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*{{NDR|Alcuni marinai egiziani}} quando lo videro {{NDR|Pitagora}}, appena sbarcati, scendere dall'alto del [[monte Carmelo]] (essi sapevano che questo era il più santo fra tutti i monti e il più inaccessibile alla maggior parte degli uomini) egli procedeva lentamente e senza voltarsi, e senza che alcun dirupo o roccia difficilmente sormontabile gli ostacolasse il passo, e, avvicinatosi alla nave, chiese semplicemente: "Si va in Egitto?" e [...] una volta che avevano risposto di sì, egli salì a bordo [...]. (15, p. 89)
*[...] incontrò dei pescatori che stavano ancora tirando dal fondo del mare la rete piena di pesci, e disse loro quanto sarebbe stato il loro pescato, determinando <esattamente> il numero dei pesci. E poiché i pescatori si dichiaravano disposti ad agire secondo il suo invito, nel caso che si fosse verificato quel che diceva, allora Pitagora li invitò a rilasciare i pesci ancora vivi, dopo averne controllato con precisione il numero. E, cosa più sorprendente, per tutto il tempo della conta dei pesci, nessuno di questi morì di asfissia, pur essendo rimasti fuori dell'acqua, almeno finché Pitagora rimase lì. (36, p. 103)
*[...] incitava a prendere in seria considerazione gli anziani [...].<br />Egli diceva queste cose per indurre <nowiki>«/nowiki><i suoi uditori></nowiki> a stimare i propri [[genitore|genitori]] più che se stessi; egli diceva loro che dovevano avere verso i propri genitori la stessa gratitudine che dovrebbe avere chi sta per morire ad uno che potrebbe riportarlo in vita. E poi diceva che è giusto, più di tutti, amare e mai recare dolore a coloro che per primi e al più alto livello ci hanno fatto del bene: solo i genitori <infatti> ci sono benefici prima che nasciamo, e di tutto ciò che di buono riescono a fare i discendenti sono causa i progenitori: non commettiamo alcun peccato verso gli dèi se dimostriamo che i progenitori sono, più di ogni altro, i nostri benefattori. (37-38, p. 105)
*Pitagora mostrava loro, inoltre, che nelle loro relazioni reciproche essi avrebbero dovuto comportarsi in modo tale [...] da divenire il più rapidamente possibile amici dei loro nemici, e avrebbero dovuto curare, nell'armonia con i più anziani, la benevolenza che si deve ai padri, e nell'amore verso gli altri uomini, la comunione che ci lega ai fratelli.<br />Poi parlava della [[temperanza]], dicendo che la giovane età mette alla prova la natura umana, nel senso che, in quell'età, gli appetiti raggiungono il loro apice. Poi invitava a considerare che la temperanza è l'unica virtù che conviene che sia praticata a un tempo e dal ragazzo e dalla fanciulla e dalla donna e dalla classe dei più anziani, e soprattutto dai più giovani. E ancora diceva che tale virtù è l'unica che appare comprendere sia i beni del corpo che quelli dell'anima, poiché mantiene la salute e il desiderio delle migliori occupazioni. (40-41, p. 107)
*A proposito di come dovessero trattare i loro [[marito|mariti]], Pitagora le invitava {{NDR|le mogli dei crotoniani}} a pensare che anche i loro padri avevano permesso loro, considerando la loro natura di donne, di amare quelli che avevano sposato più di quelli che le avevano generate. Perciò era giusto che esse non si contrapponessero ai loro mariti, anzi pensassero di avere vinto solo quando avessero perso con loro. (54, p. 117)
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*Dall'[[amicizia]] non si deve mai eliminare la fiducia né per scherzo né seriamente, perché non è facile mantenere ancora salda un'eventuale amicizia, una volta che sia subentrata la menzogna nei comportamenti di coloro che pretendono di essere amici. Non si deve misconoscere un'amicizia per un infortunio o altra difficoltà che può capitare nella vita, al contrario può essere giustificato motivo di rinunzia a un amico e a un'amicizia unicamente la malvagità grande e incorreggibile. (102, p. 157)
*Gli uomini, infatti, consapevoli che ogni luogo ha bisogno di [[giustizia]], hanno creato il mito secondo cui il posto che Temi occupa presso Zeus, e Dike presso Plutone è lo stesso che la legge occupa nelle città, affinché colui che compie ingiustizie in ciò di cui è responsabile appaia nello stesso tempo come uno che compie ingiustizia in relazione all'intero universo. (46, p. 111)
*Pitagora [...] tolse una volta per tutte ai filosofi che avevano raggiunto i massimi livelli della speculazione i cibi più sofisticati e ingiustificati, raccomandando loro di non mangiare mai esseri viventi né bere vino né sacrificare animali agli dèi né recar danno ad alcuno di essi, e di mantenere anche la più accurata giustizia nei loro confronti.<br />Anche Pitagora viveva in questo modo, [[vegetarianismo|astenendosi dall'alimentarsi con carne di animali]] e prosternandosi davanti agli altari incruenti, e desiderando che anche gli altri cercassero di non eliminare ciò che è di natura simile a noi [''sc.'' gli animali], [...] educando gli animali selvatici con le parole e con le opere, ma senza far loro del male con punizioni. Anche tra i [[politicapolitico|politici]], inoltre, impose a coloro che dettavano le leggi di astenersi dal mangiare carne di animali, poiché era necessario che quelli che intendevano fare giustizia al più alto livello mai fossero ingiusti con gli animali che sono nostri simili. (107-108, pp. 161-163)
*C'è appunto affinità di natura tra noi e gli [[animale|animali]], giacché questi, dal momento che hanno in comune con noi la vita e gli stessi elementi e la mescolanza che di questi si compone, sono legati a noi uomini come fossero nostri fratelli. (108, p. 163)
*E anche il precetto "astieniti dalle [[fava|fave]]" aveva molte ragioni di ordine religioso e fisico e psicologico. (109, p. 163)