', diffidente, scostante e culdipietra. Che abbia una compagna fermamente decisa a non partecipare alla vita pubblica del compagno, anche questo ci va bene. Quella di Molotov, quando pretese esercitarvi qualche interferenza, Stalin la fece rinchiudere in un lager senza nemmeno informarne il marito che, seguitando a fare il suo ministro degli Esteri, non ebbe mai il coraggio di chiedergli dove l'aveva mandata e perché. Ma questa è un'altra storia che non ha nulla a che fare con Albertini, cui volevamo soltanto ricordare che il voto l'abbiamo dato a lui, non al Polo. E che gliel'abbiamo dato come segno e pegno di antipatia, nella speranza che a noi e a tutti la ricambi e che ne dia subito una prova levandosi di torno, anche a costo di qualche spintone, certi figuri che, al momento della proclamazione, si sono affrettati a gettargli sulle spalle il loro mantello di protettori e a sventolargli sulla testa le loro bandiere. Si ricordi, signor Sindaco, che noi abbiamo votato per lei, non per questi papponi. (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/1997/maggio/13/tradito_Ulivo_co_0_9705136733.shtml Sì, ho tradito l'Ulivo]''. 13 maggio 1997, p. 1)
 
*Qualche dichiarazione meno infuocata contro la Giustizia di regime, come il [[Silvio Berlusconi|Cavaliere]] si ostina a definirla, avrebbe meglio aiutato la politica italiana a rimuovere il macigno che la paralizza, e che è lui, Berlusconi. (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/14/RESTO_SIA_SILENZIO_co_0_9807143775.shtml E il resto sia silenzio]'', 14 luglio 1998, p. 1)
Riga 151:
*Tutto si è risolto in un colpo solo, non si sa con precisione quando e come combinato, che ha tagliato la strada alla bagarre prima che cominciasse. E che, per quanto mi riguarda, mi ha liberato dall'incubo che turbava i miei inquieti sonni, e in cui mi vedevo in fuga da un mostro senza volto, ma che m'incalzava con la logorrea del presidente uscente, aggravata dall'accento irpino di Mancino e dalle corde vocali della signora Jervolino. [...] Siamo sicuri che il popolo, chiamato a pronunciarsi fra un [[Carlo Azeglio Ciampi|Ciampi]] e – faccio per dire – un [[Antonio Di Pietro|Di Pietro]], si sarebbe pronunciato per Ciampi? È una domanda che non aspetta risposta, ma che mi permetto di proporre ai lettori. Gran bella parola «il Popolo». E riconosciamogli pure l'attributo, che gli spetta, di «Sovrano». Ma insomma, meditate gente, meditate. (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/1999/maggio/14/QUASI_NON_CREDO_co_0_9905146643.shtml Quasi non ci credo]'', 14 maggio 1999, p. 1)
 
*Ci dicano chiaro e tondo perché hanno smembrato il Ros, e hanno ridimensionato l'attività di Sco e Gico. Non ci raccontino che hanno voluto mettere al riparo il capitano Ultimo e i suoi uomini dalle possibili vendette della malavita. E soprattutto non vengano a ripeterci che il ''modus operandi'' dei servizi segreti, per impedirne le «deviazioni», dev'essere «trasparente». Questa, che un segreto possa essere trasparente, è un'idea da primato della cretineria. E, se non della cretineria, lo è della retorica virtuista o della menzogna truffaldina. (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/1999/novembre/02/PROCURATORE_BATTA_PUGNO_co_0_9911021451.shtml Procuratore batta il pugno]'', 2 novembre 1999, pag. 1)
 
*Anche noi siamo convinti che il Paese ha il diritto di conoscere la verità (che non riguarda soltanto quella di Piazza Fontana). Ma non ci riusciamo. Anche perché se la pista rimane, come sembra accertato, quella del terrorismo nero, non sappiamo quali nomi l'accusa potrà tirar fuori dal suo cappello. I tre maggiori indiziati sono già stati assolti con sentenza passata in giudicato che non consente di richiamarli sul banco degli imputati. Gli altri di cui si fa il nome non sarebbero che comparse, la più importante delle quali, Delfo Zorzi, risiede a Tokio con passaporto giapponese che lo mette al riparo da ogni pericolo di estradizione. Vale la pena ricominciare? L'''ouverture'' dei dibattimenti non è stata incoraggiante. Il proscenio era occupato da Capanna, Valpreda, Dario Fo e altri reduci sessantottini, cui si era aggiunto anche Sergio Cusani, l'intangentato convertitosi (lo diciamo senza nessuna ironia) al missionarismo. [...] Invano i portaparola della parte lesa, cioè dei familiari delle vittime, si sono dichiarati estranei e contrari a ogni tentativo di politicizzare il processo. Una parola. Non ci riescono nemmeno [[Jovanotti]] e [[Teo Teocoli|Teocoli]] con le loro filastrocche dal palcoscenico di Sanremo. Figuriamoci se potranno riuscirci i registi di questo processo ''rouge et noir'', se mai ve ne furono. [...] Ecco a cosa servono i processi come questo: non a cercare la verità, ma a fornire argomenti al ''rouge'' o al ''noir''. (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/2000/febbraio/26/QUELLA_VERITA_CHE_CERCHIAMO_co_0_0002264627.shtml Quella verità che cerchiamo]'', 26 febbraio 2000, pag. 1)
 
*Cosa c'entri la giustizia italiana in fatti e misfatti capitati trent'anni fa in un Paese {{NDR|l'[[Argentina]]}} di cui la metà della popolazione è di origine italiana, non riusciamo a capire. Ma ci pareva impossibile che l'iniziativa del giudice spagnolo Garzon per trascinare l'ex dittatore cileno [[Pinochet]] sul banco degli accusati di un tribunale madrileno non trovasse imitatori in un Paese di scimmie come il nostro. Grazie ad essa, il nome e il volto di Garzon sono noti in tutto il mondo. Ed è probabile che tra poco lo siano anche quelli del pubblico ministero Caporale. Vi pare poco in un'era dell'effimero come quella in cui stiamo vivendo, e che vede l'infittirsi di processi ai defunti, su cui le nuove leve della storiografia vorrebbero riscrivere il passato? (da ''[http://archiviostorico.corriere.it/2000/aprile/03/QUEI_PROCESSI_CARO_ESTINTO_co_0_0004033275.shtml Quei processi al caro estinto]'', 3 aprile 2000, pag. 1)
Riga 260:
*Questo mondo materialista, edonista ed esibizionista non entusiasma neanche me; e, visto che mi legge, dovrebbe saperlo. Ma vorrei conoscere il sistema che voi avete in mente, e non avete il coraggio, o la capacità, di proporre. Un mondo francescano? Bello: ma guardatevi intorno, e ditemi se vedete un saio. Un comunismo riveduto e corretto? Farebbe la fine dell'altro, anche se non riuscirà a ripeterne i disastri. Mi creda, G.: l'unico sistema sociale ed economico oggi accettabile, in Occidente, è quello basato sul mercato: un capitalismo controllato e temperato, per intenderci. È auspicabile che sia anche corretto: e questo non sempre accade, è vero. Il guaio è che il capitalismo è fatto dai capitalisti – e quelli, devo ammettere, sono spesso difficili da digerire. Non cerchi di confondermi le idee, quindi. Non ci riuscirà. Probabilmente ho tre volte i suoi anni, e ho visto dove conducono queste generiche tirate contro «le multinazionali»: prima o poi, qualcuno deporrà la spranga e prenderà la pistola. Dimenticavo: io firmo le mie opinioni, lei tira il sasso e nasconde la mano. Tutti coraggiosi così, voi ragazzi di Seattle? (9 giugno 2001)
 
*Non erano, le mie, parole di circostanza. Erano – e rimangono – quelle di un conservatore abbastanza spassionato e nutrito di Storia da capire che non c'è, per la conservazione di ciò che va conservato, nemico più mortale dei conservatori che vogliono conservare tutto; e che un sistema capitalistico senza un correttivo socialista diventa una jungla che conduce pari pari a [[Karl Marx|Carlo Marx]]. Di qui il mio amore per uno dei personaggi meno amabili, sul piano umano, della nostra Storia, [[Giovanni Giolitti|Giolitti]], che sempre cercò l'accordo con [[Filippo Turati|Turati]], a cui il cretinume massimalista – che nel vostro partito ha sempre dominato – lo impedì. Il vedervi – sbriciolati in gruppi, gruppetti e gruppuscoli – annaspare nell'attuale centro-sinistra in cui nessuno riesce a recitare la parte di se stesso, fa male al cuore di un vecchio autentico liberal-conservatore come me. Cosa aspettate, caro Tamburrano, a ridarci il socialismo, ma che sia quello e quello solo: ''il'' socialismo di Turati e di Massarenti? [...] Credo che come forza politica siate abbastanza mal messi. Ma in compenso avete in mano una grande bandiera che prima o poi un esercito la ritroverà. Arrivederci, al primo settembre, cari lettori. (4 luglio 2001)
 
=== ''il Giornale'' ===